Il futuro del digitale terrestre italiano è all’estero. Completato lo switch off in Italia, le società del comparto devono ora guardare oltre frontiera se vogliono continuare ad avere un futuro. E’ questa l’indicazione più importante che emerge dal convegno organizzato da ANFoV che si è svolto presso la sede Rai di Milano e ha radunato i principali protagonisti del digitale terrestre.
Giuseppe Braccini, responsabile pianificazione e sviluppo del business di Rai Way ha tracciato un bilancio della situazione che ha visto la migrazione verso il digitale terminare nel 2012 con 19 multiplex nazionali attivi (contro una media europea di 4-5) e 490 mux locali. Rai ha investito nell’operazione 500 milioni e altri 400 sono arrivati da Mediaset per un’operazione molto complessa, a causa per esempio dell’orografia italiana, e che ha coinvolto un centinaio di aziende con quasi trecento milioni di fatturato complessivo e un migliaio di dipendenti.
Le difficoltà dello switch off hanno però permesso di accumulare un know how importante che ora può essere rivenduto sui mercati stranieri, anche perché nel frattempo il fatturato delle imprese è sceso a circa 154 milioni.
All’estero esiste infatti un potenziale di circa 650 milioni di possibile business in paesi a basso rischio come Thailandia, Cipro o Sud Africa, 700 milioni in paesi a rischio medio e mille milioni in paesi a rischio alto, ma non altissimo come Armenia, Benin e Cambogia.
In pratica 84 paesi devono ancora effettuare lo switch off e possono essere terreno di caccia per le imprese italiane specializzate nel Dvbt, lo standard mondiale. Altro potenziale veicolo di business è anche il passaggio verso il T2, la seconda generazione dello standard del digitale terrestre, che, come ha sottolineato Gino Alberico, dirigente del Centro ricehrche Rai di Torino, aumenta la capacità di trasmissione del 50-60% ma comporta il cambio del televisore.
Le aziende italiane hanno quindi le capacità tecnologiche e Rai Way, l’azienda più importante del settore, può essere il player che raggruppa un gruppo di imprese che, superando il problema delle piccole dimensioni, possono presentarsi sui mercati stranieri, fornendo opportunità di lavoro sia imprenditoriale che dipendente anche a personale italiano.
Ed è su questo che si è aperto un dibattito alimentato dalla presenza di Lucio Coggiatti dell’Istituto del commercio estero e del Consigliere Nicola Lener del Ministero degli Esteri. Moderata da Roberto Azzano, vicepresidente ANFoV, la discussione ha coinvolto anche Nello Genovese, vice presidente Anitec (Associazione industrie informatica, tlc ed elettronica di consumo), Sergio Visentin presidente Ibas (Consorzio italian broadcasting advanced solution), Roberto Bedani direttore generale di Confindustria digitale e Amedeo Zuccaro, responsabile dell’unità di ricerca di St Microelectronics.
Se da una parte Ministero degli Esteri e Ice hanno spiegato il loro approccio e la disponibilità verso le imprese impegnate sui mercati esteri , dall’altra non sono mancate le critiche di chi non ha ottenuto negli anni la collaborazione necessaria per concretizzare adeguatamente i progetti.
L’individualismo degli imprenditori italiani, la mancanza di progettualità, le ridotte dimensioni delle aziende, l’incapacità di fare squadra oltre alle carenze nella preparazione delle visite all’estero sono gli altri fattori che di fatto limitano allo stato attuale la presenza italiana sui mercati stranieri dove a volte facciamo anche fatica a essere percepiti come produttori di tecnologia.
Inoltre non è possibile limitare l’azione alla presenza in qualche fiera, ma avere contatti costanti con il pieno supporto del vertice politico. La discussione però non finisce qui. Preso atto delle critiche il ministero, con Rai Way come capofila, intende convocare i player della filiera per ulteriori incontri. Il digitale terrestre italiano non vuole e non può perdere questa occasione. I presupposti per questa internazionalizzazione ci sono e le opportunità di fare impresa e lavorare in questi mercati anche.