Questa mattina, nella sede centrale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo al Collegio Romano, presentazione istituzionale in pompa magna di una ricerca realizzata dalla multinazionale della consulenza Boston Consulting Group (Bcg), che ha cercato di stimare “l’economia dei musei” in Italia.
Secondo questa ricerca, i musei statali valgono l’1,6 % del Prodotto interno lordo (!!), corrispondenti a 27 miliardi di euro (!!!), ed impiegano 117mila lavoratori (!!!): numeri impressionanti anzi favolosi, e non credevamo alle nostre orecchie ed ai nostri occhi, scoprendo – dopo trent’anni di appassionato studio delle italiche politiche culturali – qualcosa che evidentemente doveva esserci sfuggito…
Altri numeri sciorinati questa mattina: l’analisi si è concentrata sui 358 “musei statali” – 32 “musei autonomi” e 326 afferenti ai “poli museali regionali” – presenti sul territorio nazionale, adottando un “approccio integrato” (anzi “olistico”), che ha preso in considerazione quattro ambiti: “economico”, “sociale”, “culturale” e “ambientale”. Sono 53 milioni le persone che hanno visitato i musei italiani nel 2018, generando proventi da visitatore per circa 280 milioni di euro. I “turisti culturali”, cioè coloro che si sono spostati appositamente per visitare uno dei musei statali, sono (sarebbero) stati 24 milioni. Sul fronte del lavoro, gli occupati sono di poco inferiori ai 120mila tra “diretti” e “indiretti”, pari al 7 % delle posizioni lavorative nel settore del turismo e dei servizi ricettivi…
Da segnalare che queste cifre sono peraltro circoscritte a soltanto 358 “musei statali”, e non comprendono i 104 altri “musei statali” che fuoriescono dalla giurisdizione della Dg Musei del Mibact (e – come dire?! – l’affare si complica…). Si ricordi anche che il totale di 462 “musei statali” rappresenta meno del 10 % del totale dei musei esistenti in Italia. Secondo l’ultima rilevazione Istat resa nota nel gennaio 2019 i musei sarebbero in Italia 4.889…
Franceschini: confermata la centralità economica della cultura
Fin qui i numeri (si rimanda alla sintesi ed alla presentazione, in una decina di slide). Entusiasmo del Ministro Dario Franceschini (affiancato oggi in conferenza stampa dal Capo di Gabinetto Lorenzo Casini e dal Segretario Generale Salvo Nastasi): “Oggi più che mai è fondamentale che alla cultura sia data una grandissima attenzione, sia perché è un veicolo per nutrire lo spirito e le menti delle persone, sia perché è una grande opportunità di crescita economica. Questo studio lo dimostra. Il Governo rafforzerà gli investimenti in cultura, sia per il dovere costituzionale di tutelare il patrimonio culturale, sia per supportare le imprese dei beni culturali che operano nel nostro Paese, ma anche per tutti coloro che lavorano quotidianamente nei musei, nei parchi archeologici, nelle biblioteche, negli archivi e nelle strutture periferiche del Ministero”. Le tesi del Ministro Franceschini sulla fondamentale centralità economica della cultura sono ormai stranote, e, ancora una volta, ha approfittato dell’occasione per ribadirle con convinzione.
È stato però sostenuto (e ci vuole coraggio!) che i “musei” conterebbero per… l’1,6 % sul Pil nazionale, a fronte del… 2,1 % della “agricoltura” (!!!): dato impressionante (se fosse vero)…
Nessuno dei giornalisti ha posto quesiti sulla qualità (affidabilità) di queste numerologie: anzi, una collega ha domandato se il secondo Governo guidato da Giuseppe Conte avesse deciso di “richiamare” al Mibact “il turismo” proprio per l’importanza che questo settore – grazie ai musei (?!) – avrebbe nell’economia socio-culturale nazionale, sganciandolo dal dicastero dell’agricoltura (ove era stato “avocato” dall’ex Ministro leghista Gian Marco Centinaio). Da non crederci. Ancora una volta… da non crederci! Franceschini ha risposto che non v’è stato – ovviamente! – alcun nesso “causa/effetto” di questo tipo nella decisione, da lui propugnata, di tornare all’assetto “quo ante”, ma piuttosto un ragionamento di strategia di politica culturale, che ritiene “la cultura” ed “il turismo” intimamente correlati, e quindi da governare assieme.
