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Dio e i ‘chatbox’

James Hansen

C’è un Dio? Poniamo la domanda in questi termini perché quasi tutti i lettori di Nota Diplomatica sono di matrice culturale cristiana, ma la questione è valida anche per molte altre fedi ‘monoteistiche’, a partire almeno dal ‘Dio solare’ dell’Atonismo nell’antico Egitto (XIV secolo a.C.). La questione della concreta esistenza di un unico ‘essere supremo’ è molto vecchia ed è alla base di terribili scontri teologici (e peggio) avvenuti nei secoli.

Emerge ora nel dibattito un nuovo attore ‘intellettuale’, l’Intelligenza Artificiale, che nell’intenzione dei suoi creatori dovrebbe essere in grado di sintetizzare le conoscenze umane. Era assolutamente inevitabile che molte delle prime domande poste ai chatbox AI dovessero riguardare l’esistenza del divino. I ‘responsi’ degli applicativi come ChatGPT sono finora evasivi al riguardo, iniziando—con scarse variazioni—con un linguaggio del tipo: “L’esistenza di Dio è oggetto di dibattito e discussione in filosofia, teologia e religione”. In altre parole: “Fate un po’ voi…”

Il meccanismo retorico è talmente ovvio che, in un primo momento, può venire il sospetto che i programmatori di questi software AI abbiano previsto il problema teologico, prendendo poi ‘le loro precauzioni’. Tuttavia, non occorre essere cinici. Questi sistemi funzionano riassumendo opinioni date in passato da essere umani, non creano nuove conoscenze. Almeno per il momento, più che ‘chattare’ blaterano, seppure con una sorprendente naturalezza.

Cosa succederà però quando le AI arriveranno nei confessionali delle chiese? Con la ‘crisi delle vocazioni’, nonché il comprensibile desiderio di mostrarsi ‘al passo coi tempi’, qualcuno di terribilmente ben intenzionato farà prima o poi l’esperimento. Cosa dirà l’AI sull’aborto? “È una procedura medica che…”, e poi “Fate un po’ voi…” E come la mettiamo per il calcolo delle penitenze?

Passando alla politica, negli Usa è già emerso—facendo nascere tremendi sospetti—che le opinioni espresse da questi sistemi sarebbero tendenzialmente ‘di sinistra’, almeno in termini americani. Non è però necessario arrivare al complottismo. Il corpus dei dati online da cui l’AI ‘pesca’ le sue idee non è neutro. Si basa sul pensiero di chi ‘genera i contenuti’ sulla Web. In larga parte, non sono conservatori di destra.

Perlopiù, qui in Occidente siamo democratici con la ‘d’ minuscola. Pensiamo che si debba dare retta alla ‘voce del popolo’—forse anche quando il popolo vuole buttarsi in avventure azzardate… Ora, la nuova tecnologia personificata da ChatGPT e dai suoi consimili tenderà a rispecchiare e a rilanciare la visione della massa più ‘informaticamente rumorosa’, ampliandola, quando fino ad ora siamo dipesi invece da una categoria intermedia che filtrava, rallentava e rielaborava le istanze popolari. Quale rappresentazione è la più intrinsecamente ‘democratica’? Andando avanti, a chi—o a cosa—dobbiamo dare retta?

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