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Digital Crime. La tutela giuridica delle foto nei social

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La nostra è sicuramente una generazione tecnologica. Basti pensare al fatto che la maggior parte delle relazioni che un tempo si tessevano al bar o in piazza, oggi si mantengono vive o nascono grazie ai social network. Solo nel 2014 le persone che hanno utilizzato Facebook su base giornaliera hanno raggiunto il numero di 892 milioni. Queste piattaforme, poi, fanno anche di più. Con esse, infatti, riusciamo a tenere aggiornati, tutti i nostri followers o amici di ciò che ci succede durante la giornata e tutto tramite selfie, parole, foto di eventi, chat istantanee o messaggi privati. La parola chiave di questi meccanismi è sempre una sola: condivisione – sharing.

La rubrica #DigitalCrime, a cura di Paolo Galdieri, Avvocato e Docente di Informatica giuridica, alla LUISS di Roma, si occupa del cybercrime dal punto di vista normativo e legale.

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Quante volte ci è capitato di immortalare una bella serata in discoteca con gli amici e di “postarla” subito su Facebook? E quante altre volte abbiamo visto la pagina di un nostro amico, ammirato le sue foto e salvate? Queste azioni che ormai sono diventate un’abitudine per il popolo del web e che hanno visto un incremento spaventoso con la nascita dei cd. selfie (autoscatto), devono fare i conti con il diritto, più specificamente con le norme in tema di diritto d’autore e il codice in materia di protezione dei dati personali.

Proprio la tutela delle foto pubblicate su Facebook è il tema di cui si è occupato qualche giorno fa la IX Sezione del Tribunale Civile di Roma, il quale ha praticamente riconosciuto il diritto d’autore anche per le foto pubblicate sul social network in questione, nonché il risarcimento del danno patrimoniale e morale connesso al pregiudizio derivante dal mancato riconoscimento della paternità delle fotografie.

Il caso è semplice. Un fotografo pubblica nella sua pagina di Facebook alcune immagini scattate durante una serata in una discoteca romana, foto che poi vengono pubblicate in un quotidiano nazionale senza, ovviamente, il consenso dell’autore.

La sentenza appena richiamata è la prima a riconoscere per il caso descritto una tutela così ampia, facendo luce su alcune problematiche sollevate dalla fattispecie in esame.

Una prima difficoltà è quella inerente al fatto che alcuni, come il soggetto nel caso in esame, scelgono di selezionare per le proprie informazioni e post su Facebook l’impostazione “pubblica”, la quale permette a tutti gli internauti di vedere senza restrizioni i contenuti del profilo del soggetto. Il pensiero che potrebbe sfiorare la mente è quello per cui la scelta di tale impostazione consenta ad un soggetto di sfruttare liberamente i contenuti presenti sul profilo, anche quelli coperti da diritti di proprietà intellettuale. Per fare un esempio pratico, Y vede che X ha pubblicato sul suo profilo pubblico una foto; Y decide di salvare la foto e di usarla come propria, tanto X ha un profilo accessibile a tutti.

È proprio questo che il Tribunale di Roma esclude categoricamente, chiarendo, infatti, come la libertà di utilizzo dei contenuti pubblicati dagli utenti con l’impostazione sopra descritta “non riguarda i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale”.

Questa conclusione, poi, sembra essere confortata anche dalle condizioni generali del social network Facebook, che al punto 2 delle condizioni d’uso statuisce che “l’utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate su Facebook e può controllare in che modo vengono condivisi mediante le impostazioni sulla privacy e le impostazioni delle applicazioni”.

La pronuncia esaminata merita qualche approfondimento di carattere normativo.

Primariamente, si ricorda come anche le fotografie sono coperte dalla legge sul diritto d’autore, L. 633/1941 (aggiornata con la L. 248/2000 per i casi di pirateria e contraffazione online). Questa, infatti, dedica un intero capo alle opere fotografiche, disponendo all’art. 88 che “spetta al  fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia […]”. Occorre però una precisazione. L’art. 90 invero prescrive che ogni esemplare fotografico deve contenere: “il nome del fotografo[…]; 2) la data dell’anno di produzione della fotografia; 3) il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata”, altrimenti “la riproduzione delle foto non si considera abusiva”, e, quindi, niente risarcimento danni.

Non deve, poi, dimenticarsi che il nostro ordinamento riconosce espressamente all’art. 10 del codice civile e agli artt. 96-97 della L. 633/1941 – la tutela del diritto all’immagine, prescrivendo che: “qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni” (art. 10 c.c.); “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente” (art. 96 L. 633/41).

Inoltre, c’è un ulteriore scenario che entra in gioco in merito all’uso di foto non proprie. L’immagine di un soggetto, infatti, sicuramente rientra nel concetto di dato personale previsto dall’art. 4 della Legge 196/2003 (”qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione […]”), con la conseguenza che per essa deve applicarsi l’art. 13 del codice sulla privacy in merito al trattamento dei dati personali. Continuando, deve precisarsi come una violazione grave inerente al trattamento degli stessi potrebbe far incorrere il responsabile nel reato di cui all’art. 167 del D.Lgs. 196/2003 (trattamento illecito dei dati), in merito al quale, sempre in tema di foto, si ricorda quella pronuncia della Cassazione penale del 2004 n. 26680 che ha condannato un uomo per aver pubblicato su Internet scene di uno spogliarello della ex fidanzata, senza ovviamente il suo consenso.

Per ultimo, non deve dimenticarsi che la pubblicazione di foto altrui sui maggiori social network potrebbe integrare anche il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.). Questo orientamento è confermato anche dalla recente Cassazione, Sez. IV, n. 25774, che statuisce che: “Integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.), la condotta di colui che crei ed utilizzi un ‘profilo’ su social network, utilizzando abusivamente l’effige di una persona del tutto inconsapevole, al fine di comunicare con altri iscritti e di condividere materiale in rete”.

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