Annalisa Aceti è Direttrice Generale Marketing & Vendite di Rizzoli Education. Da anni gestisce reti commerciali e di recente ha pubblicato il libro “Vendite e marketing gentili” insieme a Franco Angeli. Andrea Boscaro, che per molti anni ha avuto un blog su Key4biz, ne ha raccolto qualche spunto.
Andrea Boscaro. Nel tuo libro “Vendite e marketing gentili” illustri la difficoltà, per le reti commerciali, a reperire nuove figure che vogliano cimentarsi e crescere nel mondo della vendita con il risultato che le reti stanno invecchiando. Come ti spieghi questo fenomeno e quali potrebbero essere dei rimedi?
Annalisa Aceti. Secondo uno studio dell’Università Bocconi, la prima cosa che viene in mente a ragazzi e ragazze quando si parla loro di reti commerciali è la vendita porta a porta. È un’immagine distorta: il lavoro commerciale si sta sempre più professionalizzando, dà valore a competenze tecniche e qualità umane, e offre opportunità economiche non comuni nel mercato italiano.
È necessario superare gli stereotipi sulla vendita. A partire da quello per cui sarebbe un’attività a somma zero: chi lavora in una rete commerciale coltiva vere e proprie relazioni di consulenza e costruisce valore insieme ai propri clienti.
Occorre valorizzare i punti di forza del lavoro commerciale, dunque; ma anche prestare attenzione al cambio di paradigma intorno a noi: non si risolve la crisi dei talenti solo con le provvigioni, ma integrando la libertà economica con la cura del benessere mentale e fisico, il rispetto degli equilibri di vita, il superamento di pratiche manipolatorie e testosteroniche di management. Un’ossessione maniacale per le performance, per esempio, non è garanzia di successo: un clima psicologico troppo competitivo deprime non solo l’umore di venditori e venditrici, ma anche i risultati di vendita, come documentato dai report della Sales Health Alliance.
Le persone sono le risorse più importante delle reti commerciali: è difficile reperire venditori e venditrici e, quando perdiamo un talento, il rischio è di ritrovarsi a estendere zona e portafoglio clienti ad agenti già presenti nella rete, aumentando il loro carico di lavoro e lo stress verso l’obiettivo. Il risultato è di spingerli a concentrarsi sui clienti rifugio, depotenziando la lead acquisition.
Reti di vendita più gentili, sia nell’organizzazione interna sia nel rapporto con i clienti, sapranno garantire migliori risultati e supereranno con slancio la crisi dei talenti.
Andrea Boscaro. Nel testo citi un dato preoccupante secondo il quale solo il 14% delle figure commerciali presenti nelle reti sono donne. Quale effetto produce, a tuo avviso, questa asimmetria nella qualità e nell’efficacia dell’azienda nei confronti del mercato?
Annalisa Aceti. Per cominciare, questa asimmetria pesa come piombo sulla cultura interna: le ragazze interessate a intraprendere questa carriera sono respinte dall’old boy network con il quale devono lavorare, e le venditrici devono faticare il doppio dei propri colleghi per ottenere gli stessi riconoscimenti. Il risultato sono crisi dei talenti e rischio di burnout.
Nelle vendite c’è bisogno di maggior consapevolezza di genere. Gli studi sugli stereotipi, sulle aspettative sociali, sulle discriminazioni – più o meno esplicite – sono rimasti inascoltati. Non solo il soffitto è di cristallo, ma anche gli ostacoli all’inizio della carriera sono altrettanto non visti e difficili da rompere.
Nella mia rete lavoriamo con un sistema di mentoring collettivo in cui le venditrici possono condividere le proprie storie e trovare insieme le risorse e le parole per reagire alle discriminazioni. A partire da quest’anno facciamo un passo ulteriore, organizzando confronti tra uomini e donne della rete per diffondere la consapevolezza delle diverse esperienze di vita e professionali.
Esperienze come quella di Women in Sales alla University of Cincinnati ci insegnano che esistono differenze di genere anche nell’approccio alle vendite. Le venditrici danno particolare valore alla costruzione di connessioni, all’individuazione di soluzioni condivise, alla collaborazione. Sono qualità e competenze cruciali, perché favoriscono relazioni di lunga durata con i clienti e portano a tassi di fidelizzazione più elevati e a una maggiore soddisfazione.
Non restano molti dubbi in merito: le ricerche confermano una relazione diretta tra inclusività aziendale e performance di business. Non possiamo far finta che il mondo non cambi: tra buyer aziendali e clienti ci sono persone sempre più diverse. Un team di vendita che rispecchia la loro diversità può comprenderne meglio le necessità e offrire soluzioni più mirate e personalizzate.
Andrea Boscaro. La tecnologia può rappresentare una frattura fra le generazioni, soprattutto nel momento in cui accelera i processi di cambiamento. Nel tuo testo suggerisci di intraprendere progetti di reverse mentoring. Di che cosa si tratta?
La trasmissione delle conoscenze in azienda è stata per troppo tempo verticistica e monodirezionale. Il reverse mentoring è uno strumento per mettere in circolo idee e approcci diversi. Nella domanda fai riferimento alla tecnologia: le persone più giovani nelle reti vendita possono aiutare quelle più senior a coltivare il rapporto con i clienti sui social, oppure a integrare l’intelligenza artificiale generativa nelle attività commerciali; allo stesso tempo, costruiscono una relazione che rende più facile e spontaneo lo scambio, e quindi la trasmissione da parte dei colleghi più esperti delle preziose competenze conquistate negli anni.
Il reverse mentoring, però, non si limita alla tecnologia: venditori e venditrici più giovani possono trasmettere all’intera rete commerciale il desiderio di crescita professionale e di formazione, e possono favorire un rapporto più fluido e meno rigido tra interessi personali e pratiche lavorative. In breve, il reverse mentoring insegna a imparare.
Andrea Boscaro. Nel rapporto fra Intelligenza Artificiale e vendita e nel ruolo che questa tecnologia possa rivestire per i professionisti, nonostante uno scenario ricco di luci, ma anche di ombre tu ti professi ottimista. Perché?
Perché l’esperienza nelle reti vendita insegna che la convergenza di intelligenza umana e tecnologia è un fattore chiave di sviluppo. L’enfasi sulla parola “intelligenza” in “intelligenza artificiale” è fuorviante: non ci sono singolarità tecnologiche all’orizzonte che possano minacciare la relazione tra venditori, venditrici e clienti.
L’AI generativa si inserisce invece nel funnel di vendita per avvicinarci ancora di più alle persone, consentendo all’agente commerciale di offrire loro i contenuti di cui hanno bisogno, quando preferiscono e nel modo che preferiscono. Possiamo raccogliere più informazioni sui buyer, personalizzare al meglio il sales nurturing e reagire tempestivamente a richieste di supporto.
Oltre a migliorare la relazione con il cliente, l’AI può migliorare la vita all’interno delle reti commerciali, liberando gli agenti da parte del lavoro amministrativo o di aggiornamento del CRM e offrendo opportunità per l’autoformazione e per un agent relationship management più efficace.
Occorre continuare a vigilare sulle implicazioni etiche dell’introduzione dell’AI, soprattutto in materia di trasparenza, e sul pericolo rappresentato dalla riproduzione degli stereotipi su cui i LLM sono allenati, ma penso che si debba essere ottimisti per una tecnologia che ci restituirà il tempo per concentrarci su ciò che fa davvero la differenza.