I gravi ritardi nel passaggio al nuovo standard del digitale terrestre DVB-T2 pesano sulle emittenti locali, che chiedono a gran voce uno switch off del vecchio standard che resiste in barba alle roadmap ufficiali sforate da mesi, per non dire anni. Ma mentre i broadcaster nazionali, Rai e Mediaset, non hanno alcuna fretta di passare al T2, nel timore che le nuove smart Tv necessarie per il T2 finiscano per favorire i grandi OTT (Netflix e Amazon Prime in primis), il nostro paese accumula un ritardo tecnologico pesante sul fronte broadcasting, a discapito dell’utenza e, come detto, delle Tv locali che non perdono occasione per chiedere finalmente il passaggio al nuovo digitale e una data certa di spegnimento del vecchio standard, che di fatto consenta una volta per tutte di superare l’ultimo miglio che ci separa dal T2. Ne abbiano parlato con Marco Rossignoli, storico coordinatore di Aeranti-Corallo, l’associazione di categoria che rappresenta le imprese radiotelevisive locali, satellitari e via internet.
Key4biz. A che punto siamo con il passaggio al nuovo standard del digitale terrestre DVB-T2? Quali sono le criticità che rallentano la transizione?
Marco Rossignoli. In base alle leggi del 2017, poi modificate successivamente, si è deciso di ridurre il numero delle frequenze disponibili per trasmettere a livello televisivo e quindi, per quanto riguarda le imprese televisive locali, è stata prevista una logica dell’operatore unico, con alcune modifiche. E’ stato previsto un operatore unico in ogni regione, con la Lombardia che ne ha due. E poi alcune regioni dove ci sono degli operatori di secondo livello, con reti più piccole che coprono soltanto alcune province. Tutto ciò ha poi trovato riscontro con il piano frequenze che è stato realizzato con la tecnica delle trasmissioni in DVB-T2 con compressione HEVC.
Key4biz. Cosa significa?
Marco Rossignoli. Significa che originariamente le televisioni locali trasmettevano in DVB-T con la compressione MPEG-2. E chiaramente, all’interno dei rispettivi MUX, che erano le vecchie frequenze analogiche delle televisioni locali che nello switch off del 2010 erano state convertite in digitale, ognuno aveva una sua rete e all’interno di questa rete diffondeva propri programmi, elaborati dalle emittenti, e poteva anche trasmettere contenuti di terzi. Invece, con questa nuova scelta normativa si è deciso di togliere tutte le frequenze alle televisioni locali (quelle DVB-T MPEG-2) e, a fronte di un indennizzo, di prevedere l’operatore unico con qualche variazione sul territorio.
Key4biz. Qual è la logica dell’operatore unico?
Marco Rossignoli. L’operatore unico è stato concepito perché potesse irradiare un numero di programmi elevato, in modo tale che non si penalizzava l’emittenza locale riducendole gli spazi, ma consentendo, grazie alle nuove tecniche di trasmissione, di poter trasmettere più programmi. Tant’è vero che il nuovo piano delle Frequenze, delibera Agcom 39/2019, prevede che trasmettendo in DVB-T2 se si trasmette in standard definition si possono irradiare addirittura fino a 40 programmi all’interno di un MUX. E se si trasmette in alta definizione (HD) si possono trasmettere fino a 15 programmi all’interno di un MUX. Poi ovviamente un MUX può essere anche in forma mista.
Key4biz. Quindi, sulla base del nuovo piano frequenze sono state fatte delle procedure.
Marco Rossignoli. Sì delle procedure, in base alle quali ai nuovi operatori di rete sono state assegnate delle frequenze. Quelle di primo livello sono state assegnate tutte o a Raiway o a EI Towers, in alcune regioni c’è l’una o l’altra. In Lombardia ne ha una EI Towers e una Raiway. L’unica rete di primo livello che non è riconducibile a EI Towers o Raiway si trova in Umbria e l’ha avuta una nostra associata, che è Umbria Televisione. Poi ci sono le reti di secondo livello, assegnate anche ad operatori indipendenti.
Key4biz. Passiamo ai fornitori di servizi media e audiovisivi.
Marco Rossignoli. Le gare sono state fatte nel 2020 e 2021.Sono state fatte le selezioni dei fornitori di servizi media e audiovisivi, che avevano diritto ad andare su queste reti. All’esito di queste procedure, il meccanismo prevedeva che le emittenti dovessero dire quanta capacità trasmissiva volevano sulle reti degli operatori di rete (Raiway e EI Towers ndr). La scelta avveniva secondo l’ordine di graduatoria FSMA. La scelta era possibile da un minimo di 1,5 Megabit a un massimo di 3 Megabit. Queste quantità di banda sono calcolate in DVB-T2 compressione HEVC, perché il sistema a regime è sempre stato previsto che fosse quello. Il passaggio è terminato nel 2022.
Key4biz. Quindi le procedure e le assegnazioni sono state pensate sulla base di quei parametri DVB-T2 in compressione HEVC.
Marco Rossignoli. Sì. Però, dopo, invece di trasmettere in DVB-T2 in compressione HEVC, si è continuato a trasmettere in DVB-T passando a trasmettere dalla compressione MPEG-2 alla compressione MPEG-4.
