La trasformazione digitale e l’elettrificazione
In molti negli ultimi anni hanno ragionato sulla dipendenza schiacciante delle nostre economie dai combustibili fossili, chiedendosi se non sia davvero giunto il momento di interrompere questo stato di cose e di dare spazio a nuove fonti energetiche, molto meno impattanti l’ambiente e la nostra salute.
A partire dal 2020, però, con l’arrivo della pandemia di Covid-19 e le misure di lockdown e di restrizione delle relazioni sociali ecco che la trasformazione digitale improvvisamente subisce un’accelerazione, legata all’enorme domanda di connettività.
Tutto si è spostato in rete, online, sia via desktop, sia via mobile, senza contare i tanti altri device di connessione a disposizione della popolazione, con l’ovvia conseguenza di veder aumentare anche la domanda di nuovi apparecchi e quindi di energia elettrica.
Contemporaneamente, in Europa e anche in Italia si è dato il via alla transizione ecologica. Questi due percorsi, digitale ed ecologico, hanno l’obiettivo di trasformare radicalmente il nostro modo di vivere, di lavorare, di studiare, di divertirci, di accedere alla cultura e l’infotainment, ma non senza costi.
Tutto ha un prezzo e anche il digitale e l’elettrificazione esigono maggiori flussi energetici e maggiori approvvigionamenti di materie prime, tra cui i materiali rari, contenuti nelle auto elettriche, come anche nei dispositivi elettronici del mondo digitale, nei pannelli fotovoltaici, nelle turbine eoliche e nelle batterie e altri sistemi di accumulo.
Materiali rari, boom della domanda di rame
Il peso di questa transizione, che è energetica ed ecologica, è stato calcolato in 17 grammi da Guillaume Pitron, autore del saggio “La guerra dei metalli rari” (LUISS University Press, 2019), che equivale alla quantità di questi minerali consumata da ognuno di noi attraverso l’acquisto di smartphone e computer, auto elettriche e altri dispositivi elettronici, fino all’accesso all’energia pulita derivante da impianti solari ed eolici.
Questo significa che entro il 2040 bisognerà quadruplicare la produzione di materiali rari e allo stesso tempo cercare in ogni modo di raggiungere questo traguardo nella maniera più sostenibile possibile a livello ambientale e anche sociale.
Tra questi materiali rari ricordiamo i principali, che sono: platino, palladio, oro, nickel, alluminio, rame, argento.
Ad esempio, secondo un rapporto di S&P Global, la domanda di rame per supportare il percorso di elettrificazione aumenterà del 100% entro il 2035, passando dalle attuali 25 milioni di tonnellate alle 50 milioni di tonnellate stimate entro i prossimi 13 anni.
Se il trend rimarrà invariato, entro il 2050 serviranno all’elettrificazione 53 milioni di tonnellate di rame. Questo senza dimenticare che il rapporto tra offerta e domanda globali di rame sarà presto sproporzionata, con una forte limitazione del primo fattore del mercato: l’offerta.
Dopo i combustibili fossili, la nostra economica di nuovo dipendente, stavolta dai minerali?
Nello scenario proposto dallo studio, immaginando il massimo sforzo estrattivo dalle miniere e di recupero e riciclo nell’economia circolare, il deficit di offerta di rame sarà pari a 10 milioni di tonnellate già entro il 2035.
Se confermato questo dato, ci potremmo trovare con un 20% di rame in meno rispetto a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi di emissione zero entro la metà del secolo in Europa e altri Paesi e regioni.
Il dubbio è, stiamo forse passando da un’economia ad alta intensità di combustibili fossili ad una ad alta intensità di minerali? In poche parole, stiamo spostando la “dipendenza” da un ambito ad un altro?