l'intervento

#DRF16. Pitruzzella (Agcm): ‘Necessario equilibrio tra concentrazioni e concorrenza’

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Nell’ambito del controllo delle concentrazioni, occorre bilanciare tre aspetti: il potenziale impatto positivo sulla capacità di investire e di innovare; il potenziale impatto negativo sui “prezzi” ; il potenziale impatto negativo sull’innovazione.

Pubblichiamo di seguito l’intervento del presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, al Digital Regulation Forum, che si è tenuto a Londra il 20 e 21 aprile scorsi. Il Keynote speech del presidente dell’Antitrust ha aperto i lavori della seconda giornata del Forum.

La rivoluzione digitale sta trasformando l’economia ed è lecito chiedersi se debba trasformare anche la politica della concorrenza. In effetti, la “distruzione creativa” può incidere non solo sui mercati, ma anche sulle istituzioni.

Il controllo delle concentrazioni e la concorrenza statica e dinamica

Come è chiaramente affermato nel Regolamento sulle concentrazioni, l’innovazione e la concorrenza dinamica costituiscono elementi centrali nel controllo delle concentrazioni.

La ristrutturazione dei settori economici attraverso le concentrazioni può costituire un processo importante attraverso il quale le imprese migliorano la propria competitività e la propria capacità di investire.

Allo stesso tempo, avere imprese efficienti e competitive a livello globale ed elevati livelli di investimento costituiscono fattori chiave per sostenere la crescita economica.

Il controllo delle concentrazioni deve però assicurare anche che il processo di ristrutturazione non comporti danni alla concorrenza, che possono danneggiare la struttura competitiva di interi settori dell’economia europea.

La concorrenza non è un costo per l’economia dal momento che costituisce il driver fondamentale sia del benessere dei consumatori (attraverso prezzi bassi) che della competitività delle imprese (attraverso costi per gli input bassi). Ancora più rilevante, poi, è il fatto che la concorrenza costituisce il driver del processo dinamico che porta le imprese ad innovare e che, a sua volte, costituisce il motore fondamentale della crescita economica.

Identificare più concorrenza con prezzi più bassi e meno concorrenza con più innovazione sarebbe, dunque, un errore.

Tuttavia, ciò non significa che più concorrenza comporta sempre più innovazione. E’ vero, infatti, che in alcuni mercati già estremamente competitivi un aumento della concorrenza potrebbe ridurre la capacità delle imprese di estrarre un rendimento dai propri investimenti e, dunque, potrebbe ridurre l’innovazione.

Ciò che voglio dire è che l’innovazione è intimamente connessa all’ambizione di fare meglio dei propri concorrenti e al timore di fare peggio dei propri concorrenti più dinamici. In altre parole, gli incentivi ad innovare sono indubbiamente connessi alla concorrenza dinamica.

Pertanto, nell’ambito del controllo delle concentrazioni, occorre bilanciare tre aspetti: il potenziale impatto positivo che la concentrazione può avere sulla capacità delle imprese di investire e di innovare; il potenziale impatto negativo che la concentrazione può avere sui “prezzi” (la concorrenza statica); il potenziale impatto negativo che la concentrazione può avere sull’innovazione (la concorrenza dinamica).

E’ un compito complesso che, a mio avviso, deve essere affrontato sulla base di tre elementi principali: (i) la natura del settore; (ii) la nostra capacità analitica di prevedere lo sviluppo del settore; (iii) la nostra capacità decisionale di bilanciare i rischi dell’over-enforcement e i rischi dell’under-enforcement.

La natura del settore

La natura del settore economico nel quale si realizza una concentrazione costituisce il primo imprescindibile elemento che dovrebbe orientare la strategia di analisi concorrenziale. In termini molto chiari: un settore statico richiede un’analisi statica; un settore dinamico impone un’analisi dinamica.

Per fortuna, dopo la modernizzazione del 2004, il controllo delle concentrazioni in Europa si basa su un’analisi diretta delle relazioni e dei vincoli competitivi tra le imprese che operano in un mercato. Un’analisi che va ben oltre la semplice considerazione della struttura di mercato e guarda direttamente a: la “prossimità competitiva” delle imprese coinvolte nella concentrazione; se la concentrazione rimuove un’importante forza competitiva dal mercato; la capacità dell’impresa risultante dalla concentrazione di competere; nonché la prevedibile reazione dei concorrenti.

