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Digital Education. Perché Telegram è la piattaforma irrinunciabile per il business

Telegram, perché? E perché parlarne in una rubrica dedicata all’Educazione Civica Digitale?

Il «perché» di Telegram è presto detto. Perché ti risolve la vita. È la risposta alla domanda chiave: come fare business oggi in tempi di crisi tramite il Digitale, usandolo bene, dunque proficuamente, in modo responsabile, etico e, così, produttivo e remunerativo. Telegram è lo strumento che aiuta a raggiungere il successo, i propri traguardi e obiettivi, nel lavoro e nella vita: a beneficio non solo nostro, ma della società tutta, sul piano educativo e istituzionale, dell’informazione e della comunicazione.

Telegram è il braccio operativo della #Digital #Education, dell’Educazione Digitale come Educazione Civica Digitale e, anzitutto, Educazione: il modello di quel «Digitale Utile» capace di sprigionare tutto l’«Utile del Digitale», purché ben usato. Facile è però utilizzar bene Telegram. Per sua natura, l’App è già digitalmente educata e, al meglio, può essere impiegata bene per il bene, con consapevolezza e proficuità per tutti.

Questo, per aziende e investitori, si traduce in applicazione operativa immediata – un Telegram For Business – con vision tattico-strategica innovativa ma già sperimentata con grande successo.

Il segreto? Nel suo DNA, decisivo in due sensi: assoluto – in sé, per features intrinseche all’App – e relativo, se contestualizzato nella nostra epoca, nel nostro ecosistema digitale, comparato con le altre App e social network che ne fanno apprezzare tanto più l’irripetibilità.

Quattro i fattori decisivi genetici:

  1. Velocità e sicurezza;
  2. Valore unico del network creato;
  3. Niente barriere all’ingresso: progetto non commerciale, gratuito;
  4. ROI al 100%, per il rapporto unico qualità-prezzo: tutto questo per tutti a costo (quasi) zero.

Elementi ancor più rilevanti se raffrontati con Facebook, WhatsApp e gli insuccessi – se non le storture – cui conducono noi utenti, sempre connessi, quasi sempre inconsapevoli. Violazioni della privacy, tracciamenti online e offline, #FakeNews e una Web Violence che è già violenza reale. Qui emerge il valore relativo di Telegram, il suo plus doppiamente vincente:

  1. Privacy garantita per mission;
  2. Informazione vera contro ogni #FakeNews;
  3. Lotta costante contro la violenza, in rete e nel mondo.

Così Telegram – 200 milioni di utenti attivi, 700.000 nuovi iscritti al giorno e una crescita annua di oltre il 70% – può dirsi l’«App Utile che porta all’Utile», fa l’«Utile con l’Utilità». Nonostante ciò, da più parti si sente ancora dire che in pochi la conoscano e la usino davvero – terroristi a parte, s’intende, altra #FakeNews che meriterà un capitolo a sé – nel predominio di WhatsApp e Messenger, Snapchat o Instagram. Eppure i dati parlano chiaro: non solo quelli più recenti cui si è fatto cenno sopra, rilasciati tra la seconda metà del 2017 e la prima del 2018. Già in precedenza circolava la voce di un boom per Telegram.

Stando all’analisi di Vincenzo Cosenza, pubblicata il 10 luglio 2017 – da prendersi in ogni caso con le pinze, in quanto realizzata, come lui stesso specificava, «in assenza di statistiche ufficiali» – se WhatsApp restava la più usata dagli Italiani, con 22 milioni di utenti, seguita da Messenger, 15, e Skype, 8, al quarto posto si piazzava Telegram, usata da 3,5 milioni di italiani, «in crescita del 150% rispetto allo scorso anno». I pochi dati ufficiali parlavano allora di «oltre 100 milioni di utenti attivi raggiunti in due anni e mezzo». Dal 2013 cioè: dal 14 agosto di quell’anno, quando viene pubblicata Telegram per iOS, e dal 20 ottobre per la versione alpha per Android, grazie all’impegno di Pavel e Nikolai Durov, sostenuto finanziariamente da Pavel stesso grazie al suo fondo «Digital Fortress». «L’utenza più attiva», continuava Cosenza, «è quella dei 15-24enni, che lo usano per le sue caratteristiche di segretezza (è stato il primo a introdurre una criptatura end-to-end) e per la presenza di Bot, che automatizzano il delivery dei messaggi. Queste funzioni stimolano un’attività media di 2 ore e 30 minuti a persona».

«Boom» o meno allora, dopo circa un anno numeri e dati, stavolta in toto ufficiali, non lasciano dubbi. E, in ogni caso, proprio l’obiezione che molti ancora fanno – anche professionisti come in questo tweet, «Qual è la percentuale di diffusione di #telegram in Italia, il 10%? E quella di #whatsapp, l’80%?» – una delle prime accuse verso la forza della piattaforma, scopriremo essere, in maniera solo apparentemente paradossale, tra i maggiori punti di forza dell’App.