A questo punto, onde evitare una polemica pubblica “sterile” (o forse no?!) con il Ministro, abbiamo chiesto direttamente alla “fonte”, ovvero a Giuseppe Falco, Amministratore Delegato di Boston Consulting Group per l’Italia, la Grecia, Turchia e Israele, qualche lume, dopo aver domandato qualcosa anche al Direttore Generale per i Musei del Mibact Antonio Lampis ovvero quali fossero le metodiche adottate dalla multinazionale.
Lampis (Dg Musei Mibac): “Boston Consulting consulenti di governi di tutto il mondo…”
Il Dg Musei ci ha risposto: “ma notoriamente Bcg è consulente di governi di tutto il mondo, quindi dispone di metodologie raffinatissime e di un dataset enorme…”. “Nulla quaestio” (come dire?! ma il “marchio” è garanzia… a priori?!), ma ci siamo permessi di osservare che sostenere – come il report effettivamente sostiene – che il 20 % dei turisti in Italia sono attratti dai “musei” – anzi soltanto dai “musei nazionali” (che peraltro rappresentano – come abbiamo segnalato – soltanto un 10 % del totale dell’offerta museale italiana) – rappresenta veramente una ardita forzatura semantica e metodologica: potrebbe essere vero che 1 turista su 5, e finanche 1 su 3, è attratto dalle “città d’arte”, dalle bellezze culturali ed artistiche d’Italia nel loro complesso, ma non specificamente dai “musei nazionali”.
A fronte di perduranti dubbi “metodologici”, abbiamo quindi chiesto direttamente al Senior Partner & Managing Director di Bcg: Giuseppe Falco ha colto – da consulente a consulente – il senso del quesito, e ci ha spiegato qual è stato il metodo che ha determinato i “proxy” (ovvero gli indicatori approssimativi) che hanno portato a questa stima della Boston.
In sintesi: Boston ha preso i dati (di fonte Istat e Banca d’Italia, anzitutto) sui flussi turistici in Italia per Provincia, ha verificato quanti fossero i “musei nazionali” presenti nella Provincia, ha comparato i dati con i visitatori dei musei, ed ha attribuito ai musei una quota del complessivo flusso turistico… Esempi: Caserta, si stima che il 100 % dei turisti siano attratti dalla Reggia (“museo nazionale”) e quindi tutti i flussi sono attribuiti ai “musei”; Venezia, si stima che è tendente a 0 % l’attrattività dei musei nazionali, dato che la gran parte sono “musei civici”… Questi indicatori sono stati stimati, uno ad uno, zona per zona. Abbiamo chiesto se fosse possibile acquisire i dati singoli (Provincia per Provincia), e ci è stato risposto che Bcg li ha messi a disposizione del Mibact (“in un enorme foglio elettronico”, ci è stato precisato), ma non ha cognizione se la Direzione Generale Musei li renderà di pubblico dominio. Vogliamo sperare che il dataset venga messo a disposizione degli studiosi culturologici, così come degli operatori turistici, ovvero della comunità culturale tutta.
Svelato il… mistero, quindi?! In parte.
In effetti, questa metodologia tende ad enfatizzare un po’ impropriamente, anzi – ci si consenta – ad ingigantire, dei dati che, in sé, possono avere tutt’altra significatività. Avevamo pensato che il dato “il 20 % dei turisti sono stimolati dalla voglia di visitare i musei” fosse il risultato di una approfondita ricerca demoscopica, con un adeguato campione rappresentativo. Il che non è. Questa stima del 20 % è il risultato di una ipotesi di lavoro suscettibile di non poche critiche metodologiche, in assenza del dataset di base.
