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Dl Sostegni bis, nel testo proroga al 30 settembre per lo smart working nel settore privato

bando

Sarà esaminata tra domani e giovedì dal Consiglio dei ministri, ma la bozza del decreto legge Sostegni bis dovrebbe prevedere anche per i privati la proroga dello smart working o lavoro da remoto fino al 30 settembre 2021.

La proroga per lo smart working nei privati

Dopo l’esclusione dal testo del decreto proroghe, dove invece ha trovato posto il superamento del limite del 50% delle presenze per il lavoro online nella Pubblica Amministrazione, la norma dovrebbe essere approvata al massimo entro il fine settimana.

Un provvedimento rilevante per il mondo del lavoro in Italia, anche considerando che la stragrande maggioranza delle imprese sembra intenzionata a mantenere attiva questa modalità di impiego da remoto, magari con qualche variazione rispetto all’anno passato.

Maggioranza imprese manterrà il lavoro da remoto

Secondo uno studio realizzato da Fondirigenti, dal titolo “Quick survey smart working 2.0”, effettuato intervistando 14.000 aziende, il 54% delle imprese manterrà lo smart working, cambiando però il modello di lavoro settimanale: metà circa in presenza e metà da remoto, soprattutto per mantenere vivi i rapporti umani e professionali interni, fondamentali per alcuni impegni particolarmente delicati.

L’indagine si attende che resteranno in smart working tra i 3 e i 5 milioni di lavoratori in Italia.

Saranno le cooperative (l’86% delle stesse) ad usarlo di più, seguite da enti no profit (85%) e dalle aziende di beni e servizi (58%).

Questa modalità sarà più diffusa nel settore dei servizi, meno in quello manifatturiero, che se da una parte è considerato spesso come settore essenziale e quindi escluso da misure restrittive, dall’altra richiede lavoro in presenza nella maggioranza dei casi.

A livello geografico, infine, il Centro Italia è l’area territoriale caratterizzata dal maggior numero di lavoratori coinvolti dallo smart working (attualmente il 54,8%, ma durante il primo lockdown erano arrivati al 67,1%) al secondo posto il Nord (47,2 % dei lavoratori) e infine il Sud, che al momento si assesta al 43,1%.

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