Gli Usa e le altre grandi potenze si oppongono al tentativo dell’Onu di bandire le armi nucleari
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina hanno contestato ieri l’avvio dei lavori delle Nazioni Unite che dovrebbero culminare in un divieto vincolante all’impiego delle armi atomiche. Le maggiori potenze nucleari hanno disertato la sessione di apertura dell’Assemblea generale tesa a discutere l’iniziativa per il disarmo; la Russia aveva votato contro l’iniziativa lo scorso autunno, mentre la Cina si era astenuta. La proposta, sostenuta dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, da papa Francesco e da una dozzina di organizzazioni umanitarie e per la non proliferazione, ha posto le grandi potenze atomiche contro piu’ di un centinaio di Stati non-nucleari, che chiedono di giungere a un trattato entro la fine dell’anno. “Come madre e come figlia, non c’e’ nulla che io desideri di piu’ per la mia famiglia di un mondo libero dalle armi nucleari”, ha dichiarato ieri l’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, Nikki Haley, “ma dobbiamo essere realistici. Qualcuno pensa davvero che la Corea del Nord acconsentirebbe?”. L’ambasciatore Usa e i rappresentanti di Francia e Regno Unito hanno tenuto una conferenza stampa in contemporanea con la seduta dell’Assemblea generale. “Dovrebbe forse sorprenderci il fatto che l’Iran sostenga questa iniziativa? Certo che no”, ha aggiunto Haley. L’iniziativa dell’Onu, ricorda la “Washington Post”, era stata osteggiata anche dalla precedente amministrazione presidenziale Usa, che pure si era data come obiettivo il progressivo disarmo nucleare. L’amministrazione del presidente Usa Trump e’ impegnata in una revisione della politica nucleare statunitense che stando alla Casa Bianca richiedera’ almeno un anno.
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Regno Unito, May non prende impegni con Sturgeon sui poteri della Scozia
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – La premier del Regno Unito, Theresa May, riferisce il “Financial Times”, e la prima ministra della Scozia, Nicola Sturgeon, incontratesi ieri a Glasgow, sono rimaste sulle loro posizioni riguardo alla Brexit e all’indipendenza scozzese. E’ stato il primo incontro dalla richiesta da parte di Edimburgo di un secondo referendum sulla secessione, entro la primavera del 2019, respinta da Londra, intenzionata a rinviare il voto il piu’ a lungo possibile, messaggio ribadito da May durante la sua visita. Il parlamento della nazione costitutiva dovrebbe votare oggi per dare all’esecutivo l’autorita’ di indire una nuova consultazione popolare. Sturgeon ha dichiarato che il colloquio e’ stato cordiale, ma di non aver ricevuto offerte di nuovi poteri per la Scozia dopo l’uscita dall’Unione Europea. Ha insistito sull’opportunita’ che si voti poco prima o subito dopo l’uscita dall’Ue affinche’ gli scozzesi possano decidere se rimanere nella Gran Bretagna della Brexit o diventare uno Stato indipendente. A questo proposito, Sturgeon ha reso noto che May “ha detto molto chiaramente di volere che le condizioni della Brexit, incluse quelle del futuro accordo commerciale tra il Regno Unito e l’Ue, siano chiare prima che il Regno Unito lasci l’Ue”; pertanto, ha concluso la leader scozzese, “e’ molto difficile per la premier mantenere un’opposizione razionale a un referendum nei tempi da me indicati”.
