Hanno un ruolo fondamentale nell’economia dell’audiovisivo… Svolgono una funzione essenziale nell’industria dell’immaginario… Il loro lavoro, che si caratterizza per una forte componente artistica, non è mai stato apprezzato al meglio, né dagli imprenditori del settore, né dalle società di distribuzione cinematografica, né dalle emittenti televisive, né dalle piattaforme digitali…
Dopo anni ed anni di filosofica sopportazione (rassegnazione?!) i doppiatori italiani sono insorti: ieri l’altro, è stata proclamata una settimana di sciopero della categoria.
Nel concetto “esteso” di “doppiatori”, si intendono ovviamente incluse anche altre figure professionali: i direttori, gli attori, gli assistenti, i dialoghisti-adattatori…
Lo sciopero è stato promosso dai tre principali sindacati Cgil + Uil + Cisl: dapprima con un comunicato diramato venerdì 17 e poi con la conferma dell’avvio delle iniziative di protesta da martedì 21 febbraio.
Microfoni spenti e sale di doppiaggio deserte per una settimana, quindi.
Questo il comunicato stampa dei sindacati: “nell’ambito delle iniziative sindacali preannunciate con comunicato del 17 febbraio 2023, si inserisce la necessità di un forte sostegno alle trattative per il rinnovo del Ccnl Doppiaggio”.
Denunciano assieme la Cgil – Sindacato Lavoratori Comunicazione, la Fistel Cisl – Federazione Informazione Spettacolo e Telecomunicazioni, la Uilcom – Uil Unione Italiana Lavoratori della Comunicazione: “dopo mesi di trattative inconcludenti e visti gli atteggiamenti dilatori della controparte: contro le mancate risposte per il rinnovo del Ccnl Doppiaggio fermo alle retribuzioni di 15 anni fa; contro cessioni di diritti vessatorie e pericolose; contro ritmi di produzione che non rispettano la qualità del lavoro e della vita, nel pieno rispetto del mandato assembleare”.
L’iniziativa ha registrato l’adesione delle associazioni di professionisti, dall’Anad (attori doppiatori) all’Aidac (Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi) e all’Aipad (assistenti del doppiaggio).
L’Anad ha dichiarato: “al giorno d’oggi è impensabile continuare a lavorare in condizioni contrattuali obsolete, con normative che non tengono conto di quanto e come il mercato dell’intrattenimento dell’audiovisivo è cambiato negli ultimi 10 anni, e senza tutela per quanto riguarda la cessione dei diritti, che mette quotidianamente a repentaglio l’intero settore, alimentando i rischi di un uso improprio dell’Intelligenza Artificiale”.
Oggi Aidac ha dichiarato: “dopo mesi di trattative inconcludenti e tenuto conto degli atteggiamenti dilatori della parte datoriale, l’intero settore entra in sciopero”. L’iniziativa identifica una serie di “contro”:contro le mancate risposte per il rinnovo del Ccnl Doppiaggio, fermo alle retribuzioni di 15 anni fa; contro i contratti di cessioni dei diritti d’autore e dei diritti connessi vessatori e improponibili, contro i ritmi di produzione che non rispettano la qualità del lavoro e la dignità degli addetti; per l’inserimento a pieno titolo nel Ccnl della figura professionale dell’audiodescrittore e nel pieno rispetto del mandato che l’Assemblea Generale del settore ha affidato ai Sindacati e alla Delegazione sindacale nel novembre dello scorso anno”. Conclude Aidac: “pertanto dialoghisti adattatori e audiodescrittori si astengono dal lavoro e non consegnano testi in corso di lavorazione né prendono in carico nuovi lavori per tutta la durata dello sciopero”.
Negli ultimi giorni, sono state organizzate tre assemblee, molto partecipate (oltre 400 professionisti) e domani mattina ce ne sarà un’altra al Centro Frentani di Roma.
Lo sciopero del doppiaggio è partito dal 2° turno di martedì 21 febbraio e si protrarrà fino a martedì prossimo 28 febbraio 2023.
