Il Governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ha annunciato nei giorni scorsi la volontà di realizzare un nuovo grande parco eolico marino per 2,4 GW di energia. Entro il 2030, grazie agli impianti offshore in acque federali, New York alimenterà in maniera pulita 1,25 milioni di abitazioni.
Gli Stati Uniti non sono all’avanguardia nel settore dell’eolico, basti pensare che Block Island Wind Farm, 5 turbine in mare per 30 MW di potenza, è la prima piattaforma eolica offshore del Paese ed è stata terminato a dicembre 2016 nell’area di Rhode Island.
Di fronte alla penisola di Montauk, a Est di New York, dovrebbe sorgere un nuovo impianto che secondo Cuomo potrebbe generare fino a 1000 MW di energia eolica.
Nonostante il ritardo, i nuovi piani dello Stato di New York puntano decisamente sulle fonti energetiche rinnovabili ed entro il 2030 queste dovranno soddisfare il 50% del fabbisogno di energia elettrica.
In Europa, soprattutto Olanda, Germania e Regno Unito, il settore è molto più sviluppato, nei primi sei mesi del 2016 gli investimenti in eolico offshore hanno superato i 14 miliardi di euro con lo scopo di finanziare la realizzazione di sette impianti per una potenza complessiva di 3.700 MW.
In tutta Europa sono attivi 82 parchi eolici marini in 11 Paesi, per 11.500 MW (che equivale al 90% di tutto l’eolico offshore mondiale secondo Wind Europe).
E l’Italia? Proprio la scorsa estate il Gestore servizi energetici (Gse) per le aste sulle rinnovabili ha assegnato 30 MW all’eolico in mare (800 MW di potenza per l’eolico a terra), con l’ammissione del primo impianto nazionale di questo tipo nelle acque di Taranto.
Il progetto, presentato come il più grande nel Mediterraneo, arenatosi dopo il ricorso dell’amministrazione locale, poi respinto dal Consiglio di Stato, si compone di 10 torri alte 110 metri per un costo complessivo di 63 milioni di euro.
Secondo Ernst & Young, le pale eoliche potrebbero coprire il 25% del fabbisogno di energia elettrica in Europa entro il 2030, con un risparmio di 18 miliardi di euro l’anno altrimenti spesi per importare petrolio e gas. Grazie all’idea di una grande rete di distribuzione europea unica, i risparmi sono attesi superare i 40 miliardi di euro l’anno.
Oltre all’ambiziosa quanto necessaria Unione energetica, infatti, l’Europa sta puntando anche ad interconnettere via cavo i Paesi tra loro vicini (invece di costruire nuove centrali) per la circolazione di energia elettrica generata da fonti rinnovabili. Un esempio è il grande progetto Viking Link tra Norvegia, Regno Unito e Danimarca