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Regno Unito, Davis ammette che i livelli dell’immigrazione potrebbero anche salire dopo la Brexit
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – Il segretario del Regno Unito per l’Uscita dall’Unione Europea, David Davis, intervistato da una trasmissione televisiva della Bbc, ripresa dal quotidiano britannico “The Guardian”, ha dichiarato che non necessariamente il livello dell’immigrazione, tema centrale nel dibattito politico sull’Ue, scendera’ significativamente dopo la Brexit, anzi “di tanto in tanto” potrebbe anche aumentare in base alle necessita’. Il ministro ha sottolineato che la cosa importante e’ che la questione sia riportata “sotto il controllo del governo e del parlamento del Regno Unito” e ha affermato che la gente non e’ contraria all’immigrazione, ma che il fenomeno deve essere gestito. Davis ha spiegato che spettera’ al ministero dell’Interno decidere sui flussi in base all’interesse nazionale: cio’ vuol dire che a volte serviranno piu’ immigrati, a volte meno. Ha aggiunto che questo controllo, alla fine, sara’ nell’interesse di tutti, migranti e cittadini comunitari. Non e’ entrato nei dettagli sulle quote, parlando solo di quote “sostenibili”, ma ha assicurato che prima o poi si arrivera’ all’obiettivo conservatore di un saldo migratorio annuo al di sotto di centomila: “Penso che ci arriveremo, ma la semplice verita’ e’ che dobbiamo gestire le cose adeguatamente. Ci sono industrie che dipendono dai migranti, c’e’ il welfare, c’e’ il servizio sanitario nazionale, bisogna assicurarsi che possano funzionare”.
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Brexit, Schaeuble non intende far sconti al Regno Unito
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – L’uscita del Regno Unito dalla Ue avverra’ entro due anni. I funzionari del ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaeuble (Cdu) hanno redatto una lista di 34 pagine con tutto quanto occorre fare ed evitare da un punto di vista finanziario per evitare che “venga compromessa la stabilita’ del mercato”. Le banche britanniche non potrebbero piu’ offrire i loro servizi nella Ue e questo potrebbe essere un duro colpo per le imprese tedesche. L’uscita verra’ accompagnata da soluzioni transitorie, ma su un punto Bruxelles e la Germania non paiono intenzionate a transigere: Il Regno Unito e’ il secondo contributore netto della Ue e dovra’ rispettare tutti gli accordi finanziari assunti prima di optare per l’uscita dall’Ue. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha invitato il mese scorso il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble (entrambi Cdu) a confrontarsi con il capo negoziatore europeo per la Brexit Michel Barnier, chiarendo a Bruxelles le preoccupazioni di Berlino per il poco tempo a disposizione e per la necessita’ che venga garantita la piena integrazione finanziaria con il Regno Unito. La Commissione pare non credere che la separazione possa essere concretamente realizzata entro due anni, e Londra potrebbe non accettare alcun tipo di accordo. Di qui a maggio quasi ogni aspetto delle relazioni tra il paese d’Oltremanica e il Vecchio continente dovra’ essere rivisto: circa 19 mila norme, secondo la Camera dei comuni britannica. I nuovi accordi dovrebbero essere ratificati entro il 29 marzo 2019. Secondo Barnier si rendera’ necessario procedere con disposizioni transitorie. Schaeuble condivide questa opinione. Secondo il ministro britannico Liam Fox il Regno Unito non ha alcun obbligo di pagamento per gli accordi stretti precedentemente all’uscita. Berlino e’ decisa invece a far rispettare l’articolo 70 della convenzione di Vienna sul Trattato, secondo cui la Gran Bretagna e’ “non solo politicamente, ma anche legalmente obbligata a pagare il suo debito”. La cifra in ballo e’ importante, quasi 70 miliardi di euro, ed occorrera’ trovare un compromesso.
