Se l’automazione e la robotica potranno in un futuro prossimo togliere lavoro e creare nuova disoccupazione tecnologica, è anche vero, come più volte spiegato in diverse ricerche, che tale minaccia è superabile solo se impareremo al più presto a lavorare fianco a fianco con le macchine.
Ad esempio, la digital transformation (DX) in atto produce sostanzialmente una montagna di dati (big data). Su questi si basano la gran parte delle tecnologie abilitanti tale trasformazione, come i sistemi di data analytics, l’Internet delle cose, le piattaforme machine to machine, la sensoristica, l’intelligenza artificiale, la machine learning, il cloud computing e molto altro.
La nuova indagine “Jobs of The Future” del gruppo Hays, condotta su di un campione di 300 professionisti italiani, chiamati ad esprimere la propria opinione su quale sarà l’evoluzione del settore dell’information technology (IT) entro il 2025, pone l’accento proprio sull’ampia possibilità di creare nuovi posti di lavoro a partire dalle nuove competenze ed abilità 4.0.
Dai risultati della survey, i cinque profili IT più ricercati dai recruiter entro il 2025 saranno nel 54,6% i big data expert, seguiti dagli IT security specialist (44,58%) e al terzo posto dagli app developer (26,10%), quindi i multichannel architect (24,90%) e gli interactive developer (23,29%).
Riguardo alla probabilità che l’introduzione nel mondo del lavoro dell’intelligenza artificiale e altre tecnologie disruptive possa nel 2025 generare disoccupazione tecnologica, il 60% degli intervistati ha dichiarato che “l’impatto della digitalizzazione nella vita quotidiana non farà scomparire le professioni cosiddette tradizionali, semmai si assisterà alla nascita di figure professionali ibride, con forti competenze in ambito IT”.
Serviranno come detto delle nuove competenze e infatti dallo studio viene fuori che per essere costantemente allineati con le nuove tecnologie è imprescindibile la formazione continua: “il 39% dei professionisti intervistati sostiene di aggiornarsi ogni 6 mesi, mentre il 39,50% addirittura ogni 3”.
In base a queste considerazioni, possiamo immaginare che professioni che un tempo non avevano nulla a che vedere con la tecnologia saranno inevitabilmente investite dalla digitalizzazione, portando i lavoratori di qualsiasi settore a “dover acquisire competenze informatiche per potersi mantenere competitivi e indispensabili sul mercato”.
Sarà sostanzialmente necessario rivedere l’attuale concezione di figure classiche, come ad esempio il fabbro, che in futuro potrebbe diventare un informatico con approfondite competenze in tecnologia e domotica.
Tornando all’ecosistema dei dati e delle informazioni, motore dell’economia digitale mondiale, diverse sono le figure professionali che emergeranno in questo ambito, tra cui spiccano data scientist e data architect, big data engineer e chief data officer (CDO).
Altri invece saranno lavori completamente nuovi, come ad esempio i programmatori di intelligenze artificiali (49,25%), professionisti capaci di analizzare e gestire grandi quantità di dati, oppure i robotic engineer (48,26%), studiosi della robotica applicata in ambito industriale, e i guardiani della privacy online (36,82%), esperti di cybersicurezza.
Non di secondaria importanza è anche il quadro legislativo di riferimento e il tipo di contratti che saranno più diffusi nel 2025. Secondo il 69,3% del campione, entro quella data le aziende dei settori IT si rivolgeranno maggiormente a professionisti freelance, piuttosto che assumere nuovo personale IT interno all’azienda.
Secondo il 72% degli intervistati, inoltre, sarà sempre più diffusa la cosiddetta gig economy, un modello economico in cui le prestazioni lavorative continuative non esistono più, ma si lavorerà on demand, cioè solo quando c’è richiesta per i propri servizi, prodotti o competenze.