Il prossimo 6 luglio scade il termine per il recepimento della Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, cosiddetta “direttiva PIF (protezione interessi finanziari)”.
Come sottolineato dalla relazione illustrativa del Governo, dalla lista desumibile dagli articoli 24-26 del decreto legislativo n. 231/2001, così come successivamente incrementata nel corso degli ultimi diciotto anni, restano esclusi tutti quei reati in materia fiscale e, perciò, anche quelli relativi all’IVA (in sostanza i c.d. reati PIF).
Come rilevato anche dalla dottrina, sarebbe quasi certo l’ampliamento del catalogo dei reati-presupposto della responsabilità degli enti ex decreto legislativo n. 231 del 2001 alle frodi in materia di IVA di cui agli artt. 2 e ss. del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
In particolare gli articoli 3 e 4 (titolo II) della Direttiva sono dedicati all’elencazione dei reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, con espressa indicazione di quelle condotte criminali riferite all’IVA (si veda in particolare l’art. 3).
Per tale ragione, nell’attuale Disegno di legge n. 944 al vaglio del Senato, l’art. 3 afferma che nell’esercizio della delega per l’attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 1, comma 1, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici (tra questi sub lettera e) “integrare le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea e che non sono già compresi nelle disposizioni del medesimo decreto legislativo”.
Dalla norma di delega si percepisce, appunto, l’imminente integrazione delle previsioni di reato presupposto comprese nel D.Lgs. 74 del 2000.
Degno di nota il fatto che, per evitare problemi costituzionali di delega, solo un successivo intervento parlamentare potrà giustificare l’inserimento in blocco del D.Lgs. 74/2000 nel sistema dei reati presupposto nella disciplina della responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001.
Nel frattempo, vi sarà sicuramente un parziale ampliamento delle fattispecie di cui al cit. D.Lgs.231/2001 per quel che attiene i soli interessi finanziari dell’Unione (quindi riferibili a poche ipotesi del sistema tributario penale disciplinato dal D.Lgs. 74/2000).