Ormai le aziende hi-tech che fanno scelte ‘ecologiche’ sono molte, ma ci sono alcune industrie energetiche che operano in regime di monopolio in alcuni luoghi chiave dell’IT, come Taiwan, la Virginia e la North Carolina negli Stati Uniti, e che al passaggio alle fonti energetiche rinnovabili non ci pensano proprio. E’ emerso dal report ‘Clicking Clean: A Guide to Building the Green Internet’, pubblicato da Greenpeace.
Stando ai dati del 2011, se le infrastrutture digitali fossero uno Stato sarebbero il sesto più grande consumatore di energia al mondo. E il settore è in continua crescita: a fare da traino ci sono i servizi di video streaming, come Youtube o Netflix. Oltre il 60% del traffico Internet è usato per la visione di video.
Secondo Greenpeace il percorso è ancora in salita per Amazon Web Services (AWS): l’anno scorso il gigante del cloud aveva fatto qualche passo avanti, impegnandosi ad alimentare le sue operazioni con energia 100% rinnovabile, ma non c’è ancora chiarezza sui suoi consumi energetici.
L’attuale mix energetico di Amazon – stando a quanto trovato dall’ong ambientalista – è composto solo per il 23% da fonti rinnovabili e gli ultimi investimenti messi in campo hanno fatto aumentare la sua domanda di fonti fossili fortemente inquinanti. Amazon dovrebbe invece investire direttamente in fonti come il solare e l’eolico e chiarire come intende raggiungere l’obiettivo 100% rinnovabili.
Apple resta per ora la più determinata nell’impegnarsi ad alimentare i propri data center con energia rinnovabile. Grazie agli investimenti degli anni passati e a quelli programmati la mela di Steve Jobs sembra essere in grado di raggiungere l’obiettivo di alimentare il proprio cloud per un altro anno con energia 100% rinnovabile. Seguono Yahoo, Facebook e Google, rispettivamente con il 73, il 49 e il 46% di rinnovabili.