Herbert Marshall McLuhan è stato un sociologo, filosofo, critico letterario e professore canadese. La fama di Marshall McLuhan è legata alla sua interpretazione innovativa degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso sia sui comportamenti dei singoli. La sua riflessione ruota intorno all’ipotesi secondo cui il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell’informazione di volta in volta veicolata. Di qui la sua celebre tesi secondo cui “il medium è il messaggio”.
Quello che il Marshall McLuhan vuole significare con il termine medium è qualunque estensione umana – che sia un libro, un’automobile, una lampadina, la TV, o i vestiti. La sua teoria è che i media che un uomo usa per estendere i suoi sensi e le sue facoltà determineranno quello che è, piuttosto che il contrario. Per fare un esempio: un’auto è certamente un’estensione delle nostre gambe. Inoltre, quando guidiamo, in un certo senso, abbiamo le gambe amputate. L’uomo è amputato nello stesso modo in cui avesse dapprima perso le gambe e poi cercato un modo per muoversi.
La realtà virtuale, per sua stessa definizione, simula e si sovrappone alla realtà effettiva è la massima espressione dell’idea di McLuhan che aveva del concetto di Medium. L’avanzamento delle tecnologie informatiche permette di navigare in ambientazioni fotorealistiche in tempo reale, interagendo con gli oggetti presenti in esse.
Realta’ virtuale: nuovo medium e fenomeno culturale
«Un game designer non crea tecnologia. Un game designer crea un’esperienza.» (Katie Salen e Eric Zimmerman – Rules of Play.)
Divenuto ormai un fenomeno culturale di massa, il videogioco è un medium unico: infatti, come suggerisce James Paul Gee, i videogiochi sono ben diversi dagli altri tipi di media (film, letteratura, teatro..), pur riprendendone i vari linguaggi. Essi hanno diverse caratteristiche che li rendono unici e operano in modo diverso dagli altri, ad esempio il linguaggio del gameplay è unico tra i media narrativi tradizionali e inoltre è stato autorevolmente affermato che è l’interattività ciò che ha distinto i videogiochi dalle altre forme d’intrattenimento mediale di massa. Proprio tale caratteristica permette al videogioco di esercitare un potenziale di immersività e attrazione che altri media non hanno.
Il videogioco è un medium relativamente recente (soprattutto se comparato con la storia degli altri media), e solamente negli ultimi decenni ha conosciuto un rapido sviluppo, che gli ha permesso di crescere e di superare in maniera prepotente, più degli altri media, le critiche mosse contro di esso a torto o a ragione. Tutto ciò è stato possibile grazie al fatto che il videogioco, più di ogni altro (anche più di un film), è legato fortemente al progresso tecnologico. Quest’ultima caratteristica dona al videogioco un potenziale enorme e infatti come ha affermato il sociologo Alberto Abruzzese “i videogiochi sono la nostra più avanzata frontiera e il nostro più affascinante futuro”. L’influenza di questo medium – anche come nuovo fenomeno culturale di massa – viene da molti associata a quella del cinema degli albori o della televisione al momento della sua massima espansione e trasformazione in mezzo di comunicazione di massa vero e proprio. Anzi, il videogioco rischia ora, o quanto meno rischierebbe, di surclassare lo stesso cinematografico, se è vero come è vero che già è stato infranto un ipotetico quanto significativo break even point: statistiche alla mano, le vendite di videogiochi hanno superato, almeno negli Stati Uniti, quelle di biglietti delle sale cinematografiche.
Il videogioco presenta diverse unicità se comparato con i media tradizionali come cinema e romanzo. Per questo motivo non può essere considerato come semplice “film o romanzo interattivo” visto che un tale approccio di decostruzione risulta improduttivo. Infatti un gioco non racconta una storia ma sono i giocatori a “raccontarla” e a crearla attraverso le loro performance. Ad esempio in un dipinto, una canzone, un film, un libro o un episodio TV, il pubblico non può modificare l’esito di un episodio e quindi non può intervenire attivamente sull’opera artistica. In un buon gioco invece il giocatore modifica l’esito con ogni sua azione, poiché in un videogioco l’utente è spettatore e attore allo stesso tempo. D’altronde Jesper Juul nella sua opera “A Clash between Game and Narrative” afferma che non può esistere interattività e narrazione nello stesso tempo perché è impossibile influenzare qualcosa che è già successo. Nel corso della Game Developers Conference 2010, Warren Spector ha ribadito che i videogiochi non sono dei film (“Se vuoi realizzare il tuo gioco come un film, dovresti fare film”) e che questi dovrebbero offrire al giocatore sempre una grande libertà di espressione creativa; poiché l’intervento del giocatore è una delle unicità del videogioco e i giocatori sono i veri protagonisti che dovrebbero vivere la loro personale storia.
