Reati informatici

Digital Crime. ‘I reati nei social network’. Intervista a Eugenio Albamonte

di Paolo Galdieri, Avvocato, Docente di Informatica giuridica, LUISS di Roma |

I social network sono un luogo o un mezzo per commettere reati? Intervista ad Eugenio Albamonte, Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Roma, facente parte del pool di contrasto alla criminalità informatica.

I social network sono un luogo o un mezzo per commettere reati? Lo abbiamo chiesto al Dott. Eugenio Albamonte, Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Roma, facente parte del pool di contrasto alla criminalità informatica.

 

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.
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Key4biz. Dottor Albamonte quali sono i reati che si realizzano con maggior frequenza nei social network?

 

Eugenio Albamonte. I social network sono diventati il “luogo” virtuale dove vengono commessi una gran parte di reati, prevalentemente comuni e non caratterizzati dal perseguimento di finalità di lucro. L’avvento e la larghissima diffusione di internet e degli spazi di comunicazione sul web, oramai accessibili a chiunque ed utilizzati quotidianamente da tutti noi, ha determinato, infatti, il potenziamento dei mezzi di comunicazione, accompagnato da un ritardo nel percepire il valore giuridico delle condotte commesse tramite tali strumenti, come se, nella percezione diffusa, non fosse stato ancora comunemente recepito che il web non costituisce un ambiente sottratto ai principi ed alle regole di diritto, nel quale esprimersi senza freni e senza regole e senza poter incorrere in conseguenze giuridiche.

 

Key4biz. Come si traduce l’esplosione del web in termini giudiziari?

 

Eugenio Albamonte. Nella prassi giudiziaria assistiamo alla proliferazione delle querele e dei reati, commessi a mezzo del web, secondo progressioni esponenziali mai rilevate in passato.

Key4biz. Quali sono i reati più comuni su Internet?

Eugenio Albamonte. Tra i più comuni certamente ricorrono le diffamazioni, le

ingiurie e molteplici forme di minacce, dalle più larvate e simboliche sino a quelle brutalmente esplicite.

Key4biz. Quali sono i reati più comuni sui social network?

Eugenio Albamonte. E’ molto frequente la diffusione tramite social network di immagini e video attinenti alla vita intima e sessuale delle persone, effettuate da terzi e contro la volontà delle persone ritratte. Tali condotte realizzano certamente la violazione dell’art. 167 del cd Codice della Privacy. Tra i fenomeni più preoccupanti si annoverano poi il cyber stalking ed al cyber bullismo, consistenti in condotte reiterate di molestia attuate “braccando” la vittima all’interno dei social network che la stessa è abituata a frequentare.

Key4biz. Concretamente come funziona?

Eugenio Albamonte. Le modalità concrete sono le più varie e in parte coincidono con quelle già descritte. Talvolta si associano alla creazione di falsi profili o pagine web apparentemente riconducibili alla vittima ma, in verità a lei del tutto estranee, che vengono utilizzate per attribuire alla stessa dichiarazioni o comportamenti che ne danneggiano l’immagine sociale e le relazioni personali. Le stesse finalità vengono altre volte raggiunte “usurpando” i profili personali della vittima attraverso l’utilizzo indebite delle relative credenziali di accesso illecitamente carpite o cedute in buona fede dall’ingenua vittima.

Key4biz. Quali sono i maggiori problemi che si incontrano nel corso delle indagini e le soluzioni adottate?

 

Eugenio Albamonte. Se causa della proliferazione dei reati nei social network è la mancata percezione dell’antigiuridicità di tali condotte, inserite nel contesto del modo virtuale, complice di questo atteggiamento è certamente il mito, ancora troppo diffuso, dell’anonimato garantito dal mezzo di comunicazione; la convinzione cioè che sia sufficiente occultare la propria identità dietro un nickname per rimanere non identificati e impuniti in caso di commissione di condotte illecite.

 

 

Key4biz. Ma il nickname non garantisce affatto l’anonimato online.

Eugenio Albamonte. Ovviamente no, atteso che l’utilizzo ai fini investigativi dei dati relativi alla connessione utilizzata per l’accesso ad internet, nei casi più comuni e più frequenti di condotte illecite, realizzate da persone non professionalmente dedite alla commissione di reati tramite il web, consente di individuare gli autori del fatto e di sottoporli al procedimento penale. Una volta individuato il soggetto autore è poi possibile eseguire una perquisizione informatica sul PC in uso all’indagato ed una successiva analisi forense dello stesso. In tal modo saranno rilevate le “tracce informatiche” delle condotte poste in essere, che rimangono registrate nella macchina. Tali elementi e riscontri tecnici, prodotti in giudizio, completeranno il compendio probatorio necessario per il raggiungimento di una pronuncia di condanna.