Si tratta di un tema molto delicato, perché, al di là della sacrosanta tutela dei diritti della categoria, si pone anche come sintomatico di alcune delle conseguenze negative della tanto decantata “rivoluzione digitale”.
La crisi del settore – dal punto di vista dei lavoratori – è paradigmatica di come la digitalizzazione dei processi produttivi (e dei rapporti sociali!) possa determinare conseguenze nefaste, ovvero processi continui e striscianti di depauperizzazione (sia in termini economici sia in termini di qualità della vita, in questo specifico caso, del lavoro).
Si ha a che fare con la fase più acuta dell’evoluzione del capitalismo digitale: su questi temi, un testo di riferimento è rappresentato dal saggio curato da Sergio Bellucci, “AI-Work, La digitalizzazione del lavoro”, pubblicato qualche mese fa per i tipi di Jaca Book.
Per i doppiatori, specificamente, in effetti, il pericolo più terribile è rappresentato comunque, nel breve periodo, proprio dalle possibili applicazioni dell’Intelligenza Artificiale.
L’A.i. pericolo sempre più minaccioso per i doppiatori: Flawless, DeepDub, Altered, Amazon, Apple, Papercut, Digital Domain, ed ora anche ChatGpt
Già nel maggio del 2021, acquisì una discreta notorietà internazionale la “start-up” londinese Flawless, la quale anziché concentrarsi sulla voce, si specializzava nel lavorare sul movimento delle labbra per eliminare la differenza tra esso e le battute pronunciate in un’altra lingua (si tratta di una prassi a cui il pubblico europeo è abituato, mentre negli Usa gli spettatori fanno molta fatica a vedere una cosa in inglese con dei movimenti delle labbra degli attori fuori sincrono). Il software di Flawless acquisisce le nuove battute pronunciate in sala di registrazione dalle attrici e modifica la loro fisionomia adattando i movimenti della bocca alla fonetica dei nuovi dialoghi: il risultato è sorprendente. È poi emersa sullo scenario internazionale l’israeliana DeepDub, startup che puntava a trasporre in qualsiasi lingua la voce di un attore… Tra le società che stanno cavalcando l’onda, va segnalata anche Altered, al cui sistema informativo parrebbe contribuiscano alcune decine di doppiatori… Ma la stessa Amazon aveva allora già sviluppato una tecnologia per il doppiaggio, che sfruttava le potenzialità dell’“Artificial Intelligence”, automatizzando e eliminando l’ausilio di veri doppiatori, per la riproposizione in altre lingue di un film o di una serie…
Scrive Gianluca Arnone: “sempre in tema di manipolazione vocale-facciale, Papercup è una società capace di generare voci umane sintetiche da utilizzare in doppiaggio e voice-over. Qui l’applicazione è ancora più estrema: in teoria, si potrebbe fare a meno del sottotitolo e del doppiatore, perché il software mira a rendere uno stesso video disponibile in qualsiasi lingua. E che dire di Digital Domain, colosso degli effetti visivi, che da tempo si sta specializzando nell’apprendimento automatico delle immagini degli attori quando devono svolgere compiti che di norma richiederebbero una controfigura? Fino ai casi limite di attori già defunti “risuscitati” dall’AI applicata all’ingegneria del cinema (pensiamo ai casi di Peter Cushing e Carrie Fisher nei recenti sequel di Star Wars)”. Si rimanda alla lettura dell’accurato articolo, pubblicato su “Cinematografo” il 22 dicembre 2022 (“Come l’intelligenza artificiale sta cambiando il cinema”).