Key4biz. Questo quali conseguenze tecniche ha comportato?
Marco Rossignoli. Ha comportato sostanzialmente che chi ha scelto 3 Megabit di banda si è trovato ad avere in realtà grosso modo 1,5 Megabit di banda, considerato che la quantità varia da regione a regione. La quantità dipende dal riproporzionamento, che a sua volta dipende da quanta è la quantità complessiva di banda disponibile su quel MUX in base alla progettazione del MUX stesso, che è diverso da rete a rete in ogni area.
Key4biz. E poi?
Marco Rossignoli. Ci sono stati dei ritardi anche conseguenti al COVID. Ma oggi succede che chi ha scelto 1,5 Megabit, che in DVB-T2 compressione HEVC, è una quantità di banda importante, che permette di trasmettere un ottimo segnale, si trova invece a trasmettere, riproporzionato, con meno di 1 Megabit in MPEG-4, intorno allo 0,85 o 0,84 più o meno.
Key4biz. Cosa vuol dire?
Marco Rossignoli. Consideri che per trasmettere in MPEG-4 un segnale decente ci vuole almeno 1,2 Megabit di banda, ma c’è anche chi sostiene che ci vuole almeno 1,5 Megabit di banda per trasmettere adeguatamente in MPEG-4. Questo significa che oggi il mancato passaggio al T2 genera delle enormi problematiche sotto il profilo tecnico per l’emittenza locale, perché il segnale non è adeguato e perché comunque anche chi ha preso 3 Megabit in T2 si trova a trasmettere con 1,5 Megabit in MPEG-4, che potrebbe essere adeguato per trasmettere in MPEG-4 ma non garantisce l’alta qualità dell’alta definizione. Chi trasmette invece con 0,85 – 0,88 Megabit si trova a trasmettere in un modo tale che se si trasmette un’immagine fissa da studio – lo speaker che legge la notizia – si vede pure. Ma se si manda in onda un film di guerra o una partita di calcio, cioè delle immagini in movimento continuo, non si vede più niente. Soltanto squadrettamenti.
Key4biz. Quante emittenti hanno questo problema?
Marco Rossignoli. Tutte le emittenti hanno problemi, chi più e chi meno a seconda delle regioni, a seconda del riempimento dei diversi MUX. A questo si accompagna il problema dei costi, perché oggi in pratica le televisioni pagano la banda in T2 ma trasmettono in MPEG-4, con una qualità che non è adeguata.
Key4biz. Dal 28 agosto la RAI con alcuni canali secondari Rai Storia, Rai Scuola, Rai Radio 2 Visual avvia la sperimentazione del DVB T2. E’ sufficiente? C’è la volontà delle nazionali di passare al T2 o stanno facendo melina?
Marco Rossignoli. Fino adesso non c’è stata una volontà concreta di accelerare, perché se in una fase iniziale era ragionevole dire che nelle famiglie italiane c’erano ancora moltissimi televisori che non ricevevano il T2 (ce ne sono ancora 10 milioni circa ndr) oggi come oggi i dati delle nuove smart TV collegate a internet con decoder T2 a bordo sono in costante crescita. Oggi la base di televisori DVB T2 presenti nelle famiglie è gigantesca. E’ chiaro che chi ha 3, 4 o 5 televisori dentro casa magari ne ha uno o due in grado di ricevere in DVB T2 e gli altri no. Però è anche vero che lo switch off che c’è stato fra il 2011 e il 2012 era basato su date programmate con una roadmap e quando si faceva il passaggio dall’analogico al digitale chi non era dotato del decoder non vedeva più la televisione. E quel soggetto correva a comprare il decoder che costava qualche decina di euro.
Key4biz. Oggi però è necessario comprare un televisore nuovo con costi non secondari.
Marco Rossignoli. E’ vero, però sui prodotti medi i costi sono molto abbattuti rispetto al passato. Però, se si vuole installare soltanto un decoder che permette di ricevere in DVB -T2 HEVC stiamo parlando di costi abbastanza contenuti su cui potrebbero essere previsti anche contributi statali. Sono scelte politiche. E’ evidente che le nazionali non hanno la fretta che hanno le locali. Le nazionali hanno reti all’interno delle quali possono trasmettere in simulcast sia in T2 sia il programma in MPEG-4 in DVB-T. Cosa che invece le locali non possono fare perché non hanno quantità sufficiente di banda per farlo. Noi insistiamo perché si acceleri e lo diciamo da tempo. Il ritardo si è accumulato. Addirittura, secondo l’originario schema di contratto di servizio della RAI, il DVB-T2 avrebbe dovuto prendere vita all’inizio del 2024 con le prime trasmissioni.
Key4biz. Cosa pensa della tecnologia 5G Broadcast?
Marco Rossignoli. E’ una buona tecnologia, però se ci poniamo ancora il problema che mancano i ricevitori in T2, figuriamoci con i ricevitori 5G Broadcast. E’ ancora prematuro.
Key4biz. Cosa pensa di una possibile fusione fra Raiway e EI Towers?
Marco Rossignoli. Nel concreto, un po’ di concorrenza non fa mai male.
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