Dai rottami di Brescia agli stracci di Prato, alla carta da macero di Lucca, l’Italia, povera di risorse, ha sempre praticato forme di uso efficienti, intelligenti e innovative della materia, partendo da concetti semplici, come riciclo e riuso, che oggi sono entrati a far parte del paradigma dell’economia circolare. Grazie a queste tradizioni virtuose e alla nostra capacità nazionale di ribaltare un limite in un’opportunità, siamo tra i Paesi più avanzati nella green economy e nell’economia circolare.
Le sfide ambientali che il surriscaldamento globale e i cambiamenti climatici ci stanno imponendo necessitano di misure specifiche per essere affrontate, ma nello stesso tempo possono rappresentare un’ulteriore occasione di crescita e sviluppo, proprio grazie all’economia circolare.
Tra i grandi Paesi europei, come certifica Eurostat, siamo quello con la quota maggiore di materia circolare (materia prima seconda) impiegata dal sistema produttivo: quasi un quinto del totale (18,5%), ben davanti alla Germania (10,7%) unico Paese più forte di noi nella manifattura.
Il nostro Paese, infatti, con 256,3 tonnellate per milione di euro prodotto, è il più efficiente tra i partner europei nel consumo di materia, subito dopo la Gran Bretagna, che impiega 223,4 tonnellate di materia per milione di euro e che ha però un’economia più legata alla finanza.
Come si legge nello studio “100 Italian circular economy stories”, promosso da Enel e Fondazione Symbola e presentato oggi a Roma dall’Amministratore Delegato e Direttore Generale di Enel, Francesco Starace, e dal Presidente di Symbola, Ermete Realacci, l’Italia ha migliorato la sua performance rispetto al 2008 dimezzando il consumo di materia, facendo molto meglio rispetto alla Germania che, oggi, impiega 423,6 tonnellate di materia per milione di euro.
L’economia circolare, ha affermato Starace, permette ai territori di lanciare e sviluppare “nuovi modelli di business che integrano innovazione e sostenibilità come scelta strategica di competitività”, ma lo studio presentato oggi ci consente di venire a conoscenza di un modello di riciclo e riuso che non riguarda solo le grandi imprese, ma anche le piccole e medie, comprese istituzioni, associazioni e cooperative, “che hanno avuto la capacità di anticipare i tempi e di adottare pratiche e processi industriali virtuosi”.
“Il recupero dei materiali ci fa risparmiare energia primaria per oltre 17 mln di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno, ed emissioni per circa 60 mln di tonnellate di CO2. E questo contribuisce a rendere più efficiente e competitiva la nostra economia”, ah invece spiegato Realacci.
Tornando ai dati Eurostat, l’Italia è seconda in Europa per riciclo industriale, con 48,5 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi avviati a recupero, ma dopo la Germania con 59,2 milioni di tonnellate e prima di Francia (29,9 t), Regno Unito (29,9 t) e Spagna (27t).
La maggiore efficienza che caratterizza questo tipo di economica si traduce per il nostro Paese in minori costi produttivi, minore dipendenza dall’estero per le risorse, maggiore competitività e innovazione, che intreccia anche le tecnologie dell’industria 4.0.