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Digital payment, e l’Italia scoprì i pagamenti innovativi

In Italia, come nel resto del mondo, non accenna a fermarsi la crescita dei “pagamenti innovativi” – un termine che comprende in particolare quelli effettuati con carta contactless e quelli da smartphone, come Apple Pay. In totale, secondo il recente studio pubblicato dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, su 240 miliardi di euro pagati con carte nel 2018 (il 37% dei pagamenti totali delle famiglie italiane), le tecnologie innovative hanno rappresentato circa un terzo del totale, ovvero 80 miliardi di euro.

Nel dettaglio, l’anno scorso in Italia ci sono state transazioni contactless per un totale di 1 miliardo, arrivando a 47 miliardi di euro complessivi; del resto, come fa notare l’Osservatorio, rispetto al passato oggi sono molti di più i POS abilitati a leggere queste carte, oltre al numero di banche che supportano la tecnologia contactless per i propri strumenti finanziari. Un discorso che vale ancora di più per tutte le carte-conto e analoghi sistemi di pagamento innovativi, in grado di coniugare la completezza di un conto corrente con l’agilità di una semplice card – magari in elegante metallo – e di un’app per smartphone. N26, Hype, Tinaba sono solo alcuni nomi delle carte che supportano o la tecnologia contactless o i pagamenti digitali tramite circuiti come Google Pay e Apple Pay, quando non entrambi (su SosTariffe.it è possibile metterle a confronto per scoprire la più conveniente e più adatta alle diverse necessità).

Le spese digitali degli italiani

Ma quanto spendono gli italiani con questi nuovi strumenti? Può forse stupire che, in un’ottica di crescita complessiva, l’ammontare dello scontrino medio relativo a una transazione contactless sia sceso da 48 euro a transazione a 45 euro a transazione, ma questo in realtà significa che anche per le micro-transazioni –  e non solo più per gli acquisti particolarmente onerosi – sta prendendo piede l’abitudine di estrarre la carta e avvicinarla direttamente al POS, relegando il denaro contante sempre più a una extrema ratio in quei rari casi dove gli esercizi commerciali non sono abilitati per questo genere di pagamenti.

Anche i pagamenti da smartphone, i cosiddetti Mobile Proximity Payment, sono cresciuti, ma qui la percentuale è davvero impressionante: rispetto all’anno scorso l’aumento è stato infatti del +650%, per un totale di 530 milioni di euro e 15,6 milioni di transazioni effettuate. Ma il bello probabilmente verrà dopo, visto che secondo le proiezioni sarà tra il 2020 e il 2021 che il valore complessivo nei nostri Paesi potrebbe avvicinarsi ai 5-10 miliardi di euro.

Parcheggi e biglietti del bus

Ma il cellulare non viene utilizzato soltanto come surrogato della carta di credito: ancora più importanti, almeno attualmente in quanto a fatturato, sono i Mobile Remote Payments, ovvero tutti i pagamenti di bollette, bollettini, ricariche telefoniche, biglietti dell’autobus, noleggio di auto o taxi che vengono effettuati con lo smartphone. Qui una delle categorie che ha fatto registrare i migliori risultati è quella della mobilità, con un +53% legato al pagamento di parcheggi, biglietti per i mezzi pubblici, taxi, servizi di car sharing e di bike sharing, per un totale di 180 milioni di euro. Una cifra destinata ad aumentare, ovviamente, man mano che diventeranno sempre più numerosi i comuni in grado di supportare questa tecnologia: attualmente sono 460, il 5,8% del totale, rispetto al 4,6% dell’anno precedente (si tratta ovviamente di quelli a maggior densità di popolazione, per un totale pari al 39% della popolazione italiana complessiva).

In particolare, sono il car sharing e il bike sharing a far segnare le cifre più significative, con un totale di transazioni per 90 milioni di euro e una crescita del 49%. Molto bene anche i pagamenti dei tax mediante app, per 40 milioni di euro complessivi, con parte del merito che va alle convenzioni per rimborsare le spese ai dipendenti. Seguono il pagamento del parcheggio via app e quello dei biglietti per i mezzi di trasporto pubblici.

Satispay, il successo tutto italiano

Quando si parla di pagamenti digitali, è quasi scontato pensare che i sistemi utilizzati arrivino tutti dagli Stati Uniti, e nella fattispecie da Apple e da Google. Ma non è un segreto che il reparto fintech sia in assoluto uno dei più interessanti per le startup (pensiamo ad esempio a Oval, l’app che permette di risparmiare arrotondando le proprie transazioni e di investire quasi senza accorgersene). Casi come quelli di Stripe, di Revolut, di Transferwise hanno dimostrato come in questo campo sia possibile passare da concetto a “unicorn” – ovvero startup con un valore superiore al miliardo di dollari – nel giro di pochissimo, a volte due o tre anni.

Anche senza aver raggiunto traguardi così prestigiosi, quasi impossibili per un’impresa nostrana, è comunque l’italianissima Satispay a cantare vittoria in base ai risultati dell’osservatorio: nei pagamenti mobile nei negozi, sui già citati 15,6 milioni di transazioni ben 5,5 sono stati effettuati con questa piattaforma, il tutto considerando che i pagamenti in negozio rappresentano soltano il 60% del volume totale dei pagamenti di Satispay.

Ecco perché il co-founder e CEO dell’azienda italiana, Alberto Dalmasso, può essere più che soddisfatto: «a fronte di un incremento del 650% del segmento, che include anche numerosi servizi di pagamento in prossimità basati su carta, l’altissima frequenza di utilizzo di Satispay si riflette nel fatto che oltre un terzo del numero dei pagamenti in negozio via smartphone è effettuato con la nostra app. Un dato ancor più rilevante se si considera che siamo indipendenti e per questo abbiamo dovuto costruire un network di accettazione degli esercenti partendo da zero, ma che oggi cresce al ritmo di 150 ogni giorno. Un risultato che ci dice di essere sulla strada giusta per portare a compimento il nostro disegno di semplificare la vita delle persone e conquistare l’Europa».

E se i consumatori si muovono in una direzione, è normale che gli esercenti li seguano, nel tentativo di non rimanere indietro: per questo sono sempre di più i negozi, i ristoranti e gli altri esercizi commerciali convenzionati con Satispay, e che offrono sconti con il meccanismo del cashback.

D’altra parte, chi non ha un POS in grado di accettare i pagamenti via smartphone può farlo con una spesa tutto sommato limitata: qui a influire non è tanto il costo del terminale, di solito trascurabile, quanto le commissioni, che possono variare (di solito tra l’1% e il 3%, ma ovviamente dipende dal circuito di riferimento).

Fonti:

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