Dal 2015 al 2021, oltre 1 milione di richieste sono state inviate a Google e Microsoft Bing, la metà delle quali proveniva dai paesi dell’Europa occidentale. L’Italia è al 5° posto con 89,1 mila richieste totali. E’ quanto emerge da un report realizzato da Surfshark, che analizza le richieste di “diritto all’oblio”. Un dato sutti: da quando è cominciata la pandemia di Covid-19, i casi di “diritto all’oblio” sono aumentati di quasi il 30% nel 2020. Complessivamente, le richieste francesi hanno rappresentato quasi un quarto di tutte le richieste presentate, mentre l’Estonia ha registrato il maggior numero di richieste per 10mila persone. I paesi dell’Europa orientale hanno esercitato meno del loro “diritto alla cancellazione”.
Cos’è il diritto all’oblio
Il “diritto all’oblio” consente alle persone di chiedere alle pagine Web di eliminare le query relative al proprio nome dalle pagine dei risultati dei motori di ricerca europei. Si applica ai paesi coperti dal GDPR (UE e SEE) e ad altri paesi europei che hanno adottato leggi simili, come il Regno Unito e la Svizzera. Le informazioni sui richiedenti all’interno di queste pagine web variano ampiamente, dalle informazioni personali e professionali ai collegamenti con attività criminali.
I numeri
Dal 2015 al 2021 sono state presentate a Google e Bing 1.066.274 richieste di “diritto all’oblio” o “diritto alla cancellazione”. Dei due motori di ricerca, la stragrande maggioranza (95,8%) delle richieste è stata consegnata a Google. Il 2015 ha segnato il primo anno intero in cui la politica è stata in vigore, durante la quale sono state presentate 169.200 richieste durante tutto l’anno.
Dopo il 2015, le richieste di “diritto all’oblio” sono gradualmente diminuite fino al 2020. I casi sono aumentati di quasi il 30% nel 2020, per un totale di 161,3 mila. Ad esempio, Cipro e Portogallo hanno presentato nel 2020 quasi il triplo di richieste rispetto all’anno precedente. Anche l’Italia ha registrato un aumento del 13% nel 2020. Il 2021 ha visto un ulteriore aumento del 15% su tutta la linea, con un massimo storico di 185.700 richieste nei paesi analizzati.
Picco di richieste durante il lockdown
Il picco di richieste di cancellazione nel 2020 è legato sicuramente al maggior utilizzo del digitale a causa delle restrizioni e del lockdown, che hanno chiuso per mesi in casa le persone, spinte così a diventare più consapevoli della loro dimensione virtuale e quindi più sensibili alla loro igiene digitale in nome della privacy online. Nel contempo il GDPR accelerava e continua a farlo potenziando la consapevolezza che la data protection è un diritto fondamentale.
La Francia ha presentato il maggior numero di richieste per il “diritto all’oblio” tra il 2015 e il 2021, con 255.600 richieste che rappresentano quasi un quarto di tutte le richieste presentate in questo periodo. 176.100 richieste sono arrivate dalla Germania e 125.300 dal Regno Unito, con ogni paese che rappresenta rispettivamente circa il 17% e il 12% del totale. Le richieste presentate da questi tre paesi rappresentano circa la metà di tutte le richieste di “diritto all’oblio” presentate tra il 2015 e il 2020. L’Italia è al 5° posto (su 32) con circa 89.100 richieste totali.
L’Estonia è in testa per densità di richieste relative al “diritto all’oblio”
Per quanto riguarda la densità delle richieste (ovvero richieste per 10.000 persone), l’Estonia è al primo posto con 53 richieste per 10.000 persone (più di 2,5 volte superiore alla media). La Francia è al 2° posto con 40, e l’Olanda al 3° con 32 richieste per 10.000 persone. L’Italia è 24esima con 15 richieste ogni 10.000 individui. La Bulgaria ha presentato negli anni il minor numero di richieste per 10mila persone, con circa 6, oltre tre volte inferiori alla media di tutti i Paesi presi in esame.
L’Europa occidentale e settentrionale hanno la più alta densità di richieste, rispettivamente con 28 e 21 richieste per 10.000 persone. L’Europa meridionale ha emesso 16 richieste e l’Europa orientale ha emesso otto richieste per 10.000 persone.
1 richiesta su 10 di rimozione per “diritto all’oblio” è legata a gesti criminali
4.009.729 pagine web sono state incluse nelle richieste inviate a Google nel periodo 2015-2021. Per Google, i richiedenti europei hanno chiesto di rimuovere in media quattro pagine Web per richiesta dai suoi risultati di ricerca e gli italiani hanno richiesto lo stesso numero. In generale, circa la metà delle pagine di cui è stata richiesta la rimozione da Google non poteva essere classificata in una categoria specifica e quasi il 17% rientrava nelle informazioni professionali (contenevano l’indirizzo di lavoro del richiedente, informazioni di contatto o informazioni generali sulle sue attività commerciali).
Circa 1 pagina web su 10 fa riferimento al richiedente in merito a reati, compresi quelli nel proprio campo professionale. Circa il 6% conteneva le informazioni personali del richiedente, come l’indirizzo di casa, la residenza o altre informazioni di contatto, nonché immagini e video dell’individuo.