 

Key4biz. Quali sono i maggiori ostacoli in fase di indagine?

Eugenio Albamonte. Un ostacolo alle attività di indagine viene spesso frapposto dalla dimensione transnazionale del web, in ragione della quale la collocazione dei server sui quali sono radicati i principali social network si trova all’estero. Ciò complica lo svolgimento delle indagini, atteso che i dati relativi alle connessioni effettuati dai soggetti italiani sono custoditi all’estero ed è necessario utilizzare gli strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale per acquisirli. Altro elemento di complicazione è costituito dalla conservazione di tali dati presso i provider esteri. Infatti, in assenza di una normazione sovranazionale relativa alla c.d. data retention, ciascun operatore conserva i dati per il periodo richiesto dalla propria legislazione nazionale o, in mancanza, per il tempo stabilito dalle clausole contrattuali che regolano i rapporti con la sua clientela. La breve durata di tali periodi di conservazione mal si combina con i tempi prolissi di evasione delle procedure di rogatoria internazionale, con il rischio che dati, indispensabili ad individuare gli autori dei reati ,vengano cancellati prima che possa essere portata a compimento la rogatoria.

 

Key4biz. L’Unione Europea ha fornito indicazioni in ordine al contrasto dei reati commessi nei social network?

 

 

Eugenio Albamonte. Un importante aiuto alla speditezza ed all’efficacia delle indagini che impongono l’acquisizione di dati di traffico telematico custoditi da provider esteri è offerto dall’art. 32 della Convenzione di Budapest ratificata dall’Italia con la legge 18 marzo 2008 n. 48 (GU n.80 del 4-4-2008 – Suppl. Ordinario n. 79 ) entrata in vigore il  5-4-2008. La norma prevede tra l’altro l’ipotesi in cui lo Stato che sta svolgendo le indagini voglia accedere a dati presenti in un sistema informatico situato sul territorio di un altro Stato (aderente al trattato). Per l’ipotesi in esame la norme prevede la possibilità di accedere ed acquisire i dati senza ricorrere agli strumenti di cooperazione giudiziaria in tutti i casi in cui venga ottenuto il consenso, libero e legalmente valido, prestato dal soggetto titolare del diritto a rendere noto il dato, cioè, ad esempio, dalla società che gestisce il social network utilizzato per la commissione del reato.

 

Key4biz. Com’è l’atteggiamento degli Internet provider in fase di indagine?

Eugenio Albamonte. Sulla base di questa previsione normativa si rileva la sempre maggior disponibilità, da parte degli internet service provider e degli internet host provider, ad offrire collaborazione spontanea all’autorità giudiziaria impegnata nello svolgimento di indagini. Infatti, sempre più frequentemente, i soggetti che offrono servizi sul web adottano politiche aziendali di collaborazione con le autorità giudiziarie e di polizia di Stati diversi da quelli nei quali si collocano i rispettivi server, rendendosi disponibili a fornire dati di rilievo investigativo in loro possesso, senza l’attivazione di strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale. In base a tali politiche aziendali è solitamente previsto, infatti, che le informazioni ed i dati richiesti vengano forniti in base alla comunicazione diretta di una richiesta formale (solitamente proveniente dall’autorità giudiziaria straniera), ancorché, ovviamente, tale richiesta non assuma potere coercitivo o vincolante nei loro confronti in quanto emessa da uno Stato estero. In questi casi, quindi, la collaborazione viene resa pur non essendo il soggetto che la offre legalmente obbligato.

Key4biz.  La legislazione italiana vigente, positiva e processuale, è sufficiente per un serio contrasto dei reati perpetrati nei social network?

Eugenio Albamonte. La legislazione nazionale è attestata sugli standard fissati dalla Convenzione di Budapest che, pur essendo nata nell’ambito del Consiglio di Europa, sta assumendo il ruolo di convenzione planetaria per il contrasto al cyber crime, avendo sino ad oggi ottenuto la ratifica da molti paesi extra europei. In questo settore, caratterizzato dalla globalità delle interconnessioni non è pensabile che il singolo Stato assuma iniziative legislative del tutto autonome e scollegate rispetto agli strumenti di normazione sovranazionale. E’ auspicabile, per il futuro prossimo, che la Convenzione vigente sia implementata ed arricchita di ulteriori addendi, che rendano ancor più agevoli le cooperazioni spontanee tra autorità giudiziarie e provider da un lato e che, dall’altro, impongano standard internazionali per modalità e durata di conservazione dei dati di traffico telematico, così consentendo alle attività di contrasto e di indagine di assumere una velocità ed effettività analoga a quella di cui oggi godono le azioni illegali perpetrate tramite il web.

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