Il caso

Durov non trova il sostegno di Lavrov: “Troppo libertino nella gestione di Telegram” 

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Fermo restando il supporto per Durov in patria, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov esprime apprensione per un possibile uso politico della vicenda. Mentre il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov si dice perplesso sulla gestione della piattaforma da parte del Ceo.

C’è apprensione in Russia per quanto riguarda la vicenda di Pavel Durov, il fondatore e Ceo di Telegram arrestato il 24 agosto mentre scendeva dal suo jet privato all’aeroporto di Le Bourget, a Parigi. Poi rilasciato su cauzione di 5 milioni di euro, allo stato attuale non gli è consentito di lasciare la Francia e deve presentarsi alla polizia due volte ogni settimana.

Oggi più che mai, dunque, la domanda è d’obbligo: chi c’è dietro a Telegram? E per quale ragione il team ha dovuto lasciare la Russia e ora la sede è a Dubai? Interrogativi, ma anche perplessità. Come quelle espresse dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, preoccupato per un possibile uso politico della vicenda. Parole, le sue, a cui fanno eco – scrive The Register – quelle del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, secondo cui il Ceo di Telegram è stato “troppo libero” nella gestione della piattaforma di messaggistica globale.

La replica di Telegram e del governo russo

Da parte sua, Telegram aveva replicato a qualsivoglia accusa attraverso un post su X, ammettendo che il servizio di messaggistica istantanea e broadcasting rispetta le leggi dell’Ue, incluso il Digital Services Act, e che le sue pratiche di moderazione rispettano gli standard del settore.

A supporto di Durov, poi, è intervenuto pubblicamente il suo avvocato in Francia, David-Olivier Kaminski. Secondo il quale, riporta Reuters, “è del tutto assurdo pensare che la persona a capo di un social network possa essere coinvolto in atti criminali che non lo riguardano, direttamente o indirettamente”. Quindi il legale ha precisato che “Telegram rispetta pienamente le regole europee sul digitale”.

Dichiarazioni che hanno seguito quelle, ben più rilevanti, del presidente francese Emmanuel Macron, che nel 2018 ha chiesto a Durov di trasferire Telegram a Parigi e nel 2021gli ha concesso la cittadinanza. Come illustra Politico, Macron tiene a sottolineare che l’arresto di Durov non è stato “in alcun modo una decisione politica” e che l’indagine è stata stabilita dalle autorità giudiziarie, non dal governo.

Indagine aperta in Corea del Sud

Nel frattempo, puntualizza Reuters, anche la Corea del Sud ha deciso di lanciare un’indagine nei confronti di Telegram e del suo fondatore. La polizia coreana è particolarmente interessata alla condivisione illegale di deepfake a sfondo sessuale (problema assai diffuso nel Paese asiatico), crimini che Durov e Telegram non ha mai commesso in modo diretto, ma che avrebbero, secondo le accuse, agevolato, per esempio con una moderazione non così rigida.

Il capo dell’Ufficio investigativo della polizia sudcoreana, Woo Jong-soo, ha dichiarato che l’indagine è stata avviata in quanto “Telegram non ha replicato alle nostre precedenti richieste di informazioni sugli account in precedenti indagini su crimini” legati alla piattaforma.

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