In tema di robotica la scienza ormai procede ad un passo inarrestabile e i progressi avveniristici che fino a pochi anni fa trovavamo solo nei film di fantascienza costituiscono ormai una realtà. Appartiene solo a qualche giorno fa la notizia di Amazon, azienda leader nell’e-commerce, di aver ottenuto l’autorizzazione della Federal Aviation Administration ad iniziare i primi test per effettuare le consegne degli ordini attraverso i droni (progetto PrimeAir), con l’obiettivo così di riuscire a controllare tutti i passaggi della filiera, gestendo direttamente le consegne ai clienti.
La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.
Clicca qui per leggere tutti i contributi.
Il commercio non è però l’unico campo fertile in tema di intelligenze artificiali, trovando esse un’applicazione sempre più pervasiva specialmente in ambito medico. Basti pensare alla telechirurgia, alla biorobotica, alla robotica usata indistintamente per la chirurgia, la riabilitazione, la diagnosi, il ripristino di funzionalità motorie o l’assistenza personale. L’interesse per la chirurgia robotica nasce negli anni ‘80 per ovviare alle limitazioni esistenti in tema di chirurgia laparoscopica. I primi studi risalgono a quelli sulla realtà virtuale effettuati dalla NASA, che realizzò negli anni ’90 il “dexterous telemanipulator”, mentre, come per ogni innovazione, troviamo le sue prime applicazioni in ambito militare, più precisamente nell’Esercito degli Stati Uniti, che usò il macchinario per migliorare i soccorsi in territori di guerra.
Oggi l’uso di robot chirurgici è molto intenso. Vediamo, infatti, come solo nel 2011 gli interventi eseguiti mediante tali sistemi superano i 6000, con una prevalenza per quelli urologici, ginecologici e di medicina generale. A riguardo, sono proprio gli innumerevoli vantaggi (incisioni precise, riduzione del tremore fisiologico del chirurgo, minore invasività) e il richiamo pubblicitario garantito da tali macchinari che hanno portato tanti ospedali italiani a dotarsi dei più costosi robot chirurgici, come ad es. il Da Vinci, il Lokomat o, da ultimo, il Rio in ambito ortopedico.
Occorre però fare una precisazione a riguardo. La chirurgia robotica, con i macchinari all’avanguardia appena citati, non fa pienamente parte della categoria delle intelligenze artificiali, in quanto i robot usati non possiedono, in questo caso, un’autonomia operazionale e decisionale, aspetto invece caratterizzante le cd. I. A., rimanendo sempre in capo al chirurgo il controllo di tutti i movimenti degli strumenti che eseguono l’intervento.
Spieghiamo, allora, come funziona il cd. Sistema Da Vinci (Si – Intuitive), chiedendoci soprattutto se i problemi giuridici che esso pone sono molto diversi da quelli usuali in tema di responsabilità medica
Rispetto al primo punto, vediamo come il complesso sia composto da braccia meccaniche, comandate a distanza dal chirurgo, il quale rimane, quindi, a distanza dal tavolo operatorio, operando mediante una consolle che gli fornisce una visione tridimensionale. Alle braccia meccaniche sopra menzionate vengono fissati i ferri chirurgici necessari per l’operazione da effettuare. Il chirurgo opera seduto ad una consolle, corredata di un visore ad alta definizione, che fornisce immagini elaborate in 3D, aggiungendo una profondità realistica alla visione del campo operatorio. Lo specialista userà due manipoli, posizionati sotto il display, con i quali può controllare tutti gli strumenti robotici.
L’aspetto fondamentale è quello per cui il sistema riesce a tradurre perfettamente i movimenti della mano, del polso e delle dita del chirurgo in simultanei e precisi movimenti degli strumenti chirurgici. L’interfaccia robotica può regolare la risposta ai movimenti della consolle con un rapporto da 5:1 a 2:1 e filtrare il tremore fisiologico naturale del chirurgo.
Capito il funzionamento di un sistema così avanzato, vediamo quali sono le conseguenze giuridiche che possono individuarsi nel caso di incidente occorso durante l’utilizzo di tale mezzo.