L’Ad di Boston Consulting Group ci ha precisato: “noi, come società di consulenza, non abbiamo sostenuto esattamente che i musei statali rappresentano l’1,6 % del Pil nazionale, ma semplicemente che su circa 120 milioni di turisti, 24 milioni, quindi un 20 % è determinato da arrivi per musei nazionali…”. Gli abbiamo contestato che il Ministro Dario Franceschini, pochi attimi prima, durante la conferenza stampa, aveva giustappunto sostenuto invece che proprio quella fosse la quota percentuale “musei su Pil” (e peraltro il Ministro ha rilanciato il dato con un post sulla sua pagina ufficiale su Twitter, alle 12:06, in diretta dalla conferenza), e Giuseppe Falco ci ha risposto con un simpatico silente sorriso… E le agenzie stampa oggi, a gogò, e verosimilmente domani la stampa quotidiana, sparano quel dato così “impressive”! Peraltro, nel report Bcg si legge a chiare lettere che la stima dell’“impatto complessivo generato dai musei statali” per il Paese corrisponde all’1,6 % del Pil (pag. 6, testuale). Come è calcolata questa stima, non è dato sapere (totale assenza di apparato metodologico).
Insomma… naturalmente, tutto va bene quel che porta acqua al mulino dell’importanza della cultura nella socio-economia nazionale, ma forse si dovrebbe essere più prudenti in queste numerologie: continuiamo peraltro a credere che non sia (e non debba essere) il fattore quantitativo-economico a determinare la sensibilità della “mano pubblica” nel sistema culturale, bensì quello dello sviluppo della coscienza – individuale e collettiva – e della integrazione civile e della coesione sociale.
Fuochi d’artificio numerologici e prudenza metodologica
Ci piace riportare anche quel che Bgc scrive nella nota finale al report presentato questa mattina: “Le analisi qui presentate si basano su informazioni pubbliche e dati forniti a Boston Consulting Group dagli Uffici centrali e periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Bcg non ha svolto attività di verifica indipendente sugli stessi. Modifiche ai dati sottostanti possono avere un impatto sulle analisi e le conclusioni del report”. Una elegante – come dire?! – “presa di distanza”. Boston ha messo in atto una discreta prudenza che invece lo stesso dicastero paradossalmente non sembra aver voluto praticare.
Approfondiamo, comunque, le “metodiche”: utilizzando come fonti “Istat e Banca d’Italia ed analisi di Bcg”, emergerebbe che su 123 milioni di “arrivi turistici totali” (intesi come turisti stranieri e italiani che effettuano almeno 1 pernottamento), un terzo è determinato da “vacanze culturali”, ovvero 42 milioni di “arrivi”. Fin qui, dati “grosso modo” noti (e non entriamo nel merito di perplessità anche su queste quantificazioni)… Boston Consulting Group, sulla base delle proprie elaborazioni, però, va oltre, e sostiene che, di questi 42 milioni di “turisti culturali”, ben 24 milioni (corrispondenti al 57 % del totale dei turisti culturali) è determinato dai “musei statali”. E qui ci fermiamo, perché, di fronte a pur stimolanti ipotesi di lavoro, queste stime meritano l’affidabilità che hanno: stime discretamente nasometriche. Se volessimo giocare con i “moltiplicatori”, ci troveremmo di fronte ad un incredibile fattore… 100 (cento!): se i musei statali studiati registrano incassi per complessivi 278 milioni di euro l’anno, l’economia che “girerebbe” intorno ai musei statali sarebbe nell’ordine di 27 miliardi!!! Rapporto di quasi 1 a 100.
Si dirà: “beh, almeno adesso disponiamo di dati, per quanto approssimativi”. D’accordo, meglio un flash che il buio totale, ma naturale – senza alcuna “vis polemica” – sorge il quesito: perché il Mibact, da molti anni, non ha più effettuato ricerche e ricognizioni approfondite sul proprio patrimonio museale, nemmeno rispetto all’identikit dei visitatori divisi per “stranieri” ed “italiani”?!
