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Emergenza abitativa a Milano. Il confronto con Barcellona per uno sviluppo sostenibile dell’edilizia popolare

Dall’inizio di gennaio 2024 gli sfratti eseguiti a Milano sono saliti oltre 500 e a fine anno si stima saranno almeno 2000 e dunque più dei 1800 dello scorso anno. Inoltre, mentre siamo in attesa dei dati del censimento dei senza dimora fatto il 12 febbraio scorso, è risultato che nel 2018 sono state contate 2.608 persone senza dimora che, rappresentano lo 0,2% della popolazione cittadina, ovvero 2 persone ogni 1.000 abitanti. Malgrado questa grave situazione il Comune demolisce alcune delle case realizzate dall’architetto Arrigo Arrighetti, oltre 70 anni fa proprio per i senza dimora spendendo oltre 57 milioni di euro.

DEMOLIZIONE DELLE CASE POPOLARI DI VIA DEI GIAGGIOLI A MILANO

Si stanno impegnando altri 120 milioni di euro nella demolizione e ricostruzione di altri edifici popolari, che potrebbero essere rigenerati con costi molto inferiori, consentendo di destinare gran parte delle risorse alla manutenzione di quelli gravemente degradati, per i quali il Comune mette a bilancio soltanto 45 milioni all’anno, del tutto insufficienti. Per quanto la Metropolitana Milanese abbia preso in carico le 22 mila abitazioni, degli oltre 28700 dichiarati di proprietà del Comune, a fronte di 3600 tra sfratti e pignoramenti 4500 alloggi sfitti e 17 mila domande in lista d’attesa gestire l’edilizia popolare è diventato  estremamente complesso se non impossibile.

Per tentare di farvi fronte, l’assessore Pierfrancesco Maran, al Forum dell’Abitare di un anno fa, ha annunciato una nuova politica per le case popolari, che si risolverebbe con l’affidare a INVIMIT SGR tutto il patrimonio ERP del Comune per promuoverne la valorizzazione immettendolo nel mercato immobiliare. Poiché l’assessore Maran aveva affermato – correttamente – che avrebbe agito anche tenendo conto delle esperienze di altre città europee ci sembra utile riferire e confrontare, con quanto si sta facendo a Milano, ciò che Javier Buron capo dipartimento delle politiche abitative di Barcellona, ha raccontato nel suo dettagliato intervento al termine del primo round del Forum.

Buron ha infatti esordito facendo notare che in Spagna 6,5 dei 25,5 milioni di abitazioni potrebbero oggi essere case popolari (25%) ma, in base alla normativa del passato dopo pochi anni sono entrate a far parte del mercato immobiliare perdendo di fatto la natura originaria. A fronte di tale situazione, la Comunità autonoma di Barcellona, ha decretato – potremmo dire con grande lungimiranza – che le abitazioni realizzate con contributi pubblici devono restare pubbliche per sempre. Viene da chiedersi se ciò che sta avvenendo a Milano e in Lombardia non sia l’esatto contrario, perché in questo caso il trasferimento al mercato immobiliare delle case popolari avviene attraverso INVIMIT e se tale processo non sarà (come invece si presume) sempre più consistente. A Barcellona, come a Milano è noto che con uno stipendio standard (nel privato come nel pubblico) non si è più in grado di pagare l’affitto di una abitazione. Infatti, uno dei problemi emergenti più gravi è quello degli sfratti e per porvi rimedio nella città catalana si ricorre all’individuazione precoce dei casi a rischio, mentre nella città ambrosiana si interviene solo al momento dello sfratto pur avendo disponibilità di dati e informazioni spesso molto dettagliate. Ma, oltre alla politica emergenziale a Barcellona si adotta anche un programma a lungo termine che, per motivi ecologici e ambientali, viene attuato sulla città esistente. Gli interventi sono programmati attraverso una proporzionalità che ci sembra utile a mantenere un equilibrio dinamico dell’ecosistema urbano: 1/3 pubblici, 1/3 privati e 1/3 in partenariato pubblico–privato. Inoltre, nei piani urbanistici è posto come obbligo l’individuazione di una percentuale di almeno il 40% di alloggi sociali protetti, la metà dei quali in affitto. Rispondendo in questo modo ad un principio di equità e giustizia abitative in un quadro sostenibile di pianificazione urbanistica.

 PROGRAMMA EDILIZIA POPOLARE AL 2025

C’è da chiedersi allora: come queste componenti sono considerate nel PGT di Milano ? E’ certo che dovrebbero essere incorporate per migliorare il potenziale equitativo e di sostenibilità del piano stesso visti gli impatti di lungo termine che possono esercitare. Va aggiunto che, nel caso catalano, se un privato acquista un intero edificio residenziale lo deve comunicare alla Municipalità e se lo ristruttura deve realizzare almeno il 30% di alloggi protetti sui quali il Comune ha diritto di prelazione. Inoltre, con un’impresa controllata al 100 % dalla municipalità a Barcellona si costruiscono in continuazione nuove abitazioni su suolo pubblico concesso gratuitamente in diritto di superfice. Gli interventi vengono realizzati in collaborazione con le cooperative che vi partecipano senza scopo di lucro. Dopo una serie di esperimenti pilota questa procedura è diventata sistematica e sono in atto 29 progetti per 1045 abitazioni.