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Francia, la rivalita’ Hamon-Macron minaccia di esplosione il Partito socialista
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – A meno di un mese dal primo turno delle elezioni presidenziali francesi, il Partito socialista (Ps) sta ormai combattendo per la sua stessa sopravvivenza: e’ questo il giudizio che il quotidiano conservatore “Le Figaro” da’ dello scontro che sta dividendo la sinistra in una analisi pubblicata oggi martedi’ 28 marzo. Secondo cui nel Ps sono gia’ iniziati i regolamenti di conti, prima ancora che si aprano le urne: a scatenare la drammatica dinamica che potrebbe provocare l’esplosione del partito e’ la rivalita’ per la conquista del voto di sinistra, conteso da ben tre candidati principali: il candidato ufficiale del Ps Benoit Hamon, la cui campagna non riesce a decollare e che i sondaggi relegano addirittura al quinto posto al primo turno del 23 aprile prossimo; Jean-Luc Me’lenchon, il leader della coalizione di estrema sinistra “La France insoumise” (“La Francia non-sottomessa”, ndr) che secondo le rilevazioni di opinione avrebbe ormai scavalcato Hamon; e soprattutto Emmanuel Macron, il giovane ex ministro dell’Economia che l’estate scorsa ha dato le dimissioni dal governo socialista per candidarsi da “indipendente” alla testa del suo nuovo movimento “En Marche!” (“In Marcia”, ndr) con un programma di centrosinistra e di stampo social-liberale. I sondaggi lo danno costantemente in testa alle intenzioni di voto in vista del primo turno elettorale e molti socialisti stanno tentando di saltare sul suo carro, inclusi diversi ministri anche di peso dell’attuale governo; tanto che Macron puo’ addirittura permettersi di rifiutare persino l’idea di un appoggio da parte del suo ex primo ministro, Manuel Valls, che oggi riunisce i suoi fedeli per decidere il da farsi. Scontata ormai una sonora sconfitta alle presidenziali, a scaldare gli animi nel Ps e’ infatti il posizionamento in vista delle elezioni parlamentari che si terranno a giugno: a quanti deputati socialisti il movimento “En Marche!” di Macron offrira’ una ciambella di salvataggio? Dopo le presidenziali ed in vista delle elezioni parlamentari il Ps si scindera’ in almeno due tronconi: “Un piccolo gruppo che raccogliera’ socialisti ed ecologisti di sinistra ed uno piu’ grande a vocazione riformista”, e’ la previsione che fa al “Figaro” il deputato socialista Jean Glavany.
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Germania, i servizi segreti turchi spiano i seguaci di Gulen
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – Stando alle indiscrezioni diffuse dai giornali tedeschi “Ndr” e “Wdr”, il capo dell’intelligence turca avrebbe consegnato al capo dei servizi segreti tedeschi (Bnd), durante la conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, una lista di seguaci del predicatore turco Fethullah Gulen, ritenuto da Ankara del colpo di Stato fallito dello scorso anno. La lista sarebbe corredata da foto, numeri di telefono e indirizzi email. Il presidente del Bnd, Bruno Kahl, ha consegnato l’elenco al Governo federale, e l’ufficio per la Protezione della Costituzione, la polizia criminale e il procuratore generale sono stati a loro volta informati. Le autorita’ tedesche sarebbero in allarme: piu’ di 300 persone, 200 delle quali sarebbero seguaci di Gulen, assieme a scuole e altre strutture in Germania, sono state sorvegliate unilateralmente dai servizi segreti turchi. “La cosa e’ intollerabile”, ha commentato il ministro dell’Interno della Bassa Sassonia Boris Pistorius (Spd). Nel suo Land la lista delle figure sorvegliate e’ stata consegnata alla Protezione della Costituzione; nel Nord Reno-Vestfalia, invece, il compito di verificare la lista spetta alla polizia criminale. Il controspionaggio sta valutando come sia stato possibile che i servizi turchi siano entrati in possesso delle informazioni. Il sospetto e’ che i servizi di Ankara si siano serviti della collaboratore di predicatori e cittadini turchi residenti in Germania: e’ recente, del resto, l’accusa di spionaggio mossa dalla procura generale tedesca a un imam dell’Unione turco-islamica per gli affari religiosi Ditib. Il Governo federale tedesco non dispone di elementi che colleghino l’organizzazione di Gulen al tentativo di colpo di Stato in Turchia.
