Strategie

Energia pulita, il predominio cinese nelle supply chain globali e la rincorsa degli USA

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Per competere con Pechino gli americani dovranno crescere rapidamente ed imporre la propria leadership lungo le principali catene di approvvigionamento globali, ma servono grandi investimenti e per molti anni dovranno comunque dipendere dalle forniture asiatiche, a scapito dell’indipendenza energetica agognata dal Presidente Joe Biden.

Pechino domina le supply chain globali dell’energia pulita

La competizione tra Cina e Stati Uniti è ormai generale, riguarda diversi settori strategici e chiave per le industrie dei due Pesi con effetti planetari che possiamo misurare in variazioni delle tariffe e continue minacce di nuovi dazi tra Pechino e Washington.

Questo vale anche nel settore dell’energia pulita e delle catene di approvvigionamento, dove la Cina ha una posizione di preminente e gli Stati Uniti sono costretti al ruolo di follower e di Paese dipendente.

Un punto quest’ultimo su cui il Presidente Joe Biden ha voluto puntare i riflettori della sua amministrazione: “La Cina ha passato anni a controllare il mercato delle materie prime e delle componenti su cui si basano le tecnologie clean energy, le stesse su cui facciamo affidamento anche noi oggi. Motivo per cui dobbiamo continuare a costruire e potenziare la supply chain del made in America, ma non possiamo raggiungere questo obiettivo se noi stessi dipendiamo dalla Cina”.

Materie prime, sempre più costose

Il che significa, ad esempio, che quando parliamo di fotovoltaico, parliamo anche di argento, vetro, alluminio, silicio (con tanta sabbia) e materie plastiche. Se invece prendiamo il caso dell’eolico, tra le materie prime necessarie alla sua realizzazione troviamo: acciaio, cemento, polimeri plastici e zinco, ma anche silicio, centro e alluminio, nickel, cobalto e terre rare.

L’aumento dei prezzi dei singoli materiali e la loro scarsità sui mercati globali renderanno non solo più difficili gli approvvigionamenti di cui sopra, ma anche il raggiungimento degli stessi obiettivi della transizione energetica ed ecologica, con il rischio di veder ridurre del 56% i progetti per nuovi impianti fotovoltaici per il 2022.

Cinesi le risorse per l’energia pulita e le sue tecnologie

Secondo Wood Makenzie, la Cina è il principale fornitore di moduli solari, la sua quota di mercato mondiale è superiore al 70%. Cinese è anche il 50% della produzione di pale eoliche al mondo e l’88% della capacità di produzione globale di batterie e accumulatori.

Secondo dati del Dipartimento dell’Energia americano, in Cina si concentra il 60% della raffinazione del litio a livello globale e dell’80% del cobalto.

Inoltre, secondo quanto riportato da un articolo del South China Morning Post, oltre il 40% del polisilicio solare fornito a tutti i Paesi del mondo proviene sempre dalla Cina, dalla provincia dello Xinjiang, regione su cui si sono concentrate le tante denunce per violazione dei diritti umani e dei lavoratori, nella maggior parte dei casi avanzate dagli Stati Uniti stessi.

La risposta americana e i suoi limiti

Come risposta a questa leadership diffusa di Pechino nel settore clean energy, gli USA hanno confermato se non esteso le tariffe imposte dalla precedente presidenza Trump, soprattutto alle componenti dei pannelli e delle celle solari provenienti dalla Cina per altri quattro anni.

Sempre il Dipartimento dell’Energia ha poi annunciato un finanziamento per 44 milioni di euro per sviluppare e promuovere le tecnologie dell’energia pulita, con un nuovo ufficio per la supply chain della clean energy.

Misure ritenute troppo generiche e deboli, però, come nel commento di Edurne Zoco, direttore IHD Markit: “Serve un maggior sostegno finanziario alle imprese, perché la rincorsa alla Cina non sarà semplice. Anche nelle migliori condizioni, ci vorranno dai quattro ai sei anni prima che gli USA siano al passo del grande Paese asiatico e allo stesso tempo riescano a raggiungere una maggiore indipendenza e capacità di soddisfare il 70% nella domanda interna”.

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