“Attualmente l’Italia è intrappolata in un low-skills equilibrium, un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese”. È questa l’amara conclusione a cui giunge il rapporto Ocse Strategia per le competenze focalizzato sull’Italia. E all’interno delle stesse aziende, e il riferimento nel report è a quelle a gestione familiare (sono più dell’85 per cento del totale, con circa il 70 per cento degli occupati), i modesti livelli di skill dei manager e dei lavoratori si combinano con bassi investimenti in tecnologie e con scarsa adozione di pratiche che ne migliorino la produttività. Questo genera “un circolo vizioso”: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese. Il risultato? Una performance economica dell’Italia, negli ultimi 15 anni, “piuttosto fiacca”.
Dunque è stato il basso livello di competenza a contribuire al ristagno economico dell’Italia; migliorare questa performance sarà, dunque, cruciale per favorire una crescita che sia sostenibile e inclusiva in tutto il territorio nazionale. Dall’indagine dell’Ocse emerge che “i lavoratori italiani possiedono un basso livello medio di competenze” e che hanno, rispetto a quanto avviene in altri Paesi, “minori probabilità di utilizzare specifiche competenze cognitive, che sono importanti nella performance dei lavoratori e delle imprese. Queste carenze si ritrovano anche tra laureati italiani”.
Lavoratori sotto qualificati e con basse competenze
Circa il 6% dei lavoratori possiede competenze basse rispetto alle mansioni svolte, mentre il 21% è sotto qualificato. Sorprendentemente, malgrado i bassi livelli di competenze che caratterizzano il Paese, si osservano numerosi casi in cui i lavoratori hanno competenze superiori rispetto a quelle richieste dalla loro mansione, cosa che riflette la bassa domanda di competenze in Italia. I lavoratori con competenze in eccesso (11,7%) e sovra-qualificati (18%) rappresentano una parte sostanziale della forza lavoro italiana. Inoltre, circa il 35% dei lavoratori è occupato in un settore non correlato ai propri studi.
Il confronto con i lavoratori dei Paesi G7
Ma “l’Italia è anche caratterizzata da significativa eterogeneità; i migliori lavoratori italiani hanno, in diverse aree di competenza, un livello pari a quello dei più qualificati lavoratori degli altri Paesi del G7. In particolare, nel confronto con gli altri Stati i lavoratori italiani mostrano buoni livelli di competenza riguardo alla ‘rapidità d’apprendimento e problem solving’.
Le competenze digitali sono una soluzione
L’Italia deve migliorare l’allineamento tra domanda e offerta di competenze. Il nostro Paese ha bisogno di definire rapidamente una strategia di sviluppo delle competenze che promuova lo sviluppo in tutto il territorio nazionale e giorno dopo giorno la produttività e l’economia di un Paese è sempre più legata alle competenze digitali. Fino al 2020 saranno vacanti fino a 750mila posti destinati ai professionisti dell’Ict: questa la stima della Commissione in base alla carenza di personale dotato delle necessarie digital skill. Un’Europa digitale ha bisogno di lavoratori digitali.