Torniamo con le nostre segnalazioni dal mondo web. Questa volta parliamo di Medium.
Una piattaforma di contenuti che sta evolvendo – forse nell’unica direzione possibile – piazzando contenuti e notizie direttamente all’interno delle comunità. E’ il contenuto al centro di tutto, in una grafica semplice e lineare che facilita la lettura. L’ultima novità, probabilmente scontata, è il lancio di “Medium for publisher”, uno strumento per personalizzare il design (layout, navigazione, colore) e per (provare) a monetizzare i contenuti, all’insegna del look-and-feel. Come reagiranno editori e media?
Nel 2012, anno di nascita di Medium, Giovanni Boccia Artieri afferma:
Medium è l’acquisizione della consapevolezza che l’era degli user generated content non è solo possibilità di pubblicazione e trasformazione del lettore in scrittore. È anche un’era di distributed content in cui l’audience fa il suo mestiere di leggere/vedere/ascoltare contenuti, apprezzandoli o denigrandoli, parlandone ad altri fino a produrre notorietà attorno ad un contenuto ma il tutto in modo visibile e consapevolmente connesso: con like, commenti, condivisioni, segnalazioni, tagging, ecc.
Ciò che tende ad emergere … non è tanto l’autore di un post ma il tema.
Un anno dopo il lancio Evan Williams il creatore della piattaforma – prima ha ideato Blogger venduto poi a Google – la raccontava così:
Medium si presenta come “un nuovo luogo in rete in cui la gente può condividere idee e storie che sono più lunghe di 140 caratteri e non solo con i proprio amici…
Favorire contenuti più lunghi e ragionati, presentati su una piattaforma semplice, quasi spartana, che possa così essere usata da chiunque.
Stiamo cercando di rendere semplice pubblicare storie e idee interessanti e organizzarle in una rete dove abbiano possibilità di essere lette e condivise.
Già in quel momento, in giro per il web, si comincia a ragionare su Medium e giornalismo:
Se Medium sarà la nuova forma di comunicazione con la quale il giornalismo potrà confrontarsi non si sa ancora, ma la notizia positiva è che l’attenzione si sia spostata sullo spazio a disposizione. Avere una quantità non prefissata di caratteri da poter riempire non è, da solo, sinonimo di qualità, ma può essere un elemento in più per permettere a chi scriverà articoli su Medium di approfondire l’argomento, aggiungendo elementi utili, se non indispensabili, per comprendere meglio lo scritto e capirlo appieno.
Con l’affermarsi della piattaforma alcuni media hanno deciso di spostare tutti i loro contenuti solo su Medium come Matter:
…questo nuovo approccio renderà più facile che mai leggere le notizie che produciamo e condividere quelle che sono importanti per ognuno
Con l’ultima novità di questi mesi si torna a parlare della piattaforma in relazione al giornalismo. Qui di seguito alcuni estratti da recenti link in proposito:
Medium riceve 50 mln di dollari di finanziamento, Ben Horowitz e Judy Estrie a bordo, lo leggiamo su VentureBeat.
Il messaggio è sempre lo stesso: creare una piattaforma in cui buone idee e storie interessanti possano essere diffuse nel mondo e trovate da chi le cerca. Gli ulteriori fondi saranno impiegati per il tool dedicato agli editori.
Dal 2012 Medium è stato usato indifferentemente da singoli e da brand e anche da chi aveva già un “posto” dove pubblicare. Ecco cosa sottolinea The Atlantic.
Vengono introdotte le collections, in pratica qualcosa di molto simile, almeno per posizione, al classico menù di navigazione. Sono liste che possono raggruppare post, utenti e pubblicazioni e anche link esterni a Medium.
“Crediamo che per fare della lettura una fantastica esperienza per le persone, altre persone devono far parte del processo. A creare le Collections sono membri dello staff o utenti “fidati”. In seguito sarà possibile anche per gli user creare collections.”
Quando Medium è stata creata, molti hanno chiesto se si trattasse di pubblicazione o piattaforma. La domanda ha una risposta: Medium è una piattaforma. Ma l’aggiunta di Collections riflette l’esigenza del fare in modo che le persone rimangano sulla piattaforma, bisogna essere migliori rispetto ad un pantano di algoritmo generato da pagine piene di parole. E’ necessaria una voce curatoriale, è necessaria la curation da qualche parte. Mediumm è una piattaforma ma se Collections funziona, sarà una piattaforma con l’occhio editoriale di una pubblicazione.
Anche dal Poynter Institute ragionano sull’argomento.
Membership e promoted stories nel linguaggio di Medium corrispondono al tanto “chiacchierato” native advertising.
Gli analisti di Poynter evidenziano 4 diversi aspetti della piattaforma:
- Hosting gratuito (nessuna scadenza da ricordare e pagare)
- Integrazione (scrivi una volta e pubblichi ovunque)
- Rete pubblicitaria (esiste già, e questo è un vantaggio) sarà offerta a blogger ed editori che hanno lettori coinvolti e fidelizzati la possibilità di ospitare brand stories o di pubblicare su pubblicazioni di brand
- Membership: contenuti speciali pagati direttamente all’editore
Infine anche Frederic Filloux fa un’analisi di Medium utilizzando lo stesso Medium:
Ho approcciato Medium prima da lettore. Ho apprezzato la varietà dei contenuti, delle pubblicazioni, degli autori così come l’estetica e il sistema di curation.
Grazie agli strumenti che fornisce le persone facilmente mettono like, rispondono, sottolineano, scelgono segnalibri…, questo unico strato sociale è il risultato più significativo di Medium. All’interno dei suoi confini, la conversazione è più spesso tranquilla e misurata.
L’approccio più innovativo, molto probabilmente comporterà un sistema di contenuti a pagamento che dovrà essere adottato da migliaia di contribuenti e dagli editori
… la costruzione di un sistema scalabile, facile da usare, a pagamento richiederà caratteristiche che renderà Medium più vicino a un sito web in piena regola WordPress style…
… trovare equilibrio tra il mantenimento della semplicità… offrendo agli editori l’insieme minimo di funzioni necessarie per sviluppare un sistema di pagamento funzionale.
Per chi vuole approfondire i post completi di Filloux sono qui e qui.