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Digital Crime. La giurisprudenza in materia di pedofilia telematica, più certezze che dubbi

Attualmente vi sono diverse norme penali che puniscono l’abuso e lo sfruttamento sessuale del minore in rete.

Con la legge 3 agosto 1998 n. 269 “ Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di  minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, è stato introdotto un cospicuo numero di disposizioni all’interno del codice penale, tra cui quelle riferite alla distribuzione (art.600- ter , III comma, c.p.), alla cessione (art.600- ter, IV comma, c.p.) e alla detenzione di materiale pedopornografico (art.600- quater,c.p.).

Attraverso la legge 6 febbraio 2006 n.38 “ Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la  pedopornografia anche a mezzo Internet”,  oltre ad essere previsto che il reato di distribuzione si realizzi non solo  con la divulgazione, ma anche attraverso la diffusione, si sanziona , insieme alla cessione,  la semplice offerta di materiale. Viene modificato, inoltre,  anche l’art. 600-quater,  prevedendo la punizione di colui che consapevolmente si procura o detiene materiale pedopornografico. Si prevede, altresì,  l’aumento di pena,  in misura non eccedente i due terzi, ove il materiale sia divulgato, ceduto o detenuto in ingente quantità. Con l’introduzione dell’art.600 – quater.1. c.p. acquista rilevanza penale anche la pornografia virtuale, intendendosi per tale le “immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali”.

Infine,  con la legge 1 ottobre 2012 n.172 “ Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno”  si  punisce l’ istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (art. 414-bis c.p.) e l’adescamento del minorenne posto in essere anche mediante la rete (art. 609-undecies c.p), nonché si prevedono pene più alte se l’associazione a delinquere riguarda la pedofilia telematica (ultimo comma art. 416 c.p.). Viene anche introdotta la definizione di pedopornografia, intendendosi per tale “ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali” (ultimo comma, art. 600- ter c.p.).

L’evoluzione normativa è stata seguita dalla giurisprudenza, che ha fissato alcuni punti fermi.

Rispetto al reato di distribuzione, secondo consolidato orientamento, non vi sarebbero sostanziali differenze fra le condotte di divulgazione e diffusione ( Cass. Sez. III, sent. n. 27171/2009), si tratterebbe di delitto istantaneo, che si consuma nel momento dell’invio del materiale (Cass. Sez. III,sent. n. 42509/2010), si distinguerebbe dal delitto di cessione per l’indeterminatezza del numero dei destinatari (Cass. , Sez.III, sent. n. 17178/2010). Quanto all’elemento psicologico è  stato precisato come lo scaricamento di ingenti quantitativi di materiale pedopornografico e l’uso di programmi specifici per il download non possa porsi alla base di una condanna per diffusione di detto materiale, specie sotto l’aspetto del dolo (Cass. , Sez.III, sent. n.47820/2013).

In relazione al delitto di detenzione  si è statuito che la stessa debba essere consapevole,  per cui va esclusa quando le immagini sono contenute in un file zippato o  rinvenute nella cartella dei file temporanei e non vi è prova che  siano state viste (Gup del Tribunale di Perugia, sent. n.313/03; Tribunale di Brescia, sent. n.1619/2004).  Il materiale pedopornografico individuato quale oggetto materiale delle condotte di cui all’art.600- quater c.p. deve comunque consistere, quando si tratti di materiale informatico scaricato da internet,  in files completi , incorrotti, e visionabili o comunque potenzialmente fruibile per mezzo degli ordinari strumenti e competenze informatiche, dei quali sia provata la disponibilità in capo all’utente(Cass. , Sez. III, sent. n. 10491/2014) Inoltre, si tende ad escludere la sussistenza del delitto qualora il soggetto abbia visto i contenuti pedoporno all’interno di un sito senza, tuttavia,  scaricarli (Cass. , Sez. III, sent. n.39282/2005; in senso contrario Cass., Sez.III, sent. n.639/2011).

In relazione alla pedopornografia virtuale se in un primo momento era stata esclusa la rilevanza penale dei fumetti pedoporno (Tribunale di Milano, Sezione IX, sentenza 11 novembre 2010), di recente, con una sentenza per più versi discutibile, è stata invece riconosciuta (Cass., Sez. III, sent. n. 22265/17).

A fronte di diverse certezze rimangono, tuttavia, alcuni dubbi in ordine ai parametri da seguire per individuare l’ingente quantità, considerata spesso in modo differente dalle Procure, così come ci si interroga sulla necessità di punire, oltre alla cessione, anche la mera offerta di materiale. Al di là di quello che sembrerebbe un arretramento eccessivo della soglia di punibilità, resta il fatto che, per come concepita,  la norma potrebbe portare all’imputazione di soggetti che offrono materiale senza averlo, salvo la possibilità di ritenerlo reato impossibile e come tale non punibile sulla base di quanto previsto dall’art. 49 c.p. .

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