Dopo i dipendenti, è fuga della pubblicità da Facebook.
The North Face e Patagonia, due colossi statunitensi di abbigliamento, hanno aderito alla campagna Stop Hate For Profits: non spenderanno più soldi nei servizi di inserzione pubblicitaria di Facebook e Instagram, per tutto il mese di luglio.
La fuga è legata al protrarsi delle polemiche per la decisione del fondatore del social network Mark Zuckerberg di non rimuovere o segnalare alcuni tweet controversi di Donald Trump.
“Per troppo tempo, Facebook non è riuscito a prendere misure sufficienti per fermare la diffusione di odio e propaganda razzista sulla sua piattaforma“, ha scritto l’azienda su Twitter.
Patagonia is proud to join the Stop Hate for Profit campaign. We will pull all ads on Facebook and Instagram, effective immediately, through at least the end of July, pending meaningful action from the social media giant.
— Patagonia (@patagonia) June 21, 2020
La prima azienda ad annunciare il boicottaggio della pubblicità è stata REI, azienda sportiva statunitense, che ha sottolineato l’importanza di “mettere sempre le persone al di sopra dei profitti“.
For 82 years, we have put people over profits. We're pulling all Facebook/Instagram advertising for the month of July. #StopHateForProfit
— REI (@REI) June 19, 2020
Learn more: https://t.co/XCQSnUO8XJ https://t.co/Jp1GaKdCUN
La lista delle società che hanno deciso di boicottare il social di Mark Zuckerberg si allunga con il passare dei giorni, tanto che la stessa Facebook ha ammesso l’esistenza di un “deficit di fiducia“.
La campagna Stop Hate for Profits
Il gesto – simbolico, ma che potrebbe avere effetti non indifferenti sulle finanze di casa Zuckerberg – fa parte della campagna Stop Hate For Profits, lanciata da gruppi no profit e associazioni che da anni si occupano in America di diritti civili e uguaglianza per chiedere alle big digitali più impegno e più responsabilità contro hate speech e contenuti razzisti che circolano liberamente sulle piattaforme.
La CNN riferisce che la VP Corp, proprietaria di North Face, sta valutando se far aderire al boicottaggio altre aziende del gruppo, che possiede anche Timberland e Vans. Un duro colpo per Facebook, in quanto significherebbe per Zuckerberg rinunciare agli investimenti pubblicitari di milioni di dollari.
Non sono solo brand di abbigliamento sportivo, comunque, ad aver già aderito alla campagna contro linguaggio dell’odio, disinformazione e contenuti razzisti su Facebook, ma in segno di protesta anche Mozilla e la piattaforma per freelance UpWork per esempio hanno temporaneamente smesso di fare pubblicità sulla piattaforma.
Il caos di Facebook dopo il caso Trump
Facebook è stato pesantemente criticato, anche dai suoi stessi dipendenti, dopo la decisione del suo CEO di non rimuovere alcuni post del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulle proteste contro il razzismo dopo l’uccisione di George Floyd.
Gli stessi contenuti su Twitter erano stati invece segnalati come inappropriati e pericolosi.
Il caso Chef Rubio in Italia
In Italia Chef Rubio, all’anagrafe Gabriele Rubini, noto chef e personaggio televisivo che da anni conduce diverse trasmissioni di successo nell’ambito del food, ha deciso di cancellarsi da tutti i social di proprietà di Mark Zuckerberg; Instagram Facebook e WhatsApp. Il motivo? Lo shadow-Ban, un silenziamento discrezionale che mette in una zona d’ombra chi pubblica contenuti ritenuti sensibili, che contravvengono i termini d’uso.
Rubini, che da tempo porta avanti battaglie politiche in particolare a favore del popolo palestinese, denuncia come i suoi account siano sottoposti “a una censura”.
“Lo shadowban è una censura inaccettabile che viola l’art.21 della nostra Costituzione e l’art.10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo“, ha dichiarato Rubini. “Nel mio caso, lo shadow-ban ha riguardato principalmente i post anti-sionisti e contro l’occupazione della Palestina e per questo cancello tutti i miei account di proprietà di Mark Zuckerberg“, lanciando gli hashtag #boycottInstagram #boycottfacebook #boycoytwhatsapp #boycottzuckerberg.