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Draghi parla in Spagna: “Ripensare ecosistema dell’innovazione UE, gap investimenti con USA a 270 miliardi di euro all’anno”

Draghi premiato in Spagna incalza l’Europa sulla strada dell’innovazione, della ricerca e della coesione politica

Necessario per il futuro dell’Unione europea tornare ad investire in innovazione e soprattutto nella transizione verso un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale: “Dobbiamo ripensare l’ambiente dell’innovazione in Europa. In termini di percentuale del Pil, le imprese europee spendono circa la metà di quelle statunitensi in ricerca e innovazione, determinando un gap di investimenti di circa 270 miliardi di euro all’anno” ha dichiarato Mario Draghi intervenendo al Monastero di San Jeronimo de Yuste, in Estremadura, dove ha ricevuto dal re Felipe VI di Spagna il “Premio Europeo Carlos V”.

Un’occasione per il nostro ex Premier e già ex Presidente della Banca Centrale europea, di lanciare un appello alle economie avanzate (magari al G7 in corso in Puglia), esortando gli stati dell’Unione ha tenere maggiormente in considerazione ricerca e innovazione, che devono essere “una priorità collettiva”.
Draghi ha suggerito anche la nascita di “un’agenda comune”, con risorse adeguate, incentrata sull’eccellenza delle università europee, l’innovazione avanzata (disruptive) e il sostegno alle startup.

L’obiettivo è quello di riorientare la nostra economia in un mondo meno stabile, in particolare sviluppando una capacità industriale di difesa e una politica commerciale all’altezza delle nostre esigenze geopolitiche, riducendo al contempo le dipendenze geopolitiche da Paesi su cui non possiamo più contare“, ha sottolineato Draghi, che è stato incaricato lo scorso anno da Ursula von der Leyen di stilare il Report sulla competitività dell’Unione europea.

Gli USA ci lasciano indietro, fondamentale ridurre prezzo dell’energia e investire in infrastrutture green

Nel suo intervento, dal titolo “Una strategia industriale per l’Europa”, Draghi ha voluto indicare due elementi chiave su cui tutti dovranno poi ragionare: il nostro ritardo sia verso gli Stati Uniti, sia verso la Cina, una situazione che, se non sanata, avrà conseguenze gravi sulla nostra economica, sulla capacità di innovare e competere, e certamente sui livelli occupazionali.

Circa il 70% dei modelli fondamentali di intelligenza artificiale vengono sviluppati negli Stati Uniti e solo tre società statunitensi rappresentano il 65% del mercato globale del cloud computing“. Per iniziare ad invertire la rotta e a consentire alle imprese e l’industria dell’Unione di recuperare questo svantaggio, come abbiamo visto, anche in termini di investimenti, per prima cosa bisogna ridurre il costo dell’energia.

Gli utenti industriali di energia in Europa si trovano attualmente ad affrontare un grave svantaggio competitivo rispetto ai loro omologhi statunitensi – tra l’altro, non solo nei confronti degli Stati Uniti – con prezzi dell’elettricità che sono 2-3 volte più alti“, ha precisato Draghi, secondo quanto riportato da RadioCor Sole24Ore.

In questo, un ruolo chiave lo sta giocando il ritardo nello sviluppo di infrastrutture moderne e diffuse per l’energia pulita. Il differenziale di prezzo che noi paghiamo in più, rispetto agli americani, “è dovuto principalmente al nostro ritardo nell’installazione di nuova capacità di energia pulita e alla mancanza di risorse naturali, ad investimenti infrastrutturali lenti e non ottimali, sia per le energie rinnovabili che per le reti. nonché al nostro limitato potere contrattuale collettivo, nonostante siamo il piu’ grande acquirente mondiale di gas naturale. Ma è anche causato da problemi fondamentali con il nostro mercato interno dell’energia“.

La guerra dei dazi tra USA e Cina avrà forte impatto sull’UE

Riferendosi alla Cina, invece, l’ex Premier ha detto: “La prima risposta europea al cambiamento delle regole del commercio mondiale dovrebbe essere quella di cercare di riparare il più possibile i danni all’ordine commerciale multilaterale, incoraggiando tutti i partner disposti a impegnarsi nuovamente per un commercio basato sulle regole. La seconda risposta dovrebbe essere quella di incoraggiare gli investimenti esteri diretti, in modo che i posti di lavoro nel settore manifatturiero rimangano in Europa“.

A Draghi non piace il protezionismo e i dazi, ma, ha precisato: “Anche le recenti decisioni degli Stati Uniti di imporre tariffe alla Cina hanno implicazioni per la nostra economia attraverso il riorientamento delle esportazioni. La sfida che dobbiamo affrontare e’ che, rispetto agli Stati Uniti, siamo piu’ vulnerabili sia all’inazione sul commercio che alle ritorsioni. Il settore manifatturiero europeo impiega un numero di persone due volte e mezzo superiore a quello degli Stati Uniti. Inoltre, piu’ di un terzo del nostro PIL manifatturiero viene assorbito al di fuori dell’UE, rispetto a circa un quinto degli Stati Uniti“.

L’uso di sussidi – ha avvertito l’ex premier — dovrebbe essere coerente con il principio di massimizzare la nostra crescita di produttività. Questo significa distinguere la vera innovazione e i miglioramenti di produttività dalla concorrenza sleale e dalla soppressione di domanda. E andrebbe fatto evitando di creare incentivi perversi che minino l’industria europea“.

Scenario geopolitico globale impone un altro approccio UE ai settori strategici (Difesa, Spazio, Minerali critici)

Lo scenario geopolitico globale, poi, non fa che peggiorare questo stato di cose, perché si sta trasformando molto rapidamente e i primi segnali, dall’Ucraina a Israele, passando per il Mar Rosso e Taiwan, ci devono indurre a cambiare approccio.

All’Europa serve un approccio diverso alla sua capacità industriale in settori strategici come la difesa, lo spazio, i minerali critici e parti di prodotti farmaceutici. Questa instabilità geopolitica di impone di ridurre la nostra dipendenza da quei Paesi di cui, per vari motivi, non ci fidiamo più”, ha sottolineato Draghi.

Poi, ha aggiunto sempre Draghi, servirà una autentica politica economica estera, “oggi chiamata arte governativa”, che favorisca e coordini “accordi commerciali preferenziali e investimenti diretti con nazioni ricche di risorse, la costituzione di scorte in aree critiche selezionate e la creazione di partnership industriali per mettere in sicurezza la catena di fornitura delle tecnologie chiave“.

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