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‘Dimezzare il tempo di esposizione per chi non accetta il contraddittorio in Tv’. Intervista a Antonio Nicita (Commissario Agcom)

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Il Governo M5S-Lega rifiuta il confronto in Tv? Intervista a Antonio Nicita, Commissario Agcom: ‘Nessuno può imporre un invito, sebbene vi sia un indubbio dovere morale per chi sta al Governo di informare e di esporsi alla critica in Tv. Agcom potrebbe approvare un regolamento, anche per i periodi non elettorali, dimezzando il tempo di esposizione per chi non accetta il contraddittorio’.

In televisione sta scomparendo il contraddittorio tra i politici, in particolare tra i leader dei partiti, a favore del monologo o della semplice intervista faccia a faccia con il giornalista-conduttore. Il fenomeno è pericoloso, perché il cittadino-elettore, attraverso il confronto, esercita il diritto ad informarsi e formarsi una propria opinione. “Il pluralismo politico e istituzionale non è l’ospitata a turno di rappresentanti politici, con l’occhio al cronometro. È la società che discute, si confronta, si scontra. E, ci si augura, si rispetta. Abbiamo persino assistito a casi di format paradossali”, ha detto a Key4biz Antonio Nicita, commissario Agcom, che ci ha annunciato anche “l’Autorità sta ragionando su questo tema e potrebbe approvare un regolamento, anche per i periodi non elettorali, in cui si introducono incentivi. Ad esempio, dimezzando il tempo di esposizione per chi non accetta il contraddittorio in Tv”.  

La crisi del contraddittorio televisivo tra i leader politici è iniziato da diversi tempo. Se ne sono visti di rado in dodici anni, per esempio. L’ultimo vero confronto su Rai 1 tra Berlusconi e Prodi risale alle elezioni politiche del 2006; poi nel 2012 è stata la volta del faccia a faccia tra Bersani e Renzi, in occasione delle primarie Pd, in onda in uno speciale del Tg1; due anni fa per la corsa al Campidoglio Raggi contro Giachetti su Sky Tg24; a novembre scorso per il referendum costituzionale il Tg1 ha ospitato un confronto tra i politici favorevoli e contrari, mentre  il piccolo schermo è stato orfano dei duelli politici nelle ultime elezioni del 4 marzo. Secondo Berlusconi i confronti in Tv non convengono a chi sta avanti”  sia nei sondaggi sia se si è al Governo. Nel 2006, infatti il leader di Fi accettò perché in svantaggio e vinse le politiche anche grazie all’annuncio, lanciato in diretta e allo scadere del confronto con Prodi, “aboliremo l’Ici sulla vostra prima casa”.

Passano gli anni. Arriva sulla scena politica il Movimento 5 Stelle.

Inizialmente c’è stata la chiusura totale ad andare ospite in Tv degli esponenti del Movimento “non ci mischiamo al pollaio”, poi qualcuno ha iniziato ad intervenire solo con collegamenti esterni e tre anni fa è stato dato il via libera agli europarlamentari, ben disposti al confronto con i politici degli altri schieramenti. Poi è subentrata la nuova strategia comunicativa inaugurata da Luigi Di Maio, che, a novembre dell’anno scorso all’indomani dell’elezioni regionali in Sicilia, ha annunciato, a sorpresa, di non partecipare più al confronto con Matteo Renzi in programma su La7 nella trasmissione diMartedì. (Il 16 luglio scorso Di Maio ha accettato il faccia a faccia, condotto da Enrico Mentana sulla stessa rete, sul decreto Dignità con Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, non un politico quindi).

Flavia Fratello (La7): ‘Sollecitare il Governo a venire in trasmissione per il contraddittorio’

“Quando quest’anno ho chiesto di invitare gli esponenti del Movimento 5 Stelle mi è stato risposto ‘Tanto non vengono o se vengono vogliono stare da soli”, ci ha raccontato Flavia Fratello, giornalista del Tg e della rassegna stampa di La7 e in questi giorni, come ormai accade ogni estate da circa 3 anni, conduttrice di Coffee Break.

“E il risultato è che il M5S non si confronta con gli altri partiti in Tv, se non in rari casi. Il fenomeno è negativo per il telespettatore a cui non possiamo garantire un prodotto informativo completo”, ha aggiunto la giornalista.

