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Equo compenso, provvedimento Agcom crea un precedente. Anche gli OTT pagheranno le notizie

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Provvedimento storico dell’Agcom, che impone a Microsoft, che pubblica news sul suo motore di ricerca Bing, di pagare un equo compenso al gruppo Gedi per la pubblicazione dei suoi contenuti.

Gli OTT inizieranno a pagare gli editori, la direttiva Copyright prende vita in Italia. Provvedimento storico dell’Agcom, che impone a Microsoft, che pubblica news sul suo motore di ricerca Bing, di pagare un equo compenso al gruppo Gedi. E’ la prima volta che un grande OTT è costretto a pagare un editore per la pubblicazione delle notizie. Si rompe quindi un tabù e la decisione dell’Agcom, che ha quantificato la somma da versare anche per i brevi estratti delle news, sarà un precedente importante che potrà valere anche per tutti gli altri OTT che fanno esattamente la stessa cosa, vale a dire pubblicano le news prodotte da altri.

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Il Cdr del Gruppo Gedi, editore di Repubblica, esultano e in una nota dicono che la cosa più importante di questa storica decisione dell’Agcom è il principio per cui “le notizie si pagano”.  

A questo punto, è altamente probabile che lo stesso tipo di accordo sarà siglato con altri editori di notizie da diverse piattaforme social, da sempre accusate di comportarsi in modo parassitario e vampiresco nei confronti del lavoro giornalistico.

Per contro, è vero anche che senza la diffusione garantita dai social le notizie ristagnerebbero molto di più.  

Il calcolo dell’Agcom

– Circa 300mila dollari per il 2022 e circa 400mila per il 2023, per un totale di 700mila dollari. E’ questo, secondo quanto risulta a Radiocor, l’equo compenso che, secondo l’Agcom, Micorsoft deve dare a Gedi per l’uso online delle pubblicazioni di carattere giornalistico del gruppo editoriale su motore di ricerca Bing.

Si tratta del primo provvedimento di questo tipo adottato dall’Autorità, in applicazione del regolamento di cui si è dotata a gennaio 2023. E’ “il primo provvedimento che coinvolge un prestatore di servizi della società dell’informazione (Microsoft) diverso dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa”, si legge nella nota.

L’equo compenso dovuto agli editori è stato deciso dall’Agcom applicando vari criteri fra cui i ricavi pubblicitari registrati dal prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore.

Il regolamento Agcom sull’equo compenso recepisce la direttiva Copyright europea. Si stabilisce che agli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico debba essere riconosciuto un equo compenso per lo sfruttamento dei loro contenuti. Peraltro, ad aprile il Consiglio di Stato, con una decisione che ha rappresentato una vittoria per Agcom e Fieg nella disputa legale con Meta- Facebook, ha ribaltato la decisione del Tar che aveva sospeso il regolamento Agcom sull’equo compenso.

La nota dell’Agcom

Nella riunione del 24 luglio 2024, il Consiglio dell’Autorità ha deliberato, con il voto contrario della Commissaria Elisa Giomi, l’ammontare dell’equo compenso dovuto da Microsoft per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico di GEDI Gruppo Editoriale SpA sul motore di ricerca Bing. Si tratta del primo provvedimento adottato da Agcom che coinvolge un prestatore di servizi della società dell’informazione diverso dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa.

L’Autorità, secondo la procedura disciplinata dal Regolamento di cui alla delibera n. 3/23/CONS, ha valutato le proposte economiche formulate dalle parti e ha ritenuto che nessuna di queste fosse conforme ai criteri di cui all’articolo 4 del Regolamento medesimo. Ha, pertanto, determinato l’equo compenso spettante a GEDI secondo quanto previsto dall’articolo 12 del Regolamento. 

Con questa decisione l’Autorità si è espressa altresì sulla definizione di “estratto molto breve”, interpretando il criterio qualitativo dettato dal legislatore alla luce del mutamento che ha caratterizzato l’offerta e la domanda di informazione nel nuovo contesto sociale.

In applicazione dell’articolo 4 del Regolamento, in caso di utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori diversi dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa, l’equo compenso dovuto agli editori è calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore. A tale base di calcolo si applica un’aliquota fino al 70% determinata sulla base dei criteri di cui al comma 3 dell’articolo 4 del Regolamento.   

Nel determinare la base di calcolo, l’Autorità ha tenuto conto dei meccanismi di funzionamento dei servizi del prestatore e del relativo modello di business, considerando nel dettaglio i meccanismi di funzionamento del motore di ricerca Bing. 

A tale base di calcolo l’Autorità ha applicato un’aliquota determinata sulla base dei criteri di cui al comma 3 dell’articolo 4 del Regolamento, considerati cumulativamente e con rilevanza decrescente:

a) numero di consultazioni online delle pubblicazioni (da calcolare con le pertinenti metriche di riferimento);

b) rilevanza dell’editore sul mercato (audience on line);

c) numero di giornalisti, inquadrati ai sensi di contratti collettivi nazionali di categoria;

d) costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online; 

e) costi comprovati sostenuti dal prestatore per investimenti tecnologici e infrastrutturali dedicati esclusivamente alla riproduzione e comunicazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;

f) adesione e conformità, dell’editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione (ivi inclusi i codici deontologici dei giornalisti) e a standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking;

g) anni di attività dell’editore in relazione alla storicità della testata.

Per ciascuno dei menzionati criteri sono state applicate delle percentuali calcolate in base a quanto previsto dalla Nota metodologica che fornisce indicazioni di dettaglio sui diversi elementi che compongono il modello di calcolo cui si attiene Agcom per la valutazione della conformità delle proposte economiche delle parti o per la definizione dell’ammontare dell’equo compenso.”

Due problemi restano aperti

Il primo problema è il precedente che si crea con l’equiparazione tra ‘estratto molto breve’ e pubblicazione giornalistica integrale. La direttiva europea sul Copyright esenta estratti brevi dal pagamento dell’equo compenso mentre Agcom lo applica in considerazione delle mutate abitudini di consumo che avrebbero ormai sostituito la lettura dell’articolo originario con la sua sintesi.

Il secondo aspetto problematico è che il cosiddetto ‘equo compenso’ dovuto dal motore di ricerca all’editore non è calcolato in base all’effettivo utilizzo dei brevi estratti, che Agcom non ha individuato né quantificato, ma attraverso una stima dei ricavi pubblicitari del motore di ricerca, quindi è stato stabilito non in rapporto al reale valore della prestazione dell’editore, come sarebbe stato giusto, ma in via amministrativa e dirigista in base alle entrate pubblicitarie del motore di ricerca.

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