Quando leggiamo l’indirizzo di un sito web, la sigla alfanumerica oltre l’ultimo punto è definita dominio di primo livello (top level domain, o Tld). Si tratta di quei domini .it, .uk. .fr o più semplicemente .com, .net, .org, che ci consentono di identificare uno specifico territorio o uno specifico tipo di attività.
Il dominio di primo livello .eu è uno dei più usati al mondo, per l’esattezza è all’ottavo posto della classifica globale, con 3.684.750 registrazioni nel 2018.
Un dato quest’ultimo, secondo l’ultimo Report EURid, in lieve discesa rispetto al 2017, con una perdita di 130 mila registrazioni in un anno (-3,4%) di domini di primo livello .eu, ma contemporaneamente un aumento di circa 70 mila nomi a dominio conformi al Domain Name System Security Extensions e DNSSEC (da 443.600 a 513.324).
Una flessione che al momento non desta particolare preoccupazione, magari legata al processo Brexit in corso, o al fondamentale lavoro di EURid per realizzare uno spazio online per i domini .eu sicuro e affidabile, che ad oggi ha portato alla soppressione di oltre 35.000 nomi a dominio nella seconda metà del 2018.
La proprietà del dominio .eu, si legge in una nota della Commissione europea, era finora legata esclusivamente alla residenza nei paesi dell’Unione europea (Ue). Adesso, con l’accordo sul nuovo regolamento del dicembre 2018, sarà garantita una “maggiore flessibilità giuridica”, finalizzata a rendere più semplice ed efficace l’adattamento del dominio .eu ai rapidi cambiamenti del mercato, e allo stesso tempo “sarà modernizzata la struttura di governance”.
A tal fine, spiegano da Bruxelles, sarà istituito un nuovo organismo: “che riunirà le parti interessate provenienti da contesti diversi per fornire consulenza alla Commissione riguardo all’attuazione delle nuove norme e alla gestione del nome di dominio”.
Misure “che consentiranno al dominio di primo livello .eu di stare al passo con la crescita del mercato unico digitale e permetteranno lo sviluppo di servizi innovativi, destinati in particolare ai cittadini e alle imprese dell’Ue”.
Scopo delle nuove norme è semplificare i criteri di ammissibilità per la registrazione del dominio .eu, in modo che possa essere accessibile per quanti più cittadini, organizzazioni e aziende possibili, e, in particolar modo, per i giovani, le piccole e medie imprese e le ONG.
Per quanto riguarda i principi di affidabilità, qualità e sicurezza, se un dominio dovesse rispondere a fini diffamatori, razzisti o contrari alla politica e sicurezza pubbliche, verrebbe immediatamente bloccato.
Nei giorni scorsi, infine, il progetto pilota “i-Portunus”, finanziato dalla Commissione europea, sfruttando le nuove regole sopra descritte, ha lanciato i primi tre inviti a presentare proposte che permetteranno agli artisti di lavorare in un altro paese dell’Unione per un periodo compreso tra i 15 e gli 85 giorni.
In Europa, l’Italia è al quarto posto per domini .eu attivati (267.465), al primo posto c’è la Germania (983.640), seguita da Olanda (474.697) e Francia (330.323).
Tre i domini di livello disponibili, dopo il primo (utilizzato per identificare uno specifico territorio o uno specifico tipo di attività), c’è un secondo livello (che di solito identifica il soggetto, il prodotto, il brand, l’azienda o il servizio promosso dal dominio) ed un terzo livello (che identifica una specifica parte o sezione del dominio stesso).