“Nessuno a rappresentare le ragione del Governo in trasmissione, come mai?”, chiede un utente di Twitter a Flavia Fratello, che risponde: “Perché non vengono. Oppure vogliono stare da soli. Dispiace molto, ma è così”. A noi ha poi precisato Fratello che “gli esponenti della Lega sono sempre venuti in studio insieme a politici degli altri partiti, ma ultimamente – mi hanno detto i curatori della trasmissione – tendono a venire un po’ meno”. “Mi auguro”, ha detto la conduttrice, “che Agcom riesca a sollecitare il Governo al confronto in Tv, perché l’invito non si può imporre.”

Il tweet della giornalista di La7 è stato intercettato dal commissario Agcom Antonio Nicita, che ha scritto questo:


Key4biz. Perché questo tweet?
 Antonio Nicita. Uno degli elementi che sono emersi con chiarezza nel corso dell’ultima campagna elettorale, ma già presenti nell’ultimo anno, è stata la trasformazione dei format televisivi di approfondimento informativo. Alcuni leader politici tendevano a rifiutare il confronto con altri leader, preferendo dialogare con conduttore o con alcuni giornalisti. In molti casi poi gli ospiti in confronto sono stati giornalisti d’area. È scomparso il contraddittorio in tv, che pure ha funzionato molto bene nel corso dell’ultima campagna referendaria, per quanto favorito dall’evidente pluralismo tematico in quel caso.

Key4biz. Perché l’assenza del contraddittorio e quindi del pluralismo è un danno per i telespettatori e la democrazia?

Antonio Nicita. Perché tutta la normativa sul pluralismo radiotelevisivo si fonda sulla partecipazione e sul confronto tra posizioni diverse. Il diritto all’accesso da parte delle diverse forze politiche è derivato dal più forte e fondante diritto del cittadino ad una informazione plurale, corretta, veritiera. Come hanno ben scritto sul Sole 24Ore Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani, è il cittadino che, attraverso il confronto, esercita il diritto ad informarsi e formarsi una propria opinione. Il pluralismo politico e istituzionale non è l’ospitata a turno di rappresentanti politici, con l’occhio al cronometro. È la società che discute, si confronta, si scontra. E, ci si augura, si rispetta. Abbiamo persino assistito a casi di format paradossali.

Key4biz. Quali ad esempio?

 Antonio Nicita. Sono sotto gli occhi di tutti trasmissioni in cui i politici si incontrano dietro le quinte, addirittura sono costretti a guardare sui monitor l’avversario che parla aspettando il proprio turno di soliloquio. Risposte a distanza. Quando si trovano tutti nello stesso luogo, basterebbe entrare e sedersi. Tutto questo nel rispetto del cittadino che sta dall’altra parte del video. Spesso i monologhi sono affidati a giornalisti d’area, anch’essi senza contraddittorio. Casi che abbiamo sanzionato come Agcom, spesso subendo, ingiustamente e ingiustificatamente, gli attacchi da difesa corporativa di taluni giornalisti. A ciò si aggiunge il ricatto di alcune forze politiche che – secondo quando hanno pubblicamente evidenziato alcuni giornalisti di varie emittenti, con i quali ho scambiato alcuni tweet – rifiutano la partecipazione alla trasmissione o il ‘coinvolgimento’ del giornalista se non vengono rispettate certe regole d’ingaggio. Un atto di arroganza oltre che un’offesa al cittadino, cui i giornalisti dovrebbero per primi ribellarsi.

Il caso del sottosegretario M5S Andrea Cioffi

“Il 23 agosto scorso ho avuto ospite a Coffee Break”, ci ha raccontato ancora Flavia Fratello,  “il sottosegretario al Mise Andrea Cioffi, senatore M5S, che ha chiesto di: essere intervistato da solo nell’ultimo quarto d’ora; di rispondere solo a domande specifiche e ha indicato anche quali temi toccare e non toccare. Copione che poi, tutto sommato, ho ignorato. L’accordo non è stato preso da me, perché sono solo la conduttrice supplente in attesa del rientro del conduttore ufficiale Andrea Pancani”. 

Ecco il video della puntata con il sottosegretario Cioffi, l’intervista inizia dal minuto 42:20. La giornalista comincia con le domande sulla nave Diciotti, il tema, si vede seguendo la trasmissione, non rientrava tra quelli concordati.