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Spagna, Rajoy presenta a Barcellona il piano delle infrastrutture, chiave per disinnescare l’indipendentismo
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – Il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy viaggia oggi a Barcellona per una delle missioni piu’ delicate del suo secondo mandato alla guida del paese. Il leader del partito popolare presentera’ il piano del governo per gli investimenti nella Catalogna, la regione in cui si moltiplicano le richieste di potersi separare dal resto della Spagna. La mossa, rilevano i media locali, e’ chiara ed e’ diretta a disinnescare una delle micce che compongono l’arsenale polemico degli indipendentisti. Tra le tante rivendicazioni avanzate da Barcellona c’e’ infatti quella di una scarsa attenzione di Madrid al potenziale di crescita economico della regione. Negli ultimi anni “abbiamo dovuto combattere con una crisi senza precedenti”, i cui effetti sono stati pagati da tutti, ma non “e’ giusto dire che abbiamo ignorato la Catalogna”, spiega Rajoy al quotidiano “La Vanguardia”. La stessa spiegazione che dovra’ offrire oggi nel corso della giornata organizzata dal ministero dello Sviluppo e dedicata espressamente al tema delle infrastrutture. Il presidente del governo dovrebbe lanciare alcune delle proposte chiave per “mettere pressione al governo regionale” e “farlo scendere al treno dell’indipendentismo” scrive “El Pais”: si parla dello sviluppo dell’annoso progetto di un corridoio mediterraneo, arteria di trasporto chiesta da tempo e a gran voce dall’imprenditoria locale e raccomandata dall’Unione europea. Nella legge di bilancio potrebbero essere inserite risorse ad hoc tali da convincere della bonta’ delle intenzioni del governo. Il governo catalano e le principali formazioni politiche indipendentiste si sono preparati all’evento “vaccinando” i loro fedelissimi rispetto alle promesse del governo, scrive “El Pais”: “arrivano tardi, dopo tante inadempienze, non sono credibili”. Di certo, perche’ la Catalogna faccia marcia indietro rispetto alla sua richiesta di indipendenza – tema sul quale intende celebrare entro il 2017 un referendum che Madrid non consentira’ -, sara’ necessario muovere tante altre pedine: spese per il welfare, riconoscimento dell’autonomia linguistica ed educativa, cambio nelle regole del finanziamento regionale, per citarne solo alcune.
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Usa, se lavori nella costruzione del muro per la chiesa messicana sei un “traditore”
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – “Qualsiasi azienda che abbia intenzione di investire nel muro del fanatico Donald Trump sarebbe immorale. Ma soprattutto i suoi azionisti e proprietari dovrebbero essere considerati traditori della patria”. E’ quanto si puo’ leggere nell’editoriale del settimanale “Desde la fe” (“Dal punto di vista della fede”), pubblicazione della Arcidiocesi del Messico. Una condanna senza appello per l’iniziativa di “un fanatico che azzera la buona relazione” tra due paesi che condividono una frontiera comune. L’editoriale si sofferma sui due miliardi di dollari indicati come la quota utile a costruire un muro che “deve avere caratteristiche solide di infrastruttura e delicate di estetica per nascondere” “l’odio, la mutilazione e la divisione”. L’arcidiocesi mette nel mirino le imprese che con il pretesto di “creare posti di lavoro” si sono fatte avanti per dare vita alla “ignominia” del muro, chi offrendo cemento, chi pittura, chi illuminazione. “Non sono due o tre ma oltre 500 le imprese che cercano di trarre profitto” dalla infrastruttura. “Per loro, il fine giustifica i mezzi” rimarca l’editoriale che non risparmia neanche il governo il cui mancato intervento nei confronti di questi imprenditori e’ “sorprendente”. Unirsi “a un progetto che rappresenta un grave affronto alla dignita’ e darsi la zappa sui piedi”, si legge ancora nell’articolo secondo cui “gli investimenti delle imprese messicane sul muro finiranno per alimentare le stesse forme di discriminazione che nel corso della storia sono state inflitte a milioni di esseri umani”.
