Al momento sembra scomparso dalla bozza del decreto Rilancio l’intero capitolo dedicato alla mobilità sostenibile. Sembrerebbe quindi che non ci saranno più bike lane, niente più linee di arresto protette agli incroci (casa avanzata) e i mobility manager di enti e aziende resteranno figure ininfluenti.
L’appello alla mobilità pulita
Probabilmente sarà confermato il bonus per l’acquisto di biciclette e monopattini, ma senza una reale volontà di dare nuove regole per la mobilità urbana, anche a livello di codice della strada, che proteggano maggiormente e favoriscano chi sceglie di non inquinare (dai pedoni a chi va in bicicletta o con il monopattino).
Una scelta che, se confermata, sarebbe una in totale controtendenza rispetto a quanto accade in Europa, dove invece i provvedimenti di smart mobility non solo vanno avanti, ma si fanno sempre più coraggiosi in termini di mobilità alternativa e sostenibile.
“Le principali Città Metropolitane, che maggiormente hanno sofferto per l’epidemia e stanno affrontando la crisi del trasporto pubblico (Roma, Torino, Milano, Bologna, Napoli), stanno procedendo speditamente – anche sulla base delle promesse del Governo – alla costruzione della rete ciclabile d’emergenza, si trovano sole di fronte all’emergenza ad affrontare il clamoroso voltafaccia del Governo in tema mobilità”, si legge in un appello delle associazioni ambientaliste e di cicloattivisti al Governo.
CO2 sempre in crescita
Nelle scorse settimane, nel pieno della crisi pandemica globale, tra la fine di marzo e i primi di aprile 2020, i media hanno rilanciato i dati più che positivi sulle emissioni di diossido di carbonio (CO2), che sembrava in netta diminuzione.
I blocchi della produzione industriale e dei trasporti, in primis, hanno fatto crollare in pochi giorni i livelli di emissioni giornaliere sia in Asia, sia in Europa e negli Stati Uniti. Il problema è che questo andamento non è diventato un trend.
Dall’Osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii arrivano purtroppo dati sconfortanti sull’andamento della CO2 in atmosfera. A maggio 2020 si sono già toccati picchi elevatissimi superiori alle 418 parti per milione (ppm) di CO2.
Solo per fare un confronto con l’anno passato, durante il mese di maggio 2019, anche nei picchi più elevati, non si sono mai superate le 416 ppm. Da quanto è iniziato, maggio 2020 si è tenuto sempre abbondantemente sopra le 416 ppm, con picchi orari di 419 ppm.
Covid-19 e inquinamento
L’inquinamento è un tema che dovrebbe sempre preoccuparci. La stessa ipotesi di un rapporto tra Covid-19 ed emissioni inquinanti fin dall’inizio aveva insospettito molti studiosi. Sembrava un azzardo, ma le prime rilevazioni scientifiche hanno invece trovato timide conferme.
Anche solo seguendo l’andamento territoriale dell’epidemia è evidente, ad una prima occhiata, la sovrapposizione delle aree dei contagi con quelle più inquinante al mondo.
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) con il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) hanno avviato uno studio epidemiologico a livello nazionale per valutare se e in che misura i livelli di inquinamento atmosferico siano associati agli effetti sanitari dell’epidemia.
A seguito della pandemia, sta infatti emergendo la necessità di studiare le possibili connessioni tra esposizione a PM ed epidemia di COVID-19. Questo studio epidemiologico segue l’avvio dell’altra iniziativa “PULVIRUS”, promossa da ENEA, ISS e ISPRA-SNPA, che valuterà le conseguenze del lockdown sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra e le interazioni fra polveri sottili e virus.