29 INTERVENTI PER 1045 ABITAZIONI REALIZZATI IN COLLABORAZIONE CON COOPERATIVE A PROPRIETA’ INDIVISA

Va notato che di fatto siamo di fronte ad un efficiente meta-organizzatore che equilibra dinamicamente il mercato immobiliare cittadino mantenendo una forte capacità di regia da parte dell’ente pubblico nel promuovere e governare un bene comune (pubblico) primario come la casa in una chiave eco-sistemica. Si tratta di cooperative a proprietà indivisa che a Milano hanno avuto una storia secolare ma che sono ormai in assoluta minoranza. Da noi le cooperative sono quasi totalmente diventate aziende che fanno anche profitto, molte delle quali finite in dissesto negli scorsi anni.

Il modello economico solidale della Comunità autonoma di Barcellona non è incardinato sulla vendita, né di suolo, né di edifici e neppure di abitazioni, ma avendo fatto il censimento delle case vuote le ha poi acquisite temporaneamente all’interno del sistema delle abitazioni pubbliche protette.

ACQUISIZIONE DI NUOVE ABITAZIONI

In questo modo, si agisce da una parte nei confronti del proprietario per garantirgli il ritorno economico relativo all’affitto ma – dall’altra – attraverso una grande fondazione si assume e gestisce direttamente l’affitto dell’abitazione privata. Un’agenzia pubblica dell’abitare che a Milano era stata proposta da Stefano Boeri, quando era assessore della giunta Pisapia, ma che non è mai stata realizzata e che tuttavia dovrebbe opportunamente essere riproposta.

CENSIMENTO DELLE ABITAZIONI VUOTE A BARCELLONA

Un’altra grande questione economico-sociale e urbanistica-ambientale riguarda l’affitto di abitazioni per il turismo. A Barcellona dal 2014 l’affitto turistico delle abitazioni si pratica con licenze che non sono più di 9000.E’ infatti noto che, data la maggior pressione sulla zona centrale e in funzione di una riduzione della pressione turistica quando una licenza scade non la si può rinnovare in modo automatico. Mentre nella prima periferia quando una licenza scade può invece essere rinnovataperché la situazione è considerata in equilibrio. Infine, nellazona più periferica a chiunque è consentito chiedere una licenza. Dunque, si agisce sui flussi turistici, relativi prezzi e rendite urbane emergenti con una redistribuzione che sembra contrastare disequilibri urbanistici e diseguaglianze.

ZONIZZAZIONE AFFITTI TURISTICI

L’esperienza di Milano e della Lombardia mostra invece una semplice richiesta di registrazione telematica senza alcuna pianificazione del numero delle licenze e della loro distribuzione territoriale, ossia si rinuncia ad una funzione redistributiva e riequilibrante del pianificatore pubblico.

Allora, tornando al tema, a Barcellona vediamo al lavoro una edilizia popolare come leva di un efficace strumento di pianificazione urbanistica e benché il patrimonio delle abitazioni pubbliche sia ancora molto localizzato, gli acquisti che si stanno attuando sono molto distribuiti a segnalare l’impatto di politiche regolatorie efficaci sull’ecosistema abitativo e sull’intero mercato della casa.

AMPLIAMENTO DEL PARCO DI EDILIZIA POPOLARE

Si può allora dire che ciò consente di fare una politica abitativa più differenziata realizzando un maggior equilibrio (per accessi e opportunità) mentre a Milano non sembra sussistere né un adeguato piano dell’edilizia popolare né un programma delle acquisizioni, né un’azione regolatoria sui flussi turistici indotti dal fenomeno Airbnb. Va tuttavia rilevato che nonostante questa articolata strategia, la situazione a Barcellona è tale che per una famiglia che ottiene un sostegno all’affitto ce ne sono altre due che non lo ottengono, ma certotale da risultare comunque uno strumento molto diffuso e rilevante per la politica urbanistica della città. Va peraltro rilevato tuttavia che se a Barcellona è cresciuto fortemente tale tipo di sostegno, nel caso dello Stato e della Comunità autonoma è rimasto immutato nel tempo. Per quanto nel contesto italiano, nell’ultima finanziaria, il “Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione” sia stato abolito, il Comune, in collaborazione con l’Agenzia della Regione, ha avviato una misura di sostegno all’affitto a favore di giovani famiglie e inquilini morosi incolpevoli. E tuttavia il fenomeno riguarda poche centinaia di famiglie mentre a Barcellona si è passati dal 12 % al 17 % di famiglie assistite che è un risultato molto apprezzabile per la scala urbanistica ed economica di impatto.