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Usa, l’amministrazione presidenziale pronta a tagliare i fondi alle “citta’ santuario”
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – Il dipartimento di Giustizia Usa e’ pronto a tagliare i fondi alle corti e alle forze dell’ordine di citta’, contee e Stati federati che offrono asilo agli immigrati clandestini in aperto contrasto con le norme federali sull’immigrazione. Lo ha annunciato ieri il procuratore generale Usa, Jeff Sessions, aprendo ufficialmente le ostilita’ della nuova amministrazione federale contro le “citta’ santuario” all’indomani di alcuni gravi fatti di cronaca che hanno visto al centro immigrati irregolari. Tra questi, lo stupro di una 14 enne da parte di due irregolari di 17 e 18 anni in una scuola del Maryland, dove i due immigrati sudamericani, anziche’ essere espulsi, erano stati inseriti in un “programma di inserimento scolastico” con ragazzini di eta’ inferiore alla loro. Sessions ha sottolineato ieri che il dipartimento di Giustizia si e’ limitato a riaffermare e rafforzare una politica della precedente amministrazione presidenziale Obama, che prevedeva il taglio delle sovvenzioni alle giurisdizioni che rifiutavano di trasmettere i dati relativi all’immigrazione irregolare alle autorita’ federali. “Quando le citta’ e gli Stati rifiutano di applicare le norme sull’immigrazione, la nostra nazione e’ meno sicura”, ha detto Sessions ieri, nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca. “Sollecito i nostri Stati, le citta’ e le contee a prendere attentamente in considerazione i danni che derivano ai loro cittadini dal rifiuto di applicare la legge, e a ripensare le loro politiche”, ha aggiunto il procuratore generale. Quella dell’amministrazione presidenziale e’ solo la prima misura di quella che si preannuncia una dura offensiva su un tema che lo scorso anno e’ valso al presidente Donald Trump un consistente sostegno elettorale. Resta del resto da chiarire la questione al centro dello scontro istituzionale tra lo Stato federale e le amministrazioni che hanno varato politiche a “protezione” degli immigrati irregolari. Se cioe’ queste ultime possano essere costrette a prorogare lo stato di arresto di immigrati privi di documenti oltre quanto inizialmente preventivato, qualora le autorita’ federali richiedano piu’ tempo per portare a termine le procedure di espulsione. La battaglia, dalle fortissime connotazioni ideologiche, si preannuncia durissima: le citta’ santuario, guidate da amministrazioni democratiche, sostengono infatti che le loro politiche siano tanto piu’ importanti dopo l’ingresso alla Casa Bianca di un’amministrazione decisa a un giro di vite contro l’immigrazione irregolare. “Le minacce del presidente Trump non cambiano nulla. Rimarremo una citta’ aperta agli immigrati, che ci hanno aiutato a fare della nostra citta’ la grande citta’ piu’ sicura della nazione”, ha dichiarato ad esempio il sindaco di New York, Bill de Blasio.
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L’Italia e’ il paese che preoccupa di piu’
28 mar 10:58 – (Agenzia Nova) – Un paese miracolato: e’ questa l’impressione che prevale sull’Italia, secondo i quotidiano economico francese “Les Echos” che oggi, martedi’ 28 marzo, analizza la situazione del nostro paese all’interno del corposo supplemento “Audit France” dedicato allo stato della Francia e lo compara ai suoi principali partner europei. L’Italia, scrive nell’articolo il corrispondente da Roma di “Les Echos”, Olivier Tosseri, nel 2016 ha registrato una crescita dello 0,9 per cento, appena meglio dello 0,8 del 2015: certo e’ ancora troppo poco, ma e’ comunque un piccolo miracolo se si paragona l’attuale situazione della Penisola a quella attraversava nel 2012; all’epoca l’Italia era considerata come il “malato dell’Europa”, sul punto di soccombere ai suoi mali tradizionali, subito dopo la Grecia. Oggi in Italia il tasso di disoccupazione si e’ stabilizzato, le famiglie riprendono a consumare e le finanze pubbliche sono leggermente migliorate. “Puo’ fare meglio”, sentenzia la Commissione europea; o piuttosto “deve” fare meglio, perche’ molto resta da fare in un momento in cui rischia di aprirsi un nuovo periodo di instabilita’ politica. Secondo la Confindustria, per ritrovare il livello di prima della crisi del 2008 l’Italia dovra’ aspettare fino al 2028 all’attuale ritmo della ripresa! Una ripresa che non concede al governo italiano i margini di manovra finanziari necessari al finanziamento delle riforme strutturali; che d’altronde sono rimaste bloccate da una lunghissima campagna referendari l’anno scorso culminata con l’uscita di Matteo Renzi da Palazzo Chigi. Le elezioni che si terranno l’anno prossimo senza una chiara legge elettorale sono cariche di incertezza e potrebbero far ripiombare l’Italia nella sua cronica instabilita’, una ricaduta che la sua fragile salute economica non puo’ permettersi.
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