La transizione dell’Unione europea verso l’energia pulita va inserita in un’agenda comune che segni il percorso, attraverso un impegno vincolante per ridurre le emissioni nocive, promuovere comportamenti virtuosi e incentivare l’efficienza energetica.
Il pacchetto di misure “Energia pulita per tutti gli europei” presentato ieri va in questa direzione, con un occhio ai livelli di competitività in un mercato energetico mondiale in rapida trasformazione e uno alla salute e all’ambiente. Tra li obiettivi stabiliti ieri a Bruxelles c’è la riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 40% entro il 2030, l’innovazione tecnologica per l’efficienza e la creazione di nuovi di posti di lavoro legati alla green economy.
Come ha spiegato Maroš Šefčovič, Vicepresidente per l’Unione dell’energia, in sede di illustrazione del documento: “Le proposte di oggi riguardano tutti i settori legati all’energia pulita: ricerca e innovazione, competenze, edilizia, industria, trasporti, digitale, finanza, per citarne solo alcuni. Le misure approvate oggi metteranno a disposizione dei cittadini e delle imprese europei gli strumenti per beneficiare appieno della transizione all’energia pulita“.
Misure che permettono di dare una forte spinta al mercato delle nuove tecnologie, che creano le giuste condizioni per gli investimenti e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi sul clima, ha invece ricordato Arias Cañete, Commissario responsabile per l’Azione per il clima e l’energia: “Sono particolarmente orgoglioso dell’obiettivo vincolante del 30% di efficienza energetica, in quanto consentirà di ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di energia, di creare posti di lavoro e di ridurre ulteriormente le emissioni. L’Europa è alla vigilia di una rivoluzione dell’energia pulita. E, proprio come è avvenuto a Parigi, possiamo raggiungere il nostro obiettivo solo se lavoreremo insieme. Con queste proposte, la Commissione ha spianato la strada ad un’economia moderna e più competitiva, ad un sistema energetico più pulito”.
Nel concreto, la Commissione stanzierà fino a 177 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati per ogni anno a partire dal 2021, con l’obiettivo di generare un aumento dell’1% del PIL nell’arco del prossimo decennio e creare 900.000 nuovi posti di lavoro.
Nel 2015 le energie pulite hanno attratto più di 300 miliardi di euro di investimenti mondiali.
In tutta l’Ue, seguendo le indicazioni della Commissione, i consumatori disporranno in futuro di una migliore scelta di fonti di approvvigionamento, potranno accedere a strumenti affidabili per il confronto dei prezzi dell’energia e avranno la possibilità di produrre e vendere energia autonomamente.
È inoltre stabilita la creazione di centri regionali che rendano possibile il coordinamento energetico (a partire dall’interconnessione delle reti) interfrontaliero. Qualche critica è riservata al capitolo fonti rinnovabili, che se ancora hanno un ruolo centrale nella strategia Ue, rimangono ai margini dell’azione europea. Stupisce infatti la decisione di non aumentare gli investimenti e di non alzare verso l’alto l’asticella del contributo delle rinnovabili al mix energetico dell’Unione, fissato al 27% per il 2030 (molti si aspettavano il 30%).
Si ritiene cioè che la generazione di energia elettrica da rinnovabili sia “abbondante” e sufficiente per il momento (effetto Trump?), senza il bisogno di rafforzarne la quota, portando sole, acqua e vento a competere direttamente con petrolio, gas e carbone (dimenticando di chiarire che per i combustibili fossili gli incentivi sono molto più grandi, circa 170 miliardi di euro l’anno solo tra Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Italia, secondo il Rapporto 2015 dell’FMI).
Proprio il carbone sembra il grande sconfitto. In effetti ponendo il tetto di 550 grammi di CO2 per kilowattora negli impianti di generazione elettrica molte delle compagnie potrebbero preferire l’abbandono di questa risorsa, non più competitiva sul mercato.
Nuovi limiti anche per i biocarburanti, argomento spinoso che solleva molte resistenze e proteste, con la riduzione della quota di materiale organico proveniente dagli scarti alimentari nel settore dei trasporti, al 3,8% entro il 2030, ma in prospettiva anche l’indicazione di un aumento futuro dell’utilizzo di biocarburanti ottenuti da scarti vegetali provenienti dall’agricoltura.