Per concludere, la strategia di aumentare, costruire, comprare, requisire – in senso regolatorio ed equilibrante lungo una faglia equitativa del mercato immobiliare – sta dando i suoi frutti perché si è passati in pochi anni da 7,5 a 11,2 migliaia di abitazioni. Approssimativamente la metà delle abitazioni popolari del Comune di Milano. A Barcellona il sostegno all’affitto è uno strumento molto rilevante e molto distribuito nella città ma l’impegno economico da parte dello stato e della Comunità autonoma è rimasto immutato nel tempo tanto da essere cresciuto esponenzialmente nella città catalana forzandone i limiti di sostenibilità economica e finanziaria.

POLITICA DI SOSTEGNO ALL’AFFITTO

Dunque, pur indebitandosi, la municipalità non ha rinunciato ad investire nel sostegno all’affitto. Ma a fronte di tale situazione cosa si può fare per controllare il mercato degli alloggi? Il mezzo fondamentale consiste in un’informazione pubblica di qualità che sia obiettiva nel riferire con continuità, sistematicità e precisione sull’entità e dinamica delle transazioni che vengono effettuate e sulla condizione dell’offerta oltre che della domanda nelle loro dimensioni spaziali e temporali. Mentre da noi l’informazione riguardante il mercato immobiliare è elaborata dall’OMI dell’Agenzia delle Entrate che, per quanto accurata restituisce le tematiche di rilevanza economica ma non quelle socialmente cruciali, oppure da Scenari Immobiliari che si interessa delle strategie di investimento in ambito immobiliare. A questo scopo a Barcellonaè stato creato un osservatorio per una informazione corretta e condivisa socialmente. Ad esempio, si è scoperto che il 25 % dei proprietari hanno due alloggi uno dei quali è affittato e che in ambito comunale il 50% degli alloggi è detenuto da persone che sono proprietarie di almeno 3 alloggi mentre il 35% possiede 10 o più alloggi. Informazioni che potrebbero essere sviluppate anche nel caso milanese e lombardo al servizio di una politica urbanistica e sociale-abitativa pubblica quale funzione della valorizzazione di un bene comune strategico come lo spazio urbano e a protezione stessa del valore dello stock immobiliare secondo logiche equitative, evitando squilibri e mitigando processi di eccessiva concentrazione con incentivi opportuni. Buron ha fatto notare che nonsi può certo parlare ancoradi un mercato concentrato, ma “in via di concentrazione” che impone una azione di regolazione appropriata per evitare degenerazioni e squilibri equitativi con opportune contromisure e fotografando in continuo i processi in corso. Da questo punto di vista cosa si fa a Milano per conoscere la situazione dell’offerta abitativa?

Per esempio uno dei provvedimenti della città di Barcellona è stato di importare il sistema francese e tedesco di controllo degli affitti che però è stato dichiarato incostituzionale. Ma a Milano e in Italia il blocco degli affitti potrebbe essere adottato dato che vi si è fatto ricorso in passato? Le condizioni politiche e normative attuali potrebbero favorire l’adozione di un simile provvedimento?

A Barcellona gli esperti avevano previsto che, a fronte del controllo degli affitti, i prezzi sarebbero aumentati. Invece, nelle 40 città che hanno proposto di adottarlo i prezzi hanno segnalato una diminuzione sistematica pari al 7% e i comuni della città metropolitana che non l’hanno fatto, hanno visto un aumento del 4,1%. Con una offerta che non è mutata nei due casi. Quindi previsioni sbagliate che hanno dimostrato che seil mercato non viene regolamentato in modo appropriato si corre il rischio di lasciare campo libero alla speculazione edilizia usando risorse pubbliche per scopi antisociali a favore di una crescita squilibrante dell’eco-sistema urbano e territoriale con “effetti spiazzamento” peraltro anche degli investimenti immobiliari.

Javier Buron ha concluso il suo intervento affermando realisticamente che certo non si possono risolvere tutti i problemi urbanistici e sociali di una realtà urbanistica complessa, ma che un approccio ecosistemico equitativo può essere adottato efficacemente nell’interesse di tutti i soggetti in campo riducendo diseguaglianze e squilibri per salire su traiettorie di crescita condivisa di lungo periodo. Riconoscendo in questo modo i molti errori commessi cercando di guardare ai vantaggi di sostenibilità, inclusione e coesione da consegnare alle prossime generazioni come chiave di uno sviluppo urbanistico e territoriale solidale e condiviso favorendo peraltro anche un investimento immobiliare privato caratterizzato da sostenibilità.

Non è forse un approccio che potrebbe essere realisticamente e vantaggiosamente adottato anche a Milano nell’interesse delle prossime generazioni e per un futuro sostenibile, inclusivo e resiliente?

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