Su altro fronte, si segnala che ad inizio di quest’anno, senza particolari annunci, Apple ha introdotto un lungo elenco di audiolibri in inglese letti da voci generate dall’Intelligenza Artificiale: niente più doppiatori a leggere e recitare il libro, dunque, ma due voci artificiali che puntano a imitare quella umana. Secondo Apple, infatti, le voci digitali sarebbero estremamente naturali, anche perché i suoi due “narratori artificiali” sono stati “addestrati” studiando un narratore umano. Come per Siri, esiste la possibilità di scegliere fra una voce maschile (Jackson) e una voce femminile (Madison)…
Ed è entrato in scena nelle ultime settimane, prepotentemente (con notevole attenzione anche da parte dei media italiani) ChatGpt, il nuovo software di intelligenza artificiale di OpenAi, la società di San Francisco finanziata da Elon Musk e Peter Thiel. Lanciato il 30 novembre 2022, scaricabile gratuitamente e usato già da milioni di persone nel mondo, è il primo “bot di massa” dell’AI. Gli utilizzi sono infiniti: può fare diagnosi, rispondere ai grandi quesiti geopolitici, scrivere lettere, poesie, saggi, codici informativi, articoli giornalistici… Una nuova minaccia anche per il lavoro dei doppiatori…
La notizia dello sciopero non è stata recepita con la necessaria attenzione da parte dei media “mainstream”: stupisce che soltanto il quotidiano “Corriere della Sera” ed il sempre attento “Avvenire” l’abbiano segnalata, nelle edizioni cartacee delle testate, mentre “La Repubblica” soltanto nella versione digitale. Anche le agenzie stampa sono state molto disattente, soltanto un dispaccio, martedì pomeriggio, da parte dell’Agi e dell’Adnkronos, mentre Ansa si è dimostrata più sensibile. E naturalmente la specializzata AgCult.
Sicuramente, la vertenza non si risolverà positivamente nell’arco di pochi giorni, e quindi ci si augura che il tema venga affrontato dai media (e dalla politica) con l’attenzione che merita.
Doppiatori in Italia: un patrimonio artistico e professionale unico al mondo. Oltre 1.500 professionisti, oltre 100 milioni di euro l’anno di fatturato…
L’industria del doppiaggio in Italia rappresenta un patrimonio di professionalità unico al mondo.
Coinvolge almeno 1.500 professionisti, oltre 50 società specializzate, muove oltre 100 di milioni di euro l’anno, ma incredibilmente questa industria finora non è mai stata oggetto di adeguata attenzione, in termini di ricerca socio-economica: il caso in questione è sintomatico dei tanti deficit di conoscenza (veri e propri “buchi neri”) delle politiche culturali e delle economie mediali nel nostro Paese.
Chi cura per conto dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult) la rubrica “ilprincipenudo” ha dedicato molta attenzione a questo specifico settore: vedi “Key4biz” del 12 novembre 2019, “Sondaggio sui doppiatori italiani, ma manca la valutazione di impatto”, e prima ancora “Key4biz” del 29 gennaio 2019. “I doppiatori italiani in stato di agitazione a causa di Netflix e Amazon”.
Peraltro IsICult è l’autore del primo studio mai realizzato in Italia su questi temi: si tratta della ricerca, intitolata “L’industria del doppiaggio in Italia. Economico e semiotico nel sistema cinematografico-audiovisivo italiano. Lo scenario attuale, le prospettive e l’ipotesi internazionalizzazione”, che è in fase di aggiornamento, e verrà pubblicata in volume e presentata in un convegno di respiro internazionale. La ricerca è stata co-realizzata con Aidac ed è stata sostenuta dalla Siae – Società Italiana Autori e Editori.
A distanza di due o tre anni, le criticità che sono emerse fin da allora si sono acuite ed aggravate.
Le conseguenze nefaste della “disruption” digitale, cavalcata da Netflix ed Amazon… ma la crisi ha radici lontane nel tempo
L’economia complessiva del settore è stata modificata dall’entrata in scena di nuovi colossi come Netflix, i quali impongono – grazie alla “disruption” digitale – le proprie regole, risultato di logiche multinazionali improntate ai paradigmi della globalizzazione.
A fronte di un’economia in crisi, il singolo professionista si vede spesso costretto ad accettare regole imposte dalle novelle “major”, che fanno il bello e cattivo tempo, autocraticamente e senza trasparenza: dettano legge… in assenza di leggi adeguate a proteggere la parte debole, qual è quasi sempre “il lavoratore” (per quanto “creativo”).
Saltano – anche in questo caso – le “intermediazioni”, ovvero – nel caso in ispecie – i sindacati e le associazioni professionali: è quindi senza dubbio apprezzabile questa iniziativa di lotta e di protesta avviata in questi giorni.
