La dipendenza economica di strategia e mercato digitali dai contesti internazionali è evidente da tempo. Pur tuttavia, un ragionamento costruttivo si può rivolgere al nuovo governo e agli interlocutori istituzionali per avviare il rilancio dell’economia digitale.
1.L’economia digitale futura europea e italiana: il pensiero made in Italy
1.1. Il contesto
Oggi nel 2018, dopo le varie agende digitali europee dalla nascita della e-Europe nel duemila, l’Unione europea si muove con due importanti leve di strategia digitale e mercato gestite, in particolare, da due Direzioni generali: la DG Connect che sta attuando il DSM e la Direzione Trade che ha negoziato e negozia troppo liberamente trattati transatlantici su prodotti e servizi digitali in chiave di liberalizzazione e globalizzazione (CETA, TTIP, e TiSA, WTO).
La strategia DSM decollata nel 2015 e oggi aggiornata anche sui pilastri della sicurezza e della protezione dei dati punta a nuova regolamentazione e incentivazione nei seguenti settori:
- L’ ecommerce che investe, tra gli altri temi, la concorrenza e il geo-blocking digitale ovvero i blocchi transfrontalieri nel commercio elettronico e la concorrenza nelle piattaforme e-commerce come nel pendente caso Google, oltre ai temi della riformulazione del mercato del lavoro offline connesso all distribuzione e consegna delle merci oggetto di acquisizioni quasimonopolistiche dei grandi operatori ;
- La network neutrality, già normata;
- La platform neutrality, con relativi rischi di concorrenza e monopolio adombratidalla UE;
- La data economy, con visioni europee e transatlantiche contrapposte sulla liberalizzazione dei flussi di dati;
- Gli operatori di infrastrutture di rete, con proposte di riduzione degli operatori su modello statunitense, criteri per il mercato delle bande radio e problemi di monopoli e concorrenza;
- Il copyright;
- La sicurezza informatica/protezione dei dati, con nuovi importanti aspetti regolatori a venire previsti per la direttiva eprivacy e il cyber act.
Attualmente si registra nella UE una focalizzazione forte sulla diffusione di ‘piattaforme’: cloud, ecommerce, search engine, mobile, ecc. C’è la precisa sensazione che l’intera economia di Rete riassorberà tutto il mercato digitale mentre ad oggi non è chiara la compatibilità tra produttori di infrastrutture/software/ hardware e il destino dei sistemi operativi convenzionali che verrebbero gestiti, probabilmente, tutti su piattaforme online, in particolare cloud e mobile, con possibile perdita di know-how e di controllo.
Se questa è la visione europea, si comprende l’accelerazione in direzione di una visione iper-tecnologica, supportata da programmi televisivi e pubblicità, verso applicazioni spinte di robotica e intelligenza artificiale che nelle sperimentazioni civili si vanno disomogeneamente sviluppando, in particolare nella IoT, con incognite di rischio, sicurezza e legalità in particolari settori.
Come guardare in avanti e attrezzarsi con urgenza per scelte e competenze di sistema che garantiscano al nostro Paese una sopravvivenza non marginale nell’economia digitale, affiancando gli stati nazionali europei centro-meridionali che si sono e si stanno attrezzando nell’economia digitale globale è l’oggetto di questa riflessione.
1.2. I quesiti
Interrogarsi sul ruolo che può svolgere il nostro Paese nel contesto di policy europee e internazionali richiede verifiche di adeguatezza istituzionale e possibili risposte in chiave di governance digitale di sistema.
1.2.1. Come rafforzare il ruolo propositivo istituzionale italiano in materia di economia digitale nel contesto economico e regolatorio europeo
Le osservazioni-proposta che seguono emanano dal riscontro di una intrinseca debolezza di policy di gestione dei grandi temi implicati dalla trasformazione digitale in corso, non ultimi quelli etici su cui abbiamo segnalato vistose distrazioni.
Per cominciare, vorremmo plaudire a:
- Una delega specifica della PCM a più ministri competenti in economia digitale: forse utile l’istituzione di un’ apposita struttura interministeriale e di un comitato interdipartimentale su risorse e sviluppo digitale nazionali.
- Ancora, sarebbe necessario istituire commissioni parlamentari Camera e Senato con competenze specifiche.
- Tutte le tematiche digitali europee e la normativa in fase ascendente dovrebbero disporre, poi, di dati e analisi specifiche relativamente alle iniziative della Digital Connect e della Trade, valutate per tempo a livello nazionale e viate nei Consigli dei Ministri e nel Parlamento europeo, frammentato in gruppi politici che difficilmente possono esprimere visioni condivise su interessi nazionali.