Subito dopo questa puntata di Coffee Break, è andato in onda L’Aria che Tira Estate, che nella parte finale ha ospitato il faccia a faccia, quello tra Tiziana Beghin (M5S) e Luciano Nobili (Pd). Non due leader, ma è una buona pratica. Il giorno dopo nello stesso spazio della trasmissione è stato intervistato, da solo, Sergio Costa, ministro dell’Ambiente.

Key4biz. Nicita, cosa si può fare affinché il contraddittorio ritorni stabilmente ‘in campo’ in Tv? 

Antonio Nicita. Intanto va notata, e forse pubblicamente denunciata, la prassi costante della difesa corporativa di certo giornalismo in presenza di provvedimenti di Agcom sulle singole trasmissioni in favore del contraddittorio. Molti giornalisti dimostrano di non conoscere la normativa sul pluralismo, peraltro mutuata in Italia da esperienze analoghe francesi e inglesi. Alle delibere dell’Autorità si può ricorrere. Ma spesso Agcom viene vista come il censore che limita la libertà del giornalista, anziché riflettere sulla qualità del servizio che si sta offrendo al cittadino. Una risposta ferma dovrebbe venire proprio dai giornalisti, dall’Ordine, da FNSI e così via, che dovrebbero affiancare e aiutare l’Authority affinché il contraddittorio diventi una buona pratica. Ci vuole più coraggio.

Key4biz. Agcom, insieme alle emittenti Tv, quale soluzione potrebbe introdurre? 

Antonio Nicita. Nessuno può imporre un invito, sebbene vi sia un indubbio dovere morale per chi sta al Governo di informare e di esporsi alla critica. Ma si può restare fedeli al format, trattando tutte le forze politiche allo stesso modo e, ad esempio, lasciando una sedia vuota con il nome dell’invitato, spiegando le ragioni della mancata partecipazione. Si può rifiutare di piegarsi al ricatto di non partecipare a questa o quella trasmissione se non a certe condizioni. E rendere pubbliche queste decisioni. E poi si potrebbe approvare un regolamento Agcom, anche per i periodi non elettorali, in cui si introducono incentivi. Ad esempio, dimezzando il tempo di esposizione per coloro che non accettano il contraddittorio. Sono temi e regole che vanno discusse con il mondo politico e con il mondo dell’informazione. Con alcuni colleghi in Agcom stiamo ragionando su questi temi, anche perché da anni il pluralismo esterno al periodo elettorale è fermo a vecchie delibere, anche in ragione della mancata approvazione da parte della Commissione parlamentare di vigilanza per il servizio pubblico. Sono regole che vanno a vantaggio di tutti.

Key4biz. Infine, ma ha ancor senso parlare di pluralismo in Tv dopo l’avvento di Internet e dei social network?

Antonio Nicita. Assolutamente sì e per varie ragioni. Innanzitutto, perché la Tv resta il principale mezzo informativo, nonostante sia scomparsa presso i giovani e giovanissimi. In secondo luogo, perché sui social si parla molto di ciò che si vede in televisione, specie sui temi di rilevanza politico-istituzionale. Infine, perché quanto più i social polarizzano l’informazione con filter bubble ed echo chamber, quanto più l’informazione di qualità, corretta, plurale, in aperto contraddittorio è necessaria. Parafrasando Brecht, è triste un Paese che ha una normativa per il pluralismo, ma è ancora più triste il Paese che dimostri di averne bisogno.

Conclusioni

Servirebbero, dunque, non solo la legge sulla par condicio, ma anche nuove regole nel periodo non elettorale per offrire ai telespettatori un prodotto informativo completo grazie al contraddittorio. Principio espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza con cui ha rigettato i dubbi di incostituzionalità proprio della legge sulla par condicio“…il diritto dei cittadini-elettori di essere informati nel modo più completo e obiettivo”. La Consulta in quest’ottica ha sottolineato come nelle trasmissioni politiche “deve essere rigorosamente osservato il criterio della partecipazione in contraddittorio e del confronto dialettico tra i soggetti intervenienti, secondo il canone della pari opportunità”.

Occorrerebbe, in sostanza, in questa Terza Repubblica, più autorevolezza delle emittenti Tv, dei direttori dei Tg e dei responsabili delle trasmissioni d’informazione e dei talk show: deve essere la Tv a imporre il suo format al politico e non viceversa. Vedrete, piacerà anche all’audience.

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