Le responsabilità vengono rimpallate: le società di doppiaggio attribuiscono la riduzione dei compensi ai budget ridotti di emittenti televisive (Rai e Mediaset in primis) ed alle piattaforme (Netflix ed Amazon in primis); le emittenti televisive e le piattaforme accusano le società di doppiaggio di voler mantenere margini troppo elevati… Chi ne soffre le conseguenze sono i lavoratori.
Si tratta di processi le cui criticità hanno radici lontane nel tempo: scriveva Gabriella Gallozzi venti anni fa sulle colonne del defunto quotidiano “L’Unità”, in un articolo intitolato “L’inferno del doppiaggio nell’era del «libero mercato»” (pubblicato nell’edizione del 12 luglio 2003): “nessun tipo di contratto nazionale, ma semplici accordi biennali. Turni di lavoro furibondi in barba a qualsiasi rispetto della qualità. Tariffe ridotte sempre più all’osso per «vincere la concorrenza». E, ancora, un proliferare di piccole, piccolissime e medie società «fai da te» per abbattere i costi”.
In verità un primo contratto nazionale collettivo è stato stipulato nel 2004 – cofirmato allora tra le controparti Anica e la triade sindacale Cgil Uil Cisl e la triade professionale Aidac Anad Aipad – ma esso è stato applicato male, e non è mai stato oggetto di una rivisitazione alla luce delle dinamiche della rivoluzione digitale. Il contratto è stato poi rinnovato a fine gennaio 2008. Questo secondo contratto collettivo decorreva dal gennaio 2007 e prevedeva una durata quadriennale (per la parte normativa, mentre per la parte economica la durata prevista era biennale). La “regolazione” lavoristica del settore è poi andata avanti sulla base di accordi biennali tra committenti e società di doppiaggio. Alla scadenza dell’ultimo, nel dicembre 2012, è ripresa una faticosa trattativa, con l’obiettivo di arrivare ad un vero contratto nazionale. Dopo tre anni di attesa, i lavoratori del settore hanno promosso uno sciopero, dal 12 giugno al 7 luglio 2014, che ha costretto alcuni canali televisivi (da Mediaset Premium a Fox Italia) a ritardare la messa in onda o comunque a trasmettere fiction sottotitolata… Nel dicembre 2016, le segreterie nazionali dei 3 sindacati denunciavano che il “tavolo delle trattative” che avrebbe dovuto portare alla firma di un accordo era saltato, ma a fine febbraio 2017, veniva stato finalmente stipulato un “accordo-ponte” tra la parte “datoriale” e la parte “sindacale”, nelle more della definizione di un nuovo contratto collettivo nazionale…
Si sono succeduti poi altri “accordi-ponte”, ma la problematica non è mai stata affrontata di petto e seriamente.
L’insofferenza è quindi andata sedimentandosi ed è stato raggiunto il punto di rottura: quindi la decisione di uno sciopero di una settimana.
Sciopero dei doppiatori: lo Stato assente…
E lo Stato resta a guardare: anni fa, l’allora Ministro Dario Franceschini (Partito Democratico) sembrò appassionarsi alle problematiche del settore e prospettò un “tavolo” ministeriale, che non ha poi più visto la luce, ma magari il successore Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) mostrerà maggiore sensibilità…
Da segnalare che sullo sciopero dei doppiatori italiani non si è ancora pronunciato nessun parlamentare (né di destra né di sinistra né di centro): incredibile, ma vero. Eppure le Commissioni Cultura di Camera e Senato dovrebbero attivarsi tempestivamente. Attendiamo iniziative da parte dei due Presidenti: Federico Mollicone (FdI) a Montecitorio e Roberto Marti (Lega Salvini) a Palazzo Madama.
Torneremo su questo tema nei prossimi giorni…
Intanto si invitano tutti coloro che sono interessati all’argomento (e più in generale alle politiche culturali e alle economie mediali) a partecipare all’assemblea di domani mattina a Roma al Centro Congresso Frentani (in via dei Frentani 4)…
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”