Un anno di diritto all’oblio è il seminario che si terrà domani 15 maggio all’Università di Salerno. Il tema è quanto mai attuale: si discuterà infatti non solo della sentenza della Corte di Giustizia sul caso Google Spain, che ha sancito il diritto degli utenti di essere deindicizzati dai motori di ricerca, ma anche delle soluzioni, tecniche e giurisprudenziali, che sono state offerte per risolvere la problematica.
Per avere un quadro complessivo di queste tematiche abbiamo incontrato il prof. Giovanni Maria Riccio, titolare del corso di Diritto comparato ed europeo della comunicazione nell’ateneo salernitano e partner dello studio legale E-Lex. Di seguito riportiamo l’intervista che ne è scaturita.
Key4biz. Qual è il contesto in cui è maturata la sentenza Google Spain e quali le sue conseguenze?
Giovanni Maria Riccio. Prima di parlare di Google Spain e dei suoi effetti sull’ecosistema di internet, ritengo che si debba fare un passo indietro. Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una progressiva “datificazione”; oggi solo il 2% delle informazioni disponibili non è archiviata in formato digitale. La Biblioteca Alessandrina, un tempo paradigma della raccolta dei saperi, appare, se confrontata a Google, un’emeroteca di provincia. Tutte le informazioni che ci riguardano sono classificate e possono essere aggregate, da quelle che attengono alle attività professionali che svolgiamo, ai nostri like su Facebook. La maggior parte di queste informazioni è a portata di click: quasi tutto quello che ci riguarda è liberamente accessibile su internet, per mezzo dei motori di ricerca.
Key4biz. Quali sono, a suo avviso, i rischi legati a questo processo di archiviazione delle informazioni?
Giovanni Maria Riccio. Ci sono rischi enormi, ma anche grandi opportunità. La raccolta dei dati personali e la loro classificazione – spesso evocati solo come un incubo orwelliano – hanno consentito, e stanno consentendo, enormi progressi in ogni campo del sapere. Penso, ad esempio, all’uso delle interrogazioni dei motori di ricerca relative a determinate patologie cliniche che, sebbene non sia un parametro del tutto attendibile, può offrire interessanti elementi per comprendere, statisticamente, l’incidenza di determinate patologie in determinati luoghi e anche in determinati periodi dell’anno. Se diecimila persone, in un’area geografica prestabilita, cercano su Google informazioni su una determinata malattia, non ci stanno necessariamente dicendo che sono malate; tuttavia, è fortemente probabile che, in quell’area geografica e in quel determinato periodo, quella patologia abbia una diffusione maggiore che altrove. La raccolta massiva di dati personali può essere imprecisa, ma sarebbe ingenuo pensare che i dati personali non ci parlino e che non ci consentano ricostruzioni un tempo impensabili.
Key4biz. Dal quadro che traccia sembra che si ridimensionino i rischi e prendano invece corpo i benefici…
Giovanni Maria Riccio. Ovviamente il quadro non è così semplificato. L’accesso ai dati personali è fonte di ricchezza, ma, al tempo stesso, pone enormi rischi di stigmatizzazione sociale. Tutti abbiamo un passato e, probabilmente, nel passato di ognuno di noi c’è qualcosa che non vorremmo fosse ricordato. E non lo vorremmo non solo perché potrebbe essere “scandaloso”, ma anche, più banalmente, perché quella immagine non corrisponde alla nostra proiezione attuale nel contesto sociale in cui viviamo.
Key4biz. Ci fa un esempio concreto?
Giovanni Maria Riccio. Ma certo, faccio un esempio del tutto personale, a titolo esemplificativo. Ho passato la mia giovinezza suonando in giro per i centri sociali: nulla di cui vergognarsi, ma, dopo vent’anni, non sono più il ragazzino che suonava il basso elettrico. Né mi piace l’idea che qualcuno possa cristallizzare la mia immagine a quel periodo, che, purtroppo o per fortuna, è passato. E non mi piace, perché vorrei scongiurare il rischio che, in un prossimo futuro, qualcuno mi giudichi considerandomi ancora un ragazzino con i capelli lunghi. Siamo il nostro passato; ma questo passato non può impedirci di avere un presente diverso. Quando si valuta un candidato, tutte le imprese “googlano” il suo nome, per saperne di più. In pochi si limitano a guardare il curriculum. È giusto, quindi, che alcune informazioni del passato siano rese inaccessibili o, quanto meno, che vi sia un controllo da parte del soggetto cui queste informazioni si riferiscono.
Key4biz. Non c’è il rischio, come qualcuno sostiene, di cancellare il passato, magari cancellando anche qualcosa di “socialmente utile”?
Giovanni Maria Riccio. Anche in questo caso, bisogna fare attenzione a non confondere piani differenti. I personaggi pubblici – in senso ampio, intesi come tutti i soggetti che svolgono una funzione pubblica – non possono esercitare il diritto all’oblio (ossia il diritto alla deindicizzazione dai motori di ricerca), salvo che le notizie non siano correlate all’incarico svolto e salvo che non abbiano perso del tutto di attualità. Non vedo, onestamente, il rischio di censura o di compressione della libertà di informazione paventato da taluno e, anzi, ritengo che i gestori dei motori di ricerca stiano gestendo egregiamente la questione. Resta il dubbio, però, se un tema così delicato, come la scelta di cosa debba essere disponibile in internet, possa essere rimesso a soggetti privati.
Key4biz. Promuoviamo Google, quindi?
Giovanni Maria Riccio. Comprendo l’esigenza di semplificazione, ma, forse, è prematuro dirlo. È indiscutibile che Google, così come gli altri motori di ricerca, abbiano ricercato un dialogo importante non solo con le autorità – a partire dall’Article 29 Working Group – ma anche con i vari esperti del settore. Il loro “tour” nelle diverse capitali europee è la dimostrazione di una apertura verso il confronto con diverse opinioni. Resta, tuttavia, una certa opacità sui criteri utilizzati dai motori di ricerca per la rimozione dei risultati, che dovrebbero tuttavia seguire le linee guida dell’Article 29 Working Group per l’implementazione della sentenza della Corte di Giustizia sul diritto all’oblio.