Carbone adieux, il Belgio lascia. L’ultimo pezzo l’ha bruciato lo scorso 30 marzo l’impianto di Langerlo, vicino Genk, segnando la fine di un’epoca. Nel secondo dopoguerra, il Belgio è stato la meta di 140.000 lavoratori italiani, inviati nel Paese in base a un accordo che prevedeva duemila minatori a settimana in arrivo dall’Italia in cambio di 200 chili di carbone al giorno a emigrato. Un’emigrazione che ha visto in Marcinelle il suo simbolo: una tragedia, quella dell’8 agosto 1956, quando furono 136 i connazionali a trovare la morte nella miniera del Bois du Cazier che viene ricordata ogni anno. Da allora il Belgio ha preso altre strade, soprattutto quella del nucleare, che ancora provvede a quasi la metà della domanda di energia.
Gli impianti a carbone, che nel ’94 rispondevano al 27% dei consumi del Paese, negli anni ’90 hanno cominciato a chiudere, uno dopo l’altro e il Belgio è il settimo Paese dell’Ue che mette da parte il carbone, dopo Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo e Malta. Il Portogallo dovrebbe dare lo stop nel 2020, Gran Bretagna e Austria nel 2025. Soddisfatti gli ambientalisti. ‘Il Belgio che si libera dal carbone è l’ennesima prova che i giorni d’oro di questa industria sono finiti’, ha commentato Joanna Flisowska dell’organizzazione CAN Europe.
Nonostante la crescita delle rinnovabili però, il fronte del carbone in Europa resiste. Il 40% della corrente prodotta in Germania arriva ancora da questo vecchio combustibile fossile, l’85% in Polonia. Seguono Repubblica Ceca e Gran Bretagna.
L’Oeko Institut ha completato uno studio, secondo cui la produzione di energia elettrica da lignite e carbone pesante nell’Ue dal 2010 al 2015 è rimasta pressoché invariata, pesando su circa tre quarti delle emissioni di gas serra del settore. Negli ultimi cinque anni in Europa, rilevano gli esperti tedeschi, nella produzione di corrente a scendere è stato più l’uso del gas, di oltre un terzo, che non quello del carbone. ‘La produzione di elettricità generata dal carbone negli ultimi cinque anni – ha spiegato David Ritter, autore leader dello studio dell’Oeko Institut – fondamentalmente non è cambiata. Esistono però delle differenze fra gli Stati membri: quasi la metà della produzione di elettricità da lignite è in Germania, mentre Gran Bretagna, Germania e Polonia insieme generano oltre la metà di quella generata da carbone pesante in Europa‘. ‘Se questi Paesi producessero meno energia elettrica da fonti fossili – ha concluso – ci sarebbe un impatto sostanziale sul bilancio Ue dei gas serra’.