Non servono ricerche particolari, infatti, per prender coscienza di un fenomeno in atto da due o tre anni: poco dopo che la scoprii, verso la fine del 2015, un po’ pionieristicamente per me, non un nerd ma una divulgatrice – impegnata però in un #LifeLongLearning che mi fa accedere prima alle fonti di news destinate a esser colte e riportate da noi solo settimane dopo -, restando stupita ed entusiasta dinanzi ai molteplici vantaggi che mostrava rispetto alle altre App. Pensai subito alla proficuità che poteva avere per il business: e per la vita. Così iniziai a scriverne. E non ho più smesso: curando da anni quel che ho chiamato il Canale della #Digital #Education, con il «#TGZ», 3 news in anteprima a ogni alba; col Bot @RaquelZBot, creato (da sola) per garantire comunque possibilità di dialogo, engagement, aiuto e supporto; e soprattutto con il mio libro, Telegram perché, pubblicato l’anno scorso con la prefazione di Marco Stancati, ma attuale come scritto oggi. Merito non mio ma della piattaforma: che fuoriesce dai circuiti consueti del Digital Marketing, da quella «liquidità» per cui quanto si scrive oggi su Facebook è già vecchio alla pubblicazione. Un plus meritevole di un’attenzione particolare.

Di quale fenomeno parlo? Di una proliferazione di Canali e Gruppi nell’App gestiti da neofiti ma anche, e quasi soprattutto, da professionisti del Digitale: più spesso guidati, però, dalla voglia di esserci, di un «cartellino da timbrare», anziché dalla reale comprensione delle possibilità uniche offerte da Telegram. Quel che vediamo spesso, invece, somiglia più a una reduplicazione di contenuti postati altrove – blog, social network – o a una sorta di newsletter. Senza criterio né strategia: senza comprendere dove e come camminare, per far fruttare i nostri passi.

Il punto non sta perciò tanto nel numero di utenti, in quanti siamo a usarla, bensì in come la usa chi c’è e, per chi non c’è, nell’intendimento di ciò che si perde. Senza contare quanto già accenato nel secondo «fattore decisivo genetico»: il «valore unico del network» così creato. Mettere un Like a una Pagina Facebook oggi non costa niente. Si passa, un «Mi Piace» e via. Se anche però la Pagina mi piace davvero, ma non sponsorizza i suoi post, scordiamoci di vederla aprendo la Home. Impossibile o quasi restare aggiornati. A che serve allora avere 10.000 Fan? Se invece, nel mio Canale Telegram, ho anche solo 100 membri, se cioè ho saputo convincere 100 persone a scaricare un’App «poco nota», a orientarvisi, cercarmi, seguirmi e restarmi uniti – visualizzando poi, magari pian piano ma costantemente, i miei post, le mie comunicazioni – allora quel manipolo di 100 varrà assai più di 10.000 altrove in termini di conversioni. 100 clienti che, se già tali, saranno ancor più fidelizzati o che, se non ancora tali, potranno divenirlo presto. E tutto ciò senza spendere 1 euro.

La consapevolezza è sempre la chiave. Poi si può fare qualsiasi scelta: solo dopo, però, aver capito. Che cosa? Che Telegram è, come detto, «utile-per-te»: utile non certo solo nel senso banale del termine, come qualcosa, cioè, di potenzialmente proficuo ma di cui si può far a meno, bensì come «indispensabile», per il tuo successo nel business e nella vita. È la risposta alla domanda chiave: come fare business oggi in tempi di crisi grazie al Digitale, usandolo bene, dunque proficuamente, nel modo più responsabile, consapevole, etico e, dunque, produttivo, remunerativo.

A più di qualcuno potrà sembrare eccessivo parlarne in questi termini. Cercheremo naturalmente di dimostrare al meglio queste frasi, al momento solo generiche. Telegram non è la panacea di ogni male: è «soltanto» una piattaforma. È però la piattaforma ideale per diffondere i contenuti che più ci stanno a cuore: o per riceverli. Telegram, verrebbe da dire, è il «braccio armato» dell’Educazione Civica Digitale, di un uso responsabile, etico dello strumento Rete: di quella consapevolezza per cui il Digitale non è che uno strumento, non buono o cattivo in sé ma tale in base all’uso che se ne fa. Come un martello, che può essere usato bene per appenderci un chiodo, o male, per ucciderci qualcuno. Così, e solo così, web e social e recuperano il loro vero senso e portano all’obiettivo.

Telegram, strumento Digital fra tanti altri ma, al contempo, fra i più adeguati allo scopo per le proprie features intrinseche, si mostra come via maestra per ottenere quella «Utilità» che è proficuità sul piano professionale, personale, sociale, etico, educativo. In tal senso Telegram è utile e, dunque, porta all’Utile, fa l’Utile con l’Utilità. Telegram aiuta, nella pluralità dei suoi sensi: consentendo così di sviluppare al meglio quel che io chiamo #HelpMarketing, #HelpFullNess, il «Marketing dell’Aiuto» – non distante dalla Youtility di Jay Baer,  teorico di quel «marketing tanto utile che la gente fa la fila alla tua porta per comprare da te», o dalla «Economia dell’Esperienza» di Brian Solis – «Experience is The New Brand» – con il suo X: The Experience Where Business Meets Design.

Per questo, anticipiamo già, Telegram è la piattaforma ideale per un’Educazione Digitale predicata e praticata che porti alla meta. È l’App che soddisfa al meglio i presupposti di ogni approccio corretto oggi, in tempi di crisi, al marketing, al business, alla vita: fare un uso digitalmente educato dello strumento Rete. Una Rete, quella di Telegram, come nessun’altra utilizzabile bene per il bene: la sola possibile exit strategy dalla crisi.

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