Facciamo riferimento a casi come quello successo nel 2005 a Roland Mraceck, soggetto sottoposto a intervento di rimozione della prostata attraverso il macchinario “Da Vinci”, in seguito alla diagnosi di un tumore. Lo strumento si blocca durante l’intervento, facendo apparire un messaggio di errore sul display, il chirurgo non riesce più a farlo ripartire, vedendosi costretto a finire l’intervento in laparoscopia. Ad una settimana dall’operazione il paziente rileva ematuria, disfunzioni erettili e forti dolori e decide di fare causa all’ospedale e alla casa produttrice del “Da Vinci”.
Ora, il caso è noto soprattutto per i profili di responsabilità civile, ma astraendo dalla fattispecie concreta, che si è risolta per i parametri della legislazione americana con il rigetto della domanda (Mraceck non ha fornito, infatti, la prova su esclusione dell’esistenza di cause secondarie di malfunzionamento e che lo stesso abbia causato il danno) lo stesso offre spunti di riflessione in tema di responsabilità medica.
Rispetto ad un’eventuale responsabilità penale del medico, non sembrano doversi applicare o ricercare principi diversi da quelli della normale chirurgia, rimanendo valide le regole in tema di colpa e di nesso di causalità.
La differenza più evidente si verifica nel caso di incidente occorso a seguito di malfunzionamento della macchina dovuto, non a usura e mancata manutenzione, nel cui caso sarebbero responsabili i soggetti tenuti alla manutenzione della stessa, ma ad un bug del sistema. Nel caso, infatti, di lesioni o di morte del paziente incorsi a seguito di errore di programmazione del robot chirurgico è chiaro che il soggetto imputabile debba essere il produttore della macchina, o ancora più specificamente, nel caso in cui si riesca ad individuarlo con certezza, il soggetto che ha elaborato il programma di quello specifico strumento. Ci si chiede, poi, se anche in questi casi, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità, si debbano usare gli schemi proposti dalla Sentenza Franzese, per cui solo attraverso un giudizio controfattuale condotto sulla base di una legge scientifica, esclusa l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta del programmatore sia stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica.
Se questo può essere semplice da accertare nel caso di effettivo errore di programmazione, lo stesso risulta molto difficile quando potrebbe ipotizzarsi un concorso tra la condotta del medico e quella del produttore del macchinario o nel caso di esclusiva condotta responsabile del medico.
In quest’ultimo caso, l’aspetto problematico è costituito dalla preparazione necessaria che il chirurgo deve possedere per poter effettuare interventi attraverso robot chirurgici. Non tutti i medici infatti possono operare mediante tali macchinari all’avanguardia, dovendo acquisire la preparazione adeguata a riguardo. L’unico inconveniente è che, come accadde con l’avvento della laparoscopia, non esistono corsi universitari sulla robotica medica, con la conseguenza che la formazione del personale avviene incredibilmente sul campo attraverso operazioni reali, salvo i casi dei Policlinici Universitari. A riguardo si auspica l’inserimento di corsi professionalizzanti all’interno di tutte le università e si propone un controllo da parte delle Aziende Sanitarie sull’acquisizione di un alto numero di robot chirurgici, onde evitare la realizzazione di casi ascrivibili ad una responsabilità medica per imperizia.
Molto difficile, infine, l’accertamento di un’eventuale condotta colposa o del nesso di causalità nel caso in cui il medico esegua l’operazione mediante il robot chirurgico. Fondamentale a questo riguardo sarà l’individuazione di linee guida in materia di chirurgia robotica anche e soprattutto alla luce dell’art. 3 della L. 189/2012, con la conseguenza che altrettanto centrale saranno i ruoli del perito, del consulente tecnico, ma specialmente del giudice, in quanto solo dal caso concreto sarà possibile accertare quale movimento eseguito dal robot su input del chirurgo non fosse corretto o se lo stesso aveva abbastanza esperienza in materia.
Nei casi di chirurgia robotica, quindi, le problematiche giuridiche individuabili non sono del tutto diverse da quelle che ritroviamo generalmente in tema di responsabilità medica, sebbene non bisogna sottovalutare il fatto che in questi casi la condotta del chirurgo è inevitabilmente filtrata dalle dinamiche di un macchinario computerizzato, con tutti i problemi che da esso possono derivarne (bug, blocchi, usura, manutenzione), i quali, se ben individuati, potrebbero portare alla realizzazione di profili di responsabilità civile o penale non solo del medico, ma anche dei realizzatori del macchinario.