Quando si parla di diritto all’oblio (scheda), i riflettori sono sempre puntati su Google, perché era l’azienda di Mountain View la diretta interessata dalla sentenza con cui la Corte di Giustizia Ue ha stabilito che il gestore di un motore di ricerca online è responsabile dei dati personali che ha trattato anche quando questi appaiono su pagine web pubblicate da terzi, obbligandoli di fatto a sopprimere informazioni ‘inadeguate o non più rilevanti’ sul passato degli utenti che ne facessero richiesta.
Non è però solo Google a dover rispondere ai dettami della sentenza e ora anche Microsoft e Yahoo hanno fatto sapere di aver cominciato a esaminare le richieste di rimozione dei contenuti.
Ciascuna di tali richieste, ha fatto sapere il portavoce di Yahoo, sarà “valutata attentamente, con l’obiettivo di bilanciare il diritto alla privacy dei cittadini con il diritto all’informazione”.
Anche da Microsoft – che gestisce il motore di ricerca Bing – sono giunte simili argomentazioni: ”Stiamo ancora affinando il processo di analisi con l’obiettivo di trovare il giusto equilibrio tra l’interesse individuale alla privacy e l’interesse pubblico”.
Google, dal canto suo, ha iniziato a rimuovere i link da giugno e ha creato un apposito comitato consultivo per trovare il giusto equilibrio tra diritto all’oblio e diritto all’informazione. La società ha ricevuto oltre 600 mila richieste e rimosso qualcosa come 208 mila link, contestando 294 mila richieste. La società ne sta esaminando ancora circa 100 mila.
La scorsa settimana, i Garanti Privacy hanno pubblicato le guidelines per la corretta applicazione del diritto all’oblio e sottolineato che è necessario trovare il giusto equilibrio tra il diritto alla privacy e la necessità di mantenere l’accesso a informazioni rilevanti, soprattutto se di interesse pubblico. I Garanti Ue hanno anche chiesto a Google e agli altri motori di ricerca di estendere le richieste di rimozione anche al dominio google.com e non solo dai domini europei e affermato che le richieste di rimozione non dovrebbero essere notificate agli editori, per evitare di attirare l’attenzione sui contenuti rimossi.