Un appassionato della celebre saga fantascientifica STAR WARS può giocando alla serie STAR WARS BATTLEFRONT (sviluppat0 da Electronic Arts) togliersi la soddisfazione di entrare in quasi ogni situazione presente nei film di Lucas potendo però prendere le parti sia dell’ “Alleanza dei Ribelli” ma anche quella dell’”Impero” sovvertendo completamente con il suo successo l’esito della trama. STAR WARS BATTLEFRONT – ROUGE ONE tra l’altro è uno dei primi giochi disponibili anche con il Playstation VR il casco di realtà virtuale sviluppato da Sony strumento che, a differenza dei suoi “concorrenti” (Oculus Rift e HTC Live), può beneficiare delle potenza ed del motore grafico di Sony Playstation.
Anche Ivan Fulco, giornalista e traduttore, ha sottolineato questa peculiarità del medium affermando che i videogiochi sono luoghi dove vivere altre vite, ovvero parti della nostra vita per quanto virtuale. Inoltre se una storia è lineare, un videogioco è l’opposto visto che è un sistema dinamico, uno spazio di possibilità. Nella fattispecie una partita in un gioco è un continuo divenire, tutto è in costante mutamento, basti pensare alle migliaia di video che affollano YouTube che mostrano sequenze di gameplay sempre diverse. Tutto ciò è dovuto dal fatto che le possibilità offerte da un videogioco e l’interazione dell’utente con quest’ultimo garantiscono partite uniche, originali e mai uguali per ogni giocatore.
In definitiva un videogioco può essere paragonato a un triangolo di possibilità, con la situazione iniziale a un vertice e le conclusioni possibili lungo il lato opposto, con una miriade (idealmente un’infinità) di percorsi tra lo stato iniziale e il risultato finale. Attraverso l’intervento del giocatore queste possibilità si concretizzano in una sequenza di eventi e azioni ben precisa che può essere trasformata in una storia, ovvero l’esperienza di gioco può dar vita a una storia da raccontare. Tra l’altro Apple ha depositato il brevetto di una tecnologia in grado di estrapolare dati da un videogioco per creare un fumetto. L’idea di base è un’applicazione in grado di connettersi al videogioco, da cui prendere immagini, dialoghi e azioni per poi organizzarli in una struttura logica per realizzare un fumetto o anche un e-book personalizzato. Tale idea non fa altro che evidenziare la dinamicità propria dei videogiochi in cui gli eventi del gameplay dipendono dalle scelte, dalle azioni del giocatore, dall’intelligenza artificiale e dalle possibilità che vengono offerte.
Community e intelligenza collettiva
La massiccia diffusione di Internet negli anni novanta ha favorito una diffusione altrettanto massiccia dei videogiochi. Sul web è possibile infatti giocare allo stesso videogioco anche in gruppi composti da più persone situate in diverse postazioni sparse per il globo. Questa possibilità di dare vita ad una intelligenza connettiva (data appunto dalla interconnessione di più persone fra loro comunicanti), sembra destinata ad essere presa in considerazione anche dal mondo della scuola.
Si starebbe cercando, in altre parole, di dare al videogioco una funzione pedagogica, ovviamente senza destrutturarlo troppo e pur tuttavia sostituendone la componente competitiva con una meramente collaborativa. Un esempio di questo tentativo è rappresentato da Stopdisasters, un videogioco on line lanciato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite con l’intento di sensibilizzare i più piccoli sugli accorgimenti per costruire città e villaggi più sicuri dal rischio di calamità e disastri ambientali.
Diffusione delle console: 14 milioni di console in italia
La fascia anagrafica più cospicua di coloro che praticano il videogioco è tra i 16 e i 29 anni, sebbene in alcuni paesi, come il Regno Unito, l’età media sia più alta, arrivando comunque ad un massimo di 49 anni; in Italia l’età media è di 28 anni. Oggi nel mondo i videogiochi sono praticati da almeno 130-145 milioni di persone di tutte le età. In Italia nel 2015 il numero dei possessori di una console era di 14 milioni.
Una prospettiva per le aziende?
La tecnologia del virtuale svolge un ruolo fondamentale nell’influenzare le aziende che devono riprogettare le loro strategie. La Realtà Virtuale potrebbe diventare il prossimo passo in un percorso pieno di opportunità già dominato dalla cosiddetta ‘wearable technology’, che sta cambiando il modo in cui i clienti vivono i prodotti. Tornando al discorso sui giochi, la Realtà Virtuale può essere definito un game-changer per la customer experience. Potrebbe cambiare, infatti, le regole del gioco. A livello tecnico si tratta di uno schermo da indossare sul viso (HMD in inglese) che utilizza head tracking, positional tracking, alta risoluzione e connessione wireless ad alta velocità per accrescere l’esperienza di un mondo parallelo virtuale in una prospettiva 3D.
Il mondo aperto dalla Realtà Virtuale e dai suoi predecossori è ancora ricco di percorsi inesplorati, che investono anche il rapporto tra aziende e clienti. Perché non creare un’app customer-facing per passare da un sito di e-commerce statico tradizionale a un vero e proprio concept store virtuale, in grado di offrire una straordinaria customer experience nel momento in cui il cliente sta osservando il tuo prodotto o servizio ? Sei un marchio del retail, dell’automotive o della moda e lusso? Perché non offrire uno showroom digitale che i tuoi clienti possano visitare, dove possano esplorare, ricercare e addirittura toccare i tuoi prodotti? L’unico limite è dato da immaginazione e creatività.
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