Sia le imprese che realizzano l’operazione di concentrazione sia i vari stakeholder dovrebbero ritenersi tutelati dalla profondità e accuratezza con la quale le Autorità di Concorrenza svolgono l’analisi dell’impatto di una concentrazione sulla concorrenza statica.

Certamente la vera sfida è utilizzare la flessibilità di questa “scatola degli attrezzi” per valutare non solo la concorrenza statica, ma anche quella dinamica. A tal fine, lo spostamento dell’attenzione dalla struttura di mercato ai vincoli competitivi aiuta: ad esempio, consente di superare la sterile discussione circa la relazione tra la struttura di mercato e l’innovazione concentrandosi sui più rilevanti concetti di rivalità e pressione competitiva. Elementi che sono particolarmente rilevanti per comprendere non solo la concorrenza statica, ma anche quella dinamica.

La nostra capacità analitica di prevedere lo sviluppo del settore

Queste considerazioni mi portano al secondo dei punti che vorrei trattare: la nostra capacità analitica di prevedere lo sviluppo dei settori dinamici.

Occorre prendere atto del fatto che valutare le dinamiche degli investimenti e dell’innovazione è generalmente molto più difficile che valutare la concorrenza in un mercato statico.

In effetti, il framework analitico per svolgere tali considerazioni dinamiche non è solido come quello utilizzato comunemente per le valutazioni “tradizionali” relative alla concorrenza statica.

Tuttavia ciò non ci esime – in quei mercati nei quali la concorrenza dinamica è chiave – dall’utilizzare le conoscenze economiche a nostra disposizione per valutare l’impatto che la concorrenza dinamica e le possibili sinergie derivanti dalla concentrazione possono avere sull’innovazione.

A tal fine occorre un’analisi che guardi in dettaglio alle specificità (anche tecnologiche) di ciascun mercato, che sia pronta a utilizzare e “ibridare” diverse teorie economiche, che non imponga necessariamente l’utilizzo di sofisticate analitici quantitative che sono difficilmente realizzabili in mercati dinamici, che si sviluppi su una forte case di ricerche empiriche e di studi ex post.

Ma occorre anche essere pronti a guardare ad un futuro che, per sua natura, non può apparire così nitido come il presente. Infatti, trattare innovazione e investimenti nei mercati dinamici comporta il “rischio” connesso alla necessità di realizzare delle “previsioni” relative ad un futuro incerto. Incertezza e complessità sono caratteristiche ontologiche dei contesti di mercato innovativi.

Ma questo non può costituire una ragione per ridurre il ruolo delle considerazioni dinamiche nell’ambito del controllo delle concentrazioni. Piuttosto, ciò è una ragione per sviluppare sempre più gli strumenti analitici adeguati a gestire incertezza e complessità e, al tempo stesso, per sviluppare la nostra capacità decisionale di in tali contesti.

La nostra capacità decisionale di bilanciare i rischi dell’over-enforcement e i rischi dell’under-enforcement

Al fine di gestire l’incertezza, occorre essere pronti a fronteggiare e bilanciare due rischi inevitabili: il rischio dell’over-enforcement e il rischio dell’under-enforcement.

Sono sicuro che ciascuno di noi abbia un posizione diversa su questo punto. Io ritengo personalmente che in un mercato realmente dinamico, dovremmo dare un peso di rilievo soprattutto al rischio di rallentare gli investimenti e l’innovazione.  Perché questi costituiscono i driver reali del benessere del consumatore e perché l’innovazione genera concorrenza così come la concorrenza genera innovazione.

Conclusioni

Non ritengo che sia necessario uno stravolgimento del controllo delle concentrazioni per adeguarlo all’era digitale. La politica della concorrenza, grazie alla sua flessibile “scatola degli attrezzi” economici, è per molti versi “a prova di futuro”.

Ma in un mondo altamente dinamico e incentrato sull’innovazione, la scatole degli attrezzi deve essere intelligentemente sviluppata se vogliamo dare una risposta alle domande fondamentali che emergono nei mercati innovativi.

E dobbiamo anche essere pronti ad accettare che, in fondo, quando si trova di fronte mercati dinamici, le autorità di concorrenza possono essere in qualche modo miope. Non perché non guardano (o non cogliono guardare) al futuro, ma perché quando lo fanno guardano ad un futuro che spesso è un quadro sfocato perché molto incerto.

Ritengo che la vera sfida per le Autorità di concorrenza nell’era digitale sia proprio gestire efficacemente questa “miopia” nei propri processi decisionali.

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