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Elettronica, i 10 maggiori Paesi esportatori al mondo

Il mercato dell’elettronica nel suo complesso è in forte crescita e secondo le stime di Mckinsey le esportazioni globali hanno raggiunto i 4,1 trilioni di dollari nel 2021.

Al primo posto c’è la Cina, che negli ultimi 20 anni ha visto aumentare la propria quota di esportazioni dal 9% dell’anno 2000 al 34% del 2021, per un valore di 1,4 trilioni di dollari.

Segue sul secondo gradino del podio Taiwan, con giganti del settore come TSMC, che nello stesso periodo passa dal 6 all’11%, e sul terzo la Corea del Sud, che incrementa lievemente la quota di esportazioni globali dal 5 al 7%.

Interessante il quarto posto del Vietnam, che raggiunge subito il 5% del mercato mondiale, segno di un mercato estremamente dinamico e vivace nel Sud Est asiatico.

La Malesia conferma il quinto posto con il 5% (stessa quota del 2000), mentre al sesto e al settimo troviamo rispettivamente Giappone e Stati Uniti, che perdono tantissimo negli ultimi venti anni.

Il Giappone ha visto crollare le esportazioni di elettronica di consumo dal 13 al 5% e gli Stati Uniti hanno fatto anche peggio, passando dal 16% del 2000 al 4% del 2021.

Stabile la Germania, che rimane all’ottavo posto nel mondo, con un 4% di quote di export, seguita al nono posto dal Messico (3%) e al decimo dalla Tailandia (3%), che è un’altra new entry.

Come anticipato, in questi ultimi venti anni si sono notati due fenomeni: l’esplosione del mercato asiatico e la caduta di quello occidentale (in cui si inserisce il Giappone).

Questo, secondo il commento di visualcapitalist.com, si spiega con l’esternalizzazione del processo produttivo nel settore chiave dell’industria dell’elettronica di consumo in altri mercati, più economici e convenienti in termini di costi (manodopera compresa).

Una caratteristica dei primi anni 2000 che negli ultimi anni ha visto l’affermarsi di un processo inverso, più o meno indotto dai mercati finanziari quanto dalla politica. Basti pensare alle politiche volute dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, con un rientro delle produzioni considerate strategiche, come i semiconduttori e le batterie per veicoli elettrici, non solo per interessi economico-finanziari e geopolitici, ma anche per questioni di sicurezza nazionale, come confermato dal Chips Act da 52,7 miliardi di dollari voluto dall’inquilino successivo della Casa Bianca, Joe Biden.

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