Nel nostro Paese più di 385 mila imprese investono il green economy e il 26,5% di esse è ‘full green’. Chi investe in tecnologie pulite lo fa con un tasso di innovazione che è doppio rispetto ai settori tradizionali (22,4% contro l’11,4%). Le imprese green, inoltre, esportano il doppio delle altre.
Sono alcuni dati contenuti nel nuovo documento dell’Unione europea sullo stato di attuazione delle politiche ambientali da parte dei singoli Stati membri (“The EU Environmental Implementation Review: Common challenges and how to combine efforts to deliver better results“).
La piena attuazione della legislazione ambientale dell’UE potrebbe farci risparmiare ogni anno 50 miliardi di euro di costi sanitari e costi diretti per l’ambiente. Secondo l’Eurobarometro, tre cittadini su quattro ritengono che il diritto dell’Unione sia necessario alla protezione dell’ambiente nel loro paese, e quattro su cinque concordano sul fatto che le istituzioni europee dovrebbero essere in grado di verificare che le norme siano applicate correttamente.
Per questi motivi e per l’urgenza delle criticità ambientali a livello europeo e globale (con focus sui cambiamenti climatici), la Commissione europea ha lanciato ieri un nuovo “strumento per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali”, finalizzato a migliorare l’attuazione sia della politica stesse, sia delle norme stabilite di comune accordo.
Si inaugura in tal modo una nuova procedura tramite cui Bruxelles, insieme agli Stati membri, affronterà più rapidamente alla radice le cause di eventuali mancanze a livello di singolo Paese, cercando di trovare soluzioni efficaci ai problemi.
L’Italia, stando a quanto evidenziato dal country report allegato al documento Ue, è caratterizzata da bassi livelli di investimento nella ricerca e nello sviluppo, con un’intensità di R&S pari all’1,29% (media UE: 2,03%), causata dalla scarsità di strumenti di finanziamento pubblico e di risorse umane altamente qualificate, nonché dall’esigua percentuale di attività manifatturiere ad alta tecnologia.
Andiamo male anche nell’ambito del ranking EU28 sull’ecoinnovazione e questo nonostante siamo passati dal 12° al 10° posto nel 2015.
Anche le nostre piccole e medie imprese (Pmi), che rappresentano la spina dorsale della capacità produttiva nazionale (e il 79,3% dei posti di lavoro del settore privato, un valore superiore alla media Ue che si attesta al 66,8%), devono affrontare la sfida dell’ecoinnovazione a livello internazionale. A riguardo, le Pmi italiane fanno registrare risultati al di sotto della media Ue in termini di prestazioni ambientali e questo sia per un esiguo livello di sostegno pubblico alla green economy, sia per un basso tasso di innovazione.
Circa il 41% delle piccole e medie imprese italiane ha investito fino al 5% del fatturato annuo in azioni di efficienza delle risorse (media europea 50%), il 15% offre attualmente prodotti e servizi verdi (media Ue 26%), il 37% ha adottato misure per il risparmio energetico (media Ue 59%), il 59% riduce al minimo i rifiuti (media Ue 60%), il 25% ha attuato misure a favore del risparmio idrico (media Ue 44%).
Agire a sostegno dell’efficienza delle risorse hanno consentito di ridurre i costi di produzione presso il 46% delle piccole e medie imprese italiane (media Ue 45%). La transizione verso un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse si tradurrà in nuovi posti di lavoro legati al riutilizzo, alla riparazione o al riciclaggio. In Italia, si potrebbero creare 117.000 nuovi posti di lavoro e si potrebbero garantire 327.000 posti di lavoro se le PMI in quattro settori (prodotti alimentari e bevande; energia, energia elettrica e pubblici servizi; tecnologie ambientali; edilizia) utilizzassero appieno il loro potenziale in termini di efficienza delle risorse.
I suggerimenti del documento Ue per migliorare rapidamente il nostro livello di crescita verde e sfruttare il pur alto potenziale imprenditoriale sono: integrare i principi dell’economia circolare ed efficiente sotto il profilo delle risorse all’interno del settore delle PMI; incentivare il mondo accademico e le scuole a promuovere l’innovazione dell’economia circolare; intensificare la transizione verso un’economia più circolare ed efficiente sotto il profilo delle risorse.