Perdiamo talenti e anche risorse di inestimabile valore per il Paese, perché ogni volta che sentiamo parlare di fuga di cervelli in realtà stiamo parlando di una perdita umana ed economica sempre più grande, che prima o poi avrà un peso enorme sulla vita economica dell’Italia.
“Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse, la fuga di cervelli all’estero che sta conoscendo l’Italia ci fa perdere circa 14 miliardi all’anno poco meno dell’1% del Pil“, ha dichiarato oggi il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ad un evento di Confindustria Digitale alla Luiss Business School di Roma.
Il ministro #Tria questa mattina è intervenuto alla #LuissBusiness per l'incontro #InvestireAccelerareCrescere con @ConfDigitale. #TrasformazioneDigital #MEF pic.twitter.com/8zRtrXdtCY
— MEF (@MEF_GOV) 16 luglio 2019
La trasformazione digitale implica che o si è protagonisti di questo processo inarrestabile o lo si subisce: “E se la subiamo, il rischio principale, a lungo termine, è politico, non economico. Ogni rivoluzione economica ha avuto la sua materia prima e oggi l’oro, il carbone, il petrolio, sono stati sostituiti dai dati. Dalla massa di informazione creata dipende la capacità di generare innovazione, nuovi servizi, nuove tecnologie“, ha affermato Tria secondo quanto riportato dalle pagine dell’Ansa.
“La produzione di questa materia prima è indipendente dalla possibilità di utilizzarla, questo nuovo petrolio lo produciamo anche in Italia, ma ciò che importa è chi lo possiede realmente e riesce a sfruttarlo“.
A livello europeo, ha poi precisato il Ministro: “Stiamo accumulando un ritardo rispetto ad altri player globali, sia per carenza di infrastrutture digitali sia per la difficoltà delle nostre imprese d’innovazione, delle nostre startup, di trovare un contesto favorevole a crescere e diventare”.
Tria ha poi accolto molto positivamente l’iniziativa odierna di Confindustria Digitale per un Piano strategico 4.0: “Sono convinto che si vinca la sfida del digitale investendo sulle persone, che occorre cambiare il nostro modo di concepire le competenze professionali, visto che il 65% dei bambini che iniziano la scuola primaria farà quassi sicuramente un lavoro che al momento ancora non esiste. Le nuove tecnologie chiederanno nuove professioni, non solo occorre ripensare il ruolo dell’informatica nella formazione obbligatorie, ma bisogna essere pronti a investire in una formazione linguistica più diversificata“.