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eMobility, Breton (UE): “In grado di soddisfare il nostro fabbisogno di batterie entro il 2025”. Ma la vera sfida sono le materie prime

Il futuro è della mobilità elettrica

Entro il 2030 la Commissione europea ha fissato l’obiettivo strategico di vedere sulle strade dei Paesi dell’Unione almeno 30 milioni di auto elettriche. Un traguardo a dir poco ambizioso, visto che oggi non si va oltre 1,2-1,4 milioni di veicoli a batteria o plug-in,  viste anche le difficoltà complessive dell’industria automotive e le tensioni sui mercati globali delle materie prime.

Un primo passo verso questo scenario è stato fatto in questi giorni, con il voto dell’Europarlamento per la messa al bando di nuove auto a benzina e diesel a partire dal 2035, con un percorso per gradi per ridurre le emissioni inquinanti del 55% per le automobili e del 50% per i furgoni entro il 2030.

Più in generale l’Unione europea cercherà di attuale concretamente il pacchetto “Pronti per il 55” o “Fit for 55” per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030.

Una decisione, quella sulle auto a combustibili fossili, che non vuole danneggiare i produttori di questi veicoli, perché riguarderà solo il mercato interno mentre “i mercati mondiali continueranno ad avere bisogno di questi mezzi ancora per un po’ di tempo”, ha dichiarato Thierry Breton, commissario europeo all’Industria, secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa.

Dalle batterie alle materie prime, ecco le nostre sfide

La transizione ecologica ed energetica del nostro continente è appena iniziata e certamente le criticità maggiori, riguardo alla mobilità privata e i trasporti, visto che Bruxelles ha puntato sulla mobilità elettrica, sono tutte nella domanda di batterie, nella disponibilità di una diffusa infrastruttura di stazioni di ricarica, e nella sicurezza degli approvvigionamenti di materie prime e componenti.

Riguardo all’emobility, il punto chiave è proprio la disponibilità di batterie per i produttori europei: “Abbiamo assicurato investimenti nella produzione – ha continuato il commissario – dovremmo essere in grado di soddisfare il nostro fabbisogno entro il 2025”.

Non meno importante, però, è anche l’approvvigionamento di componenti e materie prime. Secondo Breton è possibile “un aumento significativo della domanda”, soprattutto di alcune voci strategiche: “La richiesta di litio aumenterà di 15 volte entro il 2030, quella del cobalto e della grafite naturale di quattro, mentre il fabbisogno di nichel triplicherà entro il 2050”.

Europa troppo dipendente dalle forniture globali

Di tutte queste materie prime l’Europa è totalmente dipendente ancora da Paesi fornitori esteri, fino al 100% per il litio raffinato, soprattutto dalla Cina.

Riguardo ai componenti, ad esempio, l’intera catena del valore dei magneti permanenti che compongono i motori è quasi interamente controllata dalla Cina.

Altro dato rilevante, sempre riportato da Breton in un altro articolo pubblicato sulla sua pagina di LinkedIn, solo nell’ultimo anno, i prezzi delle terre rare utilizzate per progettare magneti permanenti sono aumentati del 50-90%.

Senza un migliore accesso alle materie prime, i nostri obiettivi di mobilità a emissioni zero sono a rischio, a causa della carenza di materie prime o dell’aumento dei costi. Ad esempio il silicio, essenziale sia per il fotovoltaico che per i semiconduttori. Anche in questo caso, il problema è lo stesso, con una domanda che dovrebbe quintuplicare entro il 2030. Una vulnerabilità che investe tutte le nostre catene del valore e tutti i prodotti, dai semplici giocattoli ai robot industriali più sofisticati”, ha scritto Breton.

Basta essere semplici “clienti” sui mercati internazionali

Che ci piaccia o no – ha spiegato il commissario – il peso dell’Unione europea sulla scena internazionale e nei confronti dei suoi partner e concorrenti dipende dalla nostra capacità di mettere sul tavolo i nostri punti di forza e di non essere semplici “clienti” o candidati”.

Breton ha poi specificato che per migliorare l’indipendenza in termini di materie prime è necessario riprendere l’attività estrattiva in casa: “L’estrazione mineraria è ancora considerata da molti, e uso le virgolette qui, “sporca”. Preferiamo importare da paesi terzi e chiudere un occhio sull’impatto ambientale e sociale che ne consegue, per non parlare dell’impronta di carbonio delle nostre importazioni. Tuttavia, l’estrazione mineraria in Europa può beneficiare delle nuove tecnologie che consentono l’estrazione con un impatto ambientale molto basso”.

Peccato che su alcune strategie comunitarie, come per l’economia circolare e il riciclo industriale, manchi la stessa volontà di cambiamento: “Dobbiamo promuovere una maggiore innovazione, soprattutto nelle soluzioni di riciclaggio e alternative alle materie prime critiche”, non insistendo molto su questo punto, che invece è davvero significativo nel percorso di transizione green del continente.

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