A pensarci bene, scavando nella memoria, il Direttore Generale dei Musei Antonio Lampis aveva in verità già “sparato” questa stima (uno-virgola-tre-per-cento-del-Pil) mesi fa, in occasione della presentazione dell’11° rapporto di ricerca dell’Associazione Civita, “Millennials e Cultura nell’era digitale” (ne abbiamo scritto su queste colonne, vedi “Cultura nell’era digitale, 6 giovani su 10 si fidano più del web e dei social che del passaparola”, su “Key4biz” del 5 aprile 2019), ma – confessiamo! – data l’enormità del dato (“1,3 % del Pil”, appunto) non l’avevamo nemmeno riportato, convinti che si fosse trattato di un… lapsus del Dg dei Musei Mibact! Così non era. La ricerca covava…
Boston Consulting sponsor della propria ricerca
In conferenza stampa, è stato precisato che la ricerca è stata realizzata da Boston Consulting Group “pro bono”, anche se ci sia consentito osservare che verosimilmente non si tratti esattamente di un atto di generoso mecenatismo da parte della multinazionale della consulenza. Ed in effetti, non è esattamente (come si direbbe a Roma)… “a gratis”. Studiando bene gli atti ministeriali, emerge infatti una determina del Dg Musei, in data 31 maggio 2018, nella quale si legge che il Mibact ha approvato “l’offerta di sponsorizzazione tecnica del valore di 200mila euro” da parte della società The Boston Consulting Group in favore delle Direzioni Generali Musei e Bilancio per “la valorizzazione del patrimonio culturale relativo ai musei statali”. Con quest’offerta, la Bcg si impegnava a mettere a disposizione per un anno un team specializzato, “per realizzare un’analisi delle performance dei musei statali, individuare nuove modalità di valorizzazione del patrimonio culturale e di nuovi modelli di gestione dei servizi museali”.
Dal canto suo, il ministero garantiva alla Boston Consulting “l’organizzazione, presso spazi del Ministero o altri luoghi concordati, di eventi congiunti dove presentare i risultati dello studio e/o confrontarsi sul tema dei musei e della valorizzazione del patrimonio culturale italiano (es. conferenze stampa), cui parteciperanno esponenti del Ministero e ospiti e/o relatori eventualmente indicati dalla Bcg”. Inoltre, la Direzione Musei si impegnava a permettere “l’associazione del logo, marchio e nome della Bcg nei formati di comunicazione cartacei e digitali per la campagna di promozione degli eventi”. Più precisamente, il 19 aprile 2018 il Mibact aveva reso di pubblico dominio che Bcg aveva presentato una proposta di sponsorizzazione, e si apriva quindi un termine di 30 giorni per consentire ad altri operatori economici interessati di presentare proposte alternative. Nessuna proposta è pervenuta nel termine previsto.
L’Ad di Bcg ci ha precisato che l’idea primigenia di questa ricerca risale a Dario Franceschini ministro (Governi Renzi e Letta), il successore Alberto Bonisoli l’ha ricevuta in eredità, ed ora i primi risultati emergono con Franceschini tornato a guidare il Mibact…
Ci auguriamo che il Ministero voglia quanto prima mettere a disposizione della collettività i risultati nel rapporto di ricerca nella sua interezza, dato che si tratta – senza dubbio – di un comunque apprezzabile tentativo di “fare luce” rispetto alla ancora piuttosto oscura “economia museale” del nostro Paese. Lo stato di autocoscienza del sistema museale italiano (sia pubblico sia privato) è terribilmente arretrato.
Sul “perché”, poi, soggetti istituzionali come il Mibact e come la Rai (che ha speso e continua a spendere per la consulenza per il controverso “piano industriale” ben oltre 1 milione di euro di budget affidato a Boston Consunting appunto… vedi “Rai. Oggi in cda il piano industriale 2019-2021, con l’assetto ‘content-centric’ e le nuove 9 direzioni”, su “Key4biz” del 6 marzo 2019) sentano l’esigenza di avvalersi di questi “giganti” della consulenza multinazionale, a fronte di apprezzabili strutture italiche che potrebbero fare altrettanto bene simili lavori, è questione altra (politica? strategica? globale?!), sulla quale sarebbe opportuno presto maturare una riflessione critica. Scrivevamo su queste colonne: “Naturale sorge il quesito: ma perché una azienda come Rai deve mettersi nelle mani di una multinazionale americana?! Il quesito è però forse retorico, perché ormai da molto tempo in Italia imprese pubbliche – da Cassa Depositi e Prestiti ad Alitalia – si affidano a questi “super-consulenti” stranieri, che spesso sono dei giganti dai piedi di argilla (per chi ha avuto chance di conoscerli dall’interno)”.
Il quesito si ripropone, “mutatisi mutandis”, in sede Mibact. Cui prodest?!
Clicca qui, per leggere la presentazione “Cultura: leva strategica per la crescita del Paese. Focus sull’impatto dei musei statali italiani”, ricerca Bcg per Mibact, presentata a Roma il 4 ottobre 2019.