- Altro aspetto concerne il rafforzamento delle delegazioni diplomatiche che trattano economia digitale nei contesti UE, OCSE, Nato da cui promanano visioni globali dell’economia digitale.
- Ancora è utile interrogarsi su un possibile coordinamento dei parlamentari europei italiani in visione nazionale, oggi segmentati per area politica e nazionale e operativi su commissioni diverse.
- Un contatto e un’interlocuzione sistematica con le associazioni professionali e di parti sociali europee e nazionali con funzione lobbistica digitale è utile per comprendere meglio gli interessi e gli stakeholder in gioco.
- Infine, una specifica cura delle policy/norme europee digitali in fase ascendente e di quelle applicabili a livello nazionale, per pronto recepimento e responsabilizzazione delle apposite strutture (oggi, 2018, i ritardi sono talora cospicui: la legge di delegazione ottobre 2017 ha recepito norme del 2016 su tematiche digitali impellenti).
1.2.2. Come realizzare policy digitali nazionali nel contesto e nei vincoli europei e internazionali
Abbandonata perché mai avuta un’agenda digitale nazionale, che nel tempo si è confusa e sovrapposta a quella europea. Occorre:
- Gestire con evidenza le linee di sviluppo e gli investimenti di sistema, a livello centrale e regionale (sarebbe auspicabile una lettura comparativa delle ‘agende regionali’ e centrali e della relativa spesa);
- Gestire il rilancio della ‘nazionalità’ degli asset digitali infrastrutturali strategici pubblici o partecipati;
- Riconvertire i sistemi di gara introducendo settori e lotti aperti alle PMI, rivedendo efficacemente appalti e partecipazioni;
- Valutare e attuare sistemi premianti differenziati per progetti di sviluppo in Partenariato Pubblico Privato, come sollecitato dalla UE.
2. Lo specifico delle problematicità di sistema: le amministrazioni pubbliche come sistema trainante
2.1. Il contesto
Come languono i sistemi arretrati come il nostro che non hanno ancora provveduto alla digitalizzazione funzionale nel pubblico e nel privato, digitalizzazione che richiede la traduzione tecnologica dei servizi rilasciati, o dei prodotti come nel manifatturiero, che non è possibile risolvere solo mediante tecnologie digitali poiché sono richieste competenze analitiche di dominio dei dati e sviluppo compatibile nelle diverse filiere e competenze digitali di vario genere per realizzare soluzioni efficienti intelligenti?
Come opera il sistema pubblico e con che competenze nei settori di sviluppo innovativi : big data, intelligenza artificiale, ontologie, sicurezza e protezione dei dati, IoT, blockchain, ecc. Va definita una coerenza di sistema con riferimento a un contesto complessivo di strategia e mercato europeo e nazionale, solo in parte abbozzato nel piano triennale e non chiaro nelle gare pubbliche.
L’assenza di coerenza di sistema spiega, infatti, le pur utili gare su SPC e cloud nel pubblico, che non hanno tuttavia apportato un reale efficientamento dei servizi e un qualsivoglia contributo alla formazione degli addetti.
E’ l’annoso problema del tasso basso di culturizzazione tecnologica nel Paese e nelle AAPP specificamente con la bassa propensione a sviluppare nuove professionalità digitali in chiave interdisciplinare: dall’economia al diritto, dai beni culturali al turismo, dall’immobiliare al sanitario, dal previdenziale al pubblico-amministrativo, ecc.
Difficile risalire la china delle competenze digitali nel pubblico per le varie applicazioni e attività in un sistema che sta promuovendo un salto tecnologico nel buio per noi: un tipico esempio lo SPID che dovrebbe gestire servizi digitalizzati che non esistono ancora.
QUESITI
2.1.1. Come rilanciare il ruolo delle amministrazioni dello stato in prospettiva digitale
Ripensare la funzione trainante del pubblico nei servizi in particolare richiede di:
- Attuare una valutazione comparativa dell’efficienza delle amministrazioni digitalizzate, come peraltro oggi richiesto dalle norme, con un inventariamento degli asset digitali e relativa sicurezza e la specificazione degli obiettivi perseguiti e delle necessità di implementazione (Conferenza Stato-Regioni e altro);
- Valutare la spesa informatica nel pubblico a livello centrale e locale;
- Valutare la spesa in formazione informatica del personale e gli indirizzi in materia;
- Censire i Centri di spesa informatica e relative acquisizioni;
- Valutare costi e funzioni delle consulenze informatiche e delle in-house;
- Implementare progetti PPP;
- Attivare task force di livello e amministrazione rivedendo la spesa per il personale e premiando specificamente le professionalità.
