Stare al passo con i tempi significa esseri disposti a cambiare, a innovare e contaminare il settore con nuove soluzioni e strategie. L’editoria italiana deve confrontarsi con i nuovi mercati globalizzati, con le tecnologie digitali e le modalità di consumo che si diversificano.
L’editoria al tempo del Covid-19
La nuova ricerca “Editori e libri nello scenario del Covid-19”, pubblicata dall’Istat, esamina in profondità il rapporto tra editoria tradizionale e tecnologie digitali. Anche se in ritardo, rispetto agli Stati Uniti e la Gran Bretagna, anche gli editori nostrani si sono adeguati al cambiamento investendo costantemente nel formato elettronico, i cosiddetti ebook.
Oggi in Italia il 40% dei libri stampati ha un gemello ebook. In soli due anni, dal 2016 al 208, l’offerta di ebook è passata da 22mila a più di 30 mila titoli.
Quasi insignificante, invece, l’editoria digitale pura, cioè ebook senza il corrispettivo cartaceo, che è praticata solo dal 5,6% degli editori, quasi tutti grandi editori (l’11,4% contro il 2,5% dei piccoli).
Grandi e piccoli editori
Una nuova storia del libro che al momento, però, non è condivisa proprio da tutti gli editori.
Se nel 2018, il 29,3% dei 1.564 editori attivi in Italia aveva pubblicato almeno un ebook, c’è da dire che si è trattato soprattutto di grandi editori (65%), perché tra i piccoli e i medi l’incidenza scende di molto: rispettivamente il 15,6% e il 34%.
L’offerta digitale, secondo le stime Istat, cresce di parecchio se si valuta l’editoria scolastica, raggiungendo il 25% dei 30 mila titoli pubblicati.
La ricerca, comunque, ha evidenziato anche quello che al momento è il grande limite dell’editoria digitale: “le entrate derivate dai contenuti digitali sarebbero in grado di compensare solo in minima parte, e solo per i grandi editori, il calo delle entrate derivate dalla vendita dei tradizionali libri cartacei”.
Fatturato e cyber minacce
Il fatturato che deriva dalla vendita di contenuti digitali (e-book, banche dati e servizi web) è infatti piuttosto modesto: per il 92,6% degli editori attivi non supera il 10% del totale, indipendentemente dalla dimensione d’impresa; soltanto per l’8,9% dei grandi editori la quota di vendita dei prodotti digitali è compresa tra l’11% e il 25% del fatturato complessivo.
Un settore quindi ancora “in erba”, facile bersaglio della pirateria digitale. Secondo nuove stime diffuse dall’Associazione italiana editori (Aie) e dall’Ipsos, la pirateria sottrae ogni anno al mondo del libro 528 milioni di euro (pari al 23% del valore del mercato nel suo complesso), al sistema Paese circa 1,3 miliardi di euro e 216 milioni al fisco. Persi, in termini di mancata occupazione, più di 8.800 posti di lavoro, di cui 3.600 nella filiera del libro.
L’impatto della pandemia sui libri
Secondo recenti stime Aie, nella migliore delle ipotesi, cioè che le misure del Governo abbiano effetto, “abbiamo già 21mila titoli pubblicati in meno nel corso dell’intero anno, 12.500 novità in uscita bloccate, 44,5 milioni di copie che non saranno stampate e 2.900 titoli in meno da tradurre”.
Per il periodo maggio-agosto, la percentuale di chi decide di temporeggiare con le uscite rimandandole ulteriormente sale al 42% (era il 34% il 30 marzo). Molti guardano a novembre, al periodo pre-natalizio.
Al momento, tengono solo ebook e audiolibri, con gli editori che testano la tenuta del mercato sugli store online: nel primo semestre solo l’1% degli editori dichiara infatti di aver riprogrammato al ribasso le uscite degli eBook, il 10% quelle degli audiolibri.
Tra chi vi sta già facendo ricorso e chi «non ancora, ma ci sta pensando» (o magari sta espletando la documentazione), la cassa integrazione riguarderà circa il 70% delle imprese del settore.