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DMA, l’UE multa Apple e Meta ma con mano leggera: i dazi di Trump mettono paura

Bruxelles multerà Apple e Meta, ma senza far male

Bruxelles si prepara a infliggere sanzioni a Apple e Meta nell’ambito del Digital Markets Act (DMA), ma – secondo quanto riportato in un articolo pubblicato dal Financial Times – lo farà con la mano leggera.

Le multe, infatti, saranno ben al di sotto del massimo previsto dalla normativa (fino al 10% del fatturato globale), in un delicato tentativo dell’Unione europea (Ue) di mantenere l’equilibrio tra l’applicazione delle nuove regole digitali e il contenimento delle tensioni commerciali con l’amministrazione Trump.

Dal 2 aprile, infatti, partiranno i dazi del 25% su acciaio e alluminio decisi dagli Stati Uniti, che colpiranno le esportazioni di automobili e componenti made in Eu (e molti altri prodotti).

L’Europa si è detta pronta a colpire l’economia americana dove fa più male per generare “il massimo impatto“, ma è evidente a tutti il doppio registro scelto dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiamata a un delicato esercizio di equilibrismo: mostrare i muscoli a Washington mantenendo tuttavia vivo il dialogo, per scongiurare un’escalation che potrebbe colpire le eccellenze industriali e agroalimentari delle principali aziende europee.

Le sanzioni in dettaglio

Apple sarà multata e obbligata a modificare le regole dell’App Store, accusate di ostacolare la concorrenza e di limitare la libertà degli sviluppatori. Meta, invece, dovrà rivedere il proprio modello “paga o acconsenti, con cui obbliga gli utenti europei a scegliere tra l’accettazione della profilazione pubblicitaria o il pagamento per l’uso dei servizi come Facebook e Instagram.

Allo stesso tempo, Bruxelles archivierà un’altra indagine nei confronti di Apple riguardante la schermata di scelta del browser web, senza imporre ulteriori sanzioni.

L’ombra lunga di Trump

La scelta di imporre multe minime non è casuale. Il Digital Markets Act, entrato in vigore di recente, è ancora in una fase di assestamento ed è probabile che venga contestato nei tribunali dalle Big Tech. Ma ciò che pesa maggiormente è lo scenario geopolitico: l’ex presidente Donald Trump, ha da tempo bollato le politiche antitrust europee come “estorsione d’oltreoceano” e sta usando le tariffe commerciali come una clava sull’Europa proprio per ottenere il massimo del risultato su tutta una serie di tematiche chiave per l’economia americana.

Secondo quanto riportato dal Financial Times, la Commissione europea teme che un approccio troppo aggressivo nei confronti delle aziende americane possa scatenare ulteriori bordate di dazi sul vecchio continente.

Il problema è che in questo caso specifico si vede quanto il tema dell’autonomia e dell’indipendenza digitale sia tutt’altro che scontato, confermandone l’urgenza. Fondamentale è riflettere su quanto sta accadendo, sul ruolo dell’Europa a livello internazionale e sulla capacità di Bruxelles di governare a casa sua.

La vicenda riflette una tensione sempre più evidente tra il bisogno dell’UE di regolamentare in modo efficace i mercati digitali – spesso dominati da colossi americani – e la necessità di non incrinare i rapporti commerciali con un partner strategico come gli Stati Uniti.

Il difficile equilibrio tra regolazione e diplomazia, in gioco c’è la nostra indipendenza e autonomia

L’Unione si trova a dover dimostrare la credibilità della sua nuova architettura normativa, come il DMA e il DSA (Digital Services Act), strumenti chiave per esercitare sovranità tecnologica e giuridica, senza però diventare bersaglio di ritorsioni economiche o di accuse di protezionismo mascherato.

Il rischio è che l’applicazione troppo morbida delle regole possa indebolire l’efficacia della normativa stessa e incoraggiare comportamenti elusivi da parte delle piattaforme. D’altra parte, un’applicazione eccessivamente rigida rischia di trasformare la regolazione digitale in una miccia per conflitti commerciali globali.

Resta da vedere se questo approccio riuscirà a bilanciare enforcement e diplomazia, oppure se Bruxelles sarà costretta in futuro a scegliere tra la tutela del mercato interno e la stabilità dei rapporti transatlantici. In un anno elettorale cruciale per gli Stati Uniti e l’Europa, la posta in gioco va ben oltre le multe: è il futuro della sovranità digitale europea.

I contro-dazi europei e (di nuovo) la via cinese

Bruxellles è comunque chiamata a rispondere. I dazi americani comunque colpiranno l’export europeo e una posizione di attesa e immobilità potrebbe solo peggiorare la situazione su un fronte industriale ed economico ben più grande.
La Commissione ha parlato di “contro-dazi intelligenti“, che al momento sono rinviati al prossimo 13 aprile. Una risposta alla raffica di tariffe di Trump su acciaio e alluminio, che però restano in fase di definizione. L’elenco, dal valore di oltre 21,5 miliardi di euro, è ancora sotto chiave, ma sarà mirato a “provocare il massimo impatto sugli Stati Uniti, riducendo al minimo i danni per l’economia europea“, ha garantito il portavoce della Commissione.

Una scelta che non è condivisa dalla Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, che parlando sempre al Financial Times ha dichiarato: “Bisogna mantenere la calma… Evitare di reagire d’istinto e lavorare pe una buona soluzione comune”.

Meloni ha poi in qualche modo assolto Trump, ricordando a tutti che “gli Stati Uniti perseguivano da tempo un programma sempre più protezionistico”, citando l’Inflation Reduction Act di Joe Biden.
L’Italia, per bocca del suo Premier, sembra posizionarsi più come Paese filo-americano che membro dell’Unione europea: “I nostri rapporti con gli Stati Uniti sono i più importanti che abbiamo”, ha affermato.

Siamo quindi ancora nella fase dell’immobilità e dell’indecisione. E in questo limbo politico di portata storica, si (ri)apre la porta del grande Oriente.

Il responsabile del Commercio Ue ha incassato l’apertura del vicepremier cinese He Lifeng, che si è detto “pronto a rafforzare il dialogo e la comunicazione” con Bruxelles e a “gestire correttamente le controversie economiche e commerciali” in nome della “lotta comune contro l’unilateralismo e il protezionismo“.

Indipendenza digitale imperativo strategico

L’Indipendenza digitale emergere quindi come un imperativo strategico, politico ed economico. Per questo è stata avviata con decisione l’iniziativa “Indipendenza Digitale” di Key4biz, in collaborazione con ReD OPEN, spin-off dell’Università degli Studi Milano-Bicocca.

All’interno del progetto, stiamo organizzando la prima Conferenza italiana sull’Indipendenza Digitale il 27 maggio 2025 a Roma. 

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