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EntARTainment. Poker d’assi a Cannes

Garrone Moretti Sorrentino

Chiunque si sia seduto al tavolo verde, almeno una volta nella vita, sa perfettamente quanto sia difficile ritrovarsi con quattro assi in mano. Ad alcuni pokeristi, occasionali e non, addirittura non è mai toccato in sorte di avere una mano così rara e preziosa, sulla quale poter scommettere qualsiasi cifra certi delle ottime possibilità di vittoria. Quattro assi, di seme diverso, che combinati possono decretare la fortuna di un uomo. Ma se la partita la si disputa sulla assolata Croisette e i giocatori sono le nazioni che dispongono i loro migliori talenti cinematografici, allora c’è da aspettarsi che questo benedetto poker si faccia desiderare davvero per molto. Infatti, è dal novantaquattro che ben quattro pellicole tricolori non vengono proiettate tutte assieme, in concorso.

 La rubrica EntARTainment, ovvero libere riflessioni sull’economia dei media e della creatività tra nuovi linguaggi, mercati globali e moderne fruizioni. A cura di Bruno Zambardino Docente di Economia del Cinema e dello Spettacolo alla Sapienza e Direttore Osservatorio Media I-Com, in collaborazione con Armando Maria Trotta, autore cinematografico. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

La “partita” del 2015 vede protagonisti Matteo Garrone (già regista di “Gomorra” e “Reality”), il premio Oscar Paolo Sorrentino (autore de “Le conseguenze dell’amore” e “La grande bellezza”), Nanni Moretti (genio eccentrico, padre, tra gli altri de “Caro Diario” e “Habemus Papam”) e Roberto Minervini (realizzatore de “Low tide” e “Stop the Pounding Heart”). Progetti che hanno ricevuto il contributo determinante dello Stato e in particolare della Direzione Generale del Cinema del Mibact che ha attribuito ai 4 titoli la qualifica di interesse culturale ed assegnato loro un contributo finanziario (unica eccezione il film di Moretti).

Rispettivamente, assisteremo a: una serie di storie mitico-fantastiche tratte da “Lu cuntu de li cunti” di Giambattista Basile, sceneggiatore ante-litteram classe 1566; le vicende di un ex-direttore d’orchestra e compositore, giunto alla fine dei suoi giorni, intento a guardare al proprio passato ed alle occasioni che ha sprecato, che non ha saputo cogliere; alla vita di una regista un po’ in crisi, divisa tra lavoro quotidiano e cure alla anziana madre; al reportage delle immagini e delle storie che l’autore ha catturato in Louisiana, terra devastata e capitale degli ultimi.

Un aspetto di grande rilevanza che indica un cambio di marcia nelle strategie produttive e distributive del cinema italiano è rappresentato dal fatto che i film in questione sono tutti girati in inglese e costruiti sotto il profilo finanziario per circolare nei mercati internazionali (ancora una volta, fatta eccezione per il film di Moretti, cosa che sicuramente non impedirà all’opera di essere apprezzata e valorizzata anche fuori dai confini nazionali).

Questi, in breve, sono “Il Racconto dei racconti”, “La giovinezza”, “Mia madre” e “Louisiana”.

Ma, come si diceva, l’ultima volta che abbiamo assistito ad un poker del genere al Festival di Cannes è stato nell’anno della ormai celeberrima “discesa in campo”, della morte di Kurt Cobain e Ayrton Senna, dell’ultimo concerto di Frank Sinatra; stiamo parlando del 1994!

I registi italiani che concorsero al 47° edizione del Festival furono Mario Brenta con “Barnabo delle montagne”, Aurelio Grimaldi con le sue “Le buttane”, Giuseppe Tornatore con “Una pura formalità” e, anche in questo caso, Nanni Moretti con “Caro Diario” (Vincitore della Palma d’oro alla miglior regia).

Anche all’epoca, l’”offerta narrativa” era tra le più eterogenee che si possano concepire, a dimostrazione del fatto che un solo Stivale possa contenere così tanta bellezza ed altrettanta complessità: Barnabo, giovane guardiano della polveriera che campeggia tetra e pericolosa al centro del bosco, diserta e abbandona i propri compagni durante l’assalto dei briganti al deposito. In cerca di riscatto, torna sulle montagne e quando ha l’occasione di redimersi, uccidendo i Briganti che si sono ripresentati e che tiene sotto tiro, sceglie di non intervenire, optando per una salvezza “solitaria”; “Le buttane” racconta della vita di alcune prostitute, dei loro rapporti con i clienti, del sesso inflitto ed estorto tra un uomo anziano ed un giovane a caccia di quattrini; un mosaico estremamente realistico, un affresco di una realtà sotterranea che apparterrà sempre ai nostri tempi; la “Pura formalità” di Tornatore trattiene Onoff (Gérard Depardieu) in un posto di polizia. Il Commissario (Roman Polanski) lo avverte che, viste le circostanze particolari nelle quali è giunto al comando e al fatto che, quella notte, nei paraggi è stata uccisa una persona, dovrà restare lì per accertamenti. In un susseguirsi di vicende surreali si arriverà alla verità ultima, sconvolgente (sconvolgente quasi quanto il fatto che sia l’unica pellicola del genio di Bagheria a non aver ottenuto nessun tipo di riconoscimento cinematografico); ed infine, il Diario di Nanni, quello in cui racconta le sue passeggiate con l’ormai celeberrima vespa rossa, quello nel quale parla di sé stesso, di alcuni quartieri romani, nel quale favoleggia di un pasticcere trotskysta nell’Italia perbenista degli anni cinquanta, nel quale ci mostra il dolore reale della sua malattia. Il Diario di Nanni, che fu premiato con la meritatissima Palma d’Oro alla miglior regia.

Tante storie differenti, un unico sguardo, quello di un paese che ha raccolto il retaggio di “papà Rossellini” e che ha saputo evolversi e che ora scommette in modo convinto e con un inedito orgoglio nazionale sui mercati internazionali.

A conferma di questo ritrovato orgoglio nazionale giunge una bella dichiarazione congiunta di Paolo Sorrentino, Nanni Moretti e Matteo Garrone con allegata foto che li ritrae insieme: “Siamo felici e orgogliosi di rappresentare l’Italia in concorso al prossimo Festival di Cannes. Siamo consapevoli che è una grande occasione per noi e per tutto il cinema italiano. I nostri film, ognuno a suo modo, cercano di avere uno sguardo personale sulla realtà e sul cinema; ci auguriamo che la nostra presenza a Cannes possa essere uno stimolo per tanti altri registi italiani che cercano strade meno ovvie e convenzionali”.

Chi può sostenere in tutta sincerità che non stiamo assistendo ad un vero e proprio rinascimento del cinema italiano? Chi può dire, anche a fronte del poker di cui abbiamo appena trattato, che questi “giovani” cineasti non sappiano raccontare il mondo in maniera sempre nuova? Inoltre, ad attenderci c’è una nuova frontiera, quella delle serie televisive e uno di loro si sta già dedicando a questa modalità tutta televisiva di storytelling. E, sempre a proposito di Rossellini, che questi registi riescano dove il vate di Truffaut non è riuscito a spuntarla, ovvero ad impadronirsi del mezzo televisivo per democratizzare i propri prodotti artistici, per entrare nelle case degli italiani senza arroganza né pretese? A quando una serie firmata da Moretti o Garrone?

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