“La TV vive di Cinema ed il Cinema muore di TV” disse una volta un celebre regista italiano, forse un po’ esasperato dalla mutata tipologia di fruizione che i prodotti da grande schermo iniziavano a subire quando, attraverso i tubi catodici dello Stivale, i volti dei grandi interpreti e le scenografie degli incommensurabili maestri smettevano di essere protagonisti della scena e si limitavano ad illuminare i ruminanti faccioni degli italiani a cena.
La rubrica EntARTainment, ovvero libere riflessioni sull’economia dei media e della creatività tra nuovi linguaggi, mercati globali e moderne fruizioni. A cura di Bruno Zambardino Docente di Economia del Cinema e dello Spettacolo alla Sapienza e Direttore Osservatorio Media I-Com, in collaborazione con Armando Maria Trotta, autore cinematografico. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.Eppure, oggi sembra che la figlia ingrata e querula di “mamma Cinema” stia iniziando a restituire quanto ha ricevuto nel corso degli anni dalla nobile (seppur, ormai, caduta in bassa fortuna) genitrice.
Ecco un personale punto di vista di quanto emerso dal convegno tenutosi lo scorso 5 Maggio al Cinema Barberini, dal titolo “Tutti i numeri del Cinema italiano, anno 2014”, un appuntamento a cadenza annuale nel quale la Direzione Generale per il Cinema del MiBACT e l’ANICA uniscono i loro sforzi per fornire un quadro esaustivo della situazione cinematografica italiana. Key4Biz ha già dedicato all’evento un accurato articolo illustrando le tendenze principali che emergono dai dati.
Il peso delle emittenti televisive è sempre più ingente per quanto concerne la produzione di film destinati ad un prioritario sfruttamento in sala. Per il 2014, si può affermare che (da un punto di vista meramente ragionieristico) un film su due è stato prodotto dalla TV o, se si preferisce, il 50% di tutti i budget di produzione di nuovi progetti cinematografici è uscito dalle tasche larghe del piccolo schermo. Sebbene tali investimenti spesso non vengano valorizzati nel modo adeguato quando si tratta di programmare i film sostenuti sulle reti televisive in particolare quelle generaliste.
Il sogno/desiderio di Rossellini, ovvero quello di consolidare il sodalizio delle due sorelle dei mass-media, in fondo, non era così balzano. Ma se il padre di “Paisà” credeva che gli “sceneggiati televisivi” (come si chiamavano allora) avrebbero dovuto avere qualcosa di più autoriale, di più cinematografico, nel nostro secolo questo vettore si è invertito e ci troveremo ad adattare le nostre storie per il cinema alla serialità tipica della pay tv, parola di Riccardo Tozzi (presidente ANICA).
La perentoria affermazione della nuova serialità televisiva è, infatti, la vera linea di demarcazione tra la vecchia concezione dello storytelling e la nuova che i lavoratori del “settore dell’intrattenimento” hanno valicato, la nostra “Bibbia di Gutenberg”, il nostro “piccolo passo per l’uomo”, il punto di non ritorno per la strutturazione della nuova economia dello spettacolo e dei nuovi paradigmi artistici ai quali tutti devono guardare per non autoescludersi dall’industria (noi ne avevamo già parlato).
E allora, ben venga il contributo economico ed esperienziale della televisione, i suoi ascolti, la sua capacità di fidelizzare lo spettatore, la possibilità propria dei prodotti da piccolo schermo di essere venduti ed esportati in tutto il mondo con estrema facilità e massimo profitto.
Cosa ci vuole?
Un cast internazionale, una storia avvincente ed archetipale, una presa diretta in inglese che non provincializzi il nostro prodotto (e che non sminuirebbe di certo lo spirito di italianità della produzione, basti guardare al nostro “Poker d’assi” a Cannes per renderci conto come due dei nostri migliori registi abbiano già adottato questa scelta).
Insomma, a fronte di un settore che nel 2014 ha aggiunto ulteriori trentaquattro titoli alla produzione annua complessiva denotando una certa bulimia dell’offerta che però nasconde una accentuata fragilità produttiva e una preoccupante concentrazione distributiva, dobbiamo notare che le coproduzioni sono in decrescita e che, salvo i nostri migliori fuori classe, il mercato dell’audiovisivo italiano è ancora impreparato ad affrontare la sfida posta dai mercati internazionali. Tuttavia, c’è nell’aria un fermento tutto nuovo ed i registi di nuova generazione cresciuti a pane e Joss Whedon, con le canzoni inglesi nei loro i-Pod e vocabolari sempre più a stelle e strisce, sicuramente accoglieranno il retaggio dei nostri autorevoli apripista, e torneranno a fare del Cinema l’arma più potente, in grado di attraversare gli oceani e scalare le vette più alte, nel tempo di un solo “click”.