Finisce davanti alla Corte di Giustizia Ue la causa (C-110/15) intentata da Nokia Italia contro il Ministero dei Beni Culturali, in materia di equo compenso per copia privata e diritto d’autore.
Questa mattina si svolta l’udienza. Sotto la lente apparecchi e supporti con funzione di registrazione destinati a uso esclusivamente professionale, criteri di esenzione affidati alla contrattazione privata, diritto al rimborso previsto solo per l’utente finale, compatibilità con il diritto dell’Unione.
In primo luogo, informa una nota, la Corte dovrà valutare se, nel caso di apparecchi e supporti acquistati per scopi manifestamente estranei a quelli di copia privata, la disciplina interna che affida la determinazione dei criteri di esenzione dal prelievo alla contrattazione privatistica (in assenza di previsioni generali) sia in contrasto con la direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.
Inoltre, la Corte è chiamata a valutare la compatibilità della normativa interna con la disciplina dell’Unione, laddove la prima non prevede che il diritto al rimborso (corrisposto per supporti e dispositivi acquistati per uso esclusivamente professionale) possa essere richiesto dal produttore, anziché solo dall’utente finale.
La causa è arrivata davanti ai giudici Ue dopo i vari passaggi di rito. Tutto è cominciato nel 2012 dopo varie sentenze emesse dal Tar Lazio che ha respinto i ricorsi proposti da Nokia Italia, Hewlett Packard Italia, Dell e da altre società, contro MiBACT, Siae, Anica, Apt e altri soggetti, per l’annullamento del decreto ministeriale del 30 dicembre 2009 (Decreto Bondi) e del connesso Allegato Tecnico, contenenti la determinazione dell’equo compenso per copia privata quale indennizzo forfettario in favore di un’opera intellettuale per il pregiudizio derivante dalla riproduzione a fini privati dell’opera stessa da parte di terzi. Infatti, poiché agli autori è riconosciuto un equo compenso per la riproduzione “su qualsiasi supporto” di opere e materiali protetti, è giocoforza che il diritto all’equo compenso per copia privata debba essere riconosciuto in relazione a qualsiasi apparecchio e supporto che consenta ai privati la registrazione di fonogrammi e di videogrammi.
Il Consiglio di Stato, davanti al quale è stata proposta impugnazione contro le menzionate sentenze, ha rigettato le censure mosse da produttori, importatori, distributori e utilizzatori di apparecchi con funzioni di registrazione in relazione agli apparecchi anche solo parzialmente destinati alla copia privata, sollevando tuttavia alcune questioni pregiudiziali allorché i dispositivi siano destinati ad uso non privato ma esclusivamente professionale.
Adesso toccherà alla Corte di Giustizia Ue far chiarezza e stabilire se le norme italiane risultano in contraddizione con quando disposto dall’Unione europea.