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Disastro Open Fiber, nel mese di ottobre ennesima brusca frenata

I numeri ufficiali della debacle del Piano industriale di Open Fiber

Il mese di ottobre scorso per Open Fiber si è rivelato addirittura peggiore rispetto al precedente mese di settembre. È quanto si desume dagli inconfutabili dati del MiSE (oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy) pubblicati lo scorso venerdì sul sito.

La tanto sbandierata accelerazione dichiarata ai quattro venti dell’azienda guidata dall’AD Mario Rossetti non c’è stata, anzi la situazione è, se possibile, ulteriormente peggiorata. 

I dati dimostrano che la costruzione della rete ha subito nuovi rallentamenti e nel mese di ottobre scorso sono state realizzate soltanto 50.520 Unità Immobiliari (UI) in FTTH con il servizio formalmente “attivabile”, contro le 54.165 del precedente mese di settembre.

Si tratta di una ulteriore riduzione di circa il 10% della produttività, che porta il totale delle Unità Immobiliari con servizio attivabile alla fine di ottobre a sole 2.088.156, ma ricordiamo che nel piano industriale di Open Fiber l’AD Mario Rossetti ha previsto di raggiungere i 3,6 milioni di Unità Immobiliari entro la fine dell’anno.

Fondi pubblici a rischio

È ormai evidente a tutti che oggi l’obiettivo è semplicemente impossibile da raggiungere, nonostante i continui proclami.

Lo stiamo dicendo ripetutamente da queste pagine dallo scorso mese di giugno e sembra che siamo gli unici ad avere una chiara visione del fallimento della gestione da parte di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) di Open Fiber.

Esortiamo quindi, ancora una volta, chiunque abbia il potere di indirizzo e di controllo ad intervenire celermente a salvaguardia dei Fondi regionali, europei e del PNRR ormai compromessi.

Del resto, se è impossibile l’obiettivo di fine anno, figuriamoci quello previsto dalla Concessione sottoscritta da Open Fiber con Infratel. Open Fiber deve infatti rendere il servizio in fibra attivabile in 6.411.150 Unità Immobiliari entro il mese di giugno del 2023.

Ma la rete esiste?

Ancora più drammatica è la situazione se guardiamo ai servizi “effettivamente attivati”. In Sardegna, ad esempio, delle 3 richieste di attivazione di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, dopo ormai 7 mesi nessuna è ancora funzionante.

Ci viene da chiederci che qualità di servizio sia mai questa.

E ci sorge spontanea una domanda: “Ma la rete è stata effettivamente realizzata?” Ci chiediamo questo perché, nel frattempo, sono già state contabilizzate, nella fattispecie, spese per 12.016.897 di euro di denaro pubblico.

E se la Sardegna piange, Puglia, Calabria, Liguria certamente non ridono.

Ma ci sarà qualcuno che controlla quanto non viene fatto?

Viene allora da chiedersi: “Ma come è stata costruita da Open Fiber la rete di proprietà pubblica?” “Qualcuno ha controllato?” 

I consiglieri di Cassa Depositi e Prestiti (CDP) in Open Fiber, Alessandro Tonetti e Roberta Battaglia stanno chiedendo conto di questi imbarazzanti risultati? 

Viene anche voglia di chiedersi, per l’ennesima volta, cosa faccia Barbara Marinali, Presidente di Open Fiber, la quale dovrebbe (almeno lei) occuparsene, facendo le dovute verifiche interne. Nulla, tant’è che nessuno ha ancora capito bene cosa stia facendo.

È evidente che gli operatori che vogliono usare la rete pubblica gestita da Open Fiber, con questo scarso livello di servizio non hanno nessuna intenzione di spingere commercialmente perché vedrebbero, per colpa di Open Fiber, compromessa la reputazione del proprio brand, con l’aggravante di ordini che non arrivano e di una rete che resta tristemente vuota.

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