3. Le nuove competenze e professionalità digitali di sistema
3.1. Il contesto
Le analisi comparative europee segnalano la domanda crescente di nuove professionalità che accompagnino l’evoluzione tecnologica in atto. Come possiamo adeguarci?
QUESITI
3.1. Aggiornare progettualmente le competenze digitali specialistiche tradizionali, ingegneristiche e informatiche e implementare le nuove professionalità interdisciplinari significa:
- Produrre nuove competenze digitali in analitica dei dati, nosql, intelligenza artificiale, robotica, pattaforme, app, ecc. in logica di mercato;
- Promuovere formazione in nuove professionalità interdisciplinari digitali: dall’ economia, dal diritto, dall’ambiente, dalla sanità, dal manifatturiero, dai servizi, ecc. al digitale.
4. Incentivare il rapporto occupazionale domanda-offerta nell’economia digitale
QUESITI
4.1. Per abbinare domanda offerta e logiche di sviluppo serve:
- Svolgere una ricognizione veloce della domanda di occupazione digitale delle aziende e una proposta strutturata del governo con soluzioni premianti (sgravi fiscali e altro);
- Proporre piani nazionali di ri-qualificazione digitale con risorse miste pubbliche-private;
- Rivedere i Centri per l’impiego in prospettiva digitale;
- Realizzare strutture di consulenza per la trasformazione digitale nel pubblico e nel privato.
Infine, per non arenarsi nel limbo dell’impotenza progettuale, nell’impossibilità di sviluppo competititvo, nella pericolosa remissività all’ineluttabilità dei nostri ritardi, vorremmo pensare allo R&D nazionale.
5. Il destino dello R&D nazionale
5.1. Il contesto
Un tema dominante è l’assenza di una visione locale non miope nel settore dello R&D e la correlata assenza di investimenti.
Per non lamentare in maniera insopportabile la cosiddetta ‘fuga dei cervelli’ e la morte precoce delle start-up e delle microimprese innovative digitali, va ideato un sistema di finanziamento con risorse miste pubblico-private per la ricerca e lo sviluppo nei diversi settori tecnologico-digitali, una negoziazione del mercato con gli OTT, come avviene all’estero, una reale apertura di mercato all’innovazione digitale nelle gare e nelle committenze.
Saremo in grado di accompagnare produttivamente lo sviluppo o ci limiteremo a esserne clienti, fruitori, totalmente dipendenti da prodotti e servizi realizzati altrove, sprecando il patrimonio di risorse potenziali di cui disponiamo? L’economia digitale è fatta di chi investe, realizza e sviluppa e di chi compra e usa. Un solo lato è fallimentare.
QUESITI
5.1.1. Modelli di R&D digitale teorica e applicata, gestiti con logiche di business e gare
- Il ruolo delle Università, dei Centri di ricerca e dei finanziamenti pubblici e privati a prodotti e servizi innovativi: quanto e come possiamo stimare il nostro potenziale contributo nazionale al PIL digitale?
- La moltiplicazione degli addetti e dei profili di business delle innovazioni: come liberare il mercato da forniture digitali prepotenti e vincolanti nel pubblico e aprire le porte allo sviluppo tecnologico made in Italy?
- Il superamento delle situazioni micro- per le aziende innovative con interventi di management adeguati: assistenza non speculativa allo sviluppo
- I finanziamenti pubblici e privati: dove e come dotarsi di risorse senza spargimenti di briciole economiche a pioggia e logiche di investimenti troppo onerose per le PMI?
A conclusione di questo primo giro di spunti propositivi suggerisco un breve check al contesto europeo e, intanto, alla strategia del DSM che avanza senza una reale partecipazione nazionale all’economia digitale.
Objectives
- Boosting e-commerce in the EU by tackling geoblocking, making cross-border parcel delivery more affordable and efficient
- Modernising the EU copyright rules to fit the digital age
- Updating EU audiovisual rules and working with platforms to create a fairer environment for everyone, promote European films, protect children and tackle hate speech
- Scaling up Europe’s response to cyber-attacks by strengthening ENISA, the EU cybersecurity agency, and creating an effective EU cyber deterrence and criminal law response to better protect Europe’s citizens, businesses and public institutions
- Unlock the potential of a European data economy with a framework for the free flow of non-personal data in the EU
- Ensuring everyone in the EU has the best possible internet connection, so they can fully engage in the digital economy, the so-called “connectivity for a European gigabit society“
- Adapting ePrivacy rules to the new digital environment
- Helping large and small companies, researchers, citizens and public authorities to make the most of new technologies by ensuring that everyone has the necessary digital skills, and by funding EU research in health and high performance computing