In questi ultimi anni si registra un fenomeno in crescita di reati commessi attraverso le tecnologie durante la crisi coniugale o nel corso della separazione.
Una prima tipologia di tali delitti è quella in cui la condotta è animata da risentimento verso l’ex partner per la fine del rapporto, che può portare a forme di denigrazione attraverso la rete o mediante post nei social, integrando il reato di diffamazione, o a veri e propri atti di persecuzione.
In tal ultimo caso, laddove ne ricorrano i requisiti, può essere integrato il reato di atti persecutori, cyberstalking, quando l’uso della rete si concretizzi in reiterate minacce o molestie tali da generare nella vittima un profondo stato di ansia e paura o un timore per la propria incolumità o per quella di una persona a lui legata o costringere l’ex partner a modificare il suo stile di vita.
Frequenti sono i casi in cui ci si inserisce nel profilo social dell’ex , creando un falso profilo ed accedendovi abusivamente, al fine di isolare o denigrare la vittima rispetto alla cerchia delle sue amicizie.
Altra tipologia, ancor più rilevante, è quella dei reati commessi al fine di acquisire informazioni da produrre nel giudizio di separazione per provare eventuale infedeltà, stile di vita contrario ai doveri familiari, inidoneità al ruolo di genitore ovvero situazione reddituale.
La produzione in giudizio di informazioni relative all’ex, sovente, non comporta l’integrazione dell’illecito trattamento del dato previsto dall’art.167 del Codice della Privacy in quanto è consentito utilizzare i dati dell’altro senza acquisizione del preventivo consenso quando ciò sia necessario per la propria difesa in giudizio, sempre che tale produzione sia proporzionata al diritto che si intende tutelare e pertinente ai fatti di causa.
Parimenti la giurisprudenza ha chiarito come non costituisca reato la registrazione della telefonata intercorsa con l’ex, che può quindi essere prodotta in giudizio, in quanto il delitto di intercettazione presuppone che il soggetto agente sia soggetto diverso dai protagonisti della conversazione. Reato che sussiste, invece, nell’ipotesi in cui venga registrata la conversazione tra altri soggetti, esempio moglie e figlio.
Risponde, invece, del reato di violazione di corrispondenza informatica colui che, al fine di apprendere informazioni sull’ex, entri nella sua casella mail.
Parimenti integra il reato di accesso abusivo la condotta del soggetto che penetri senza autorizzazione nella chat dell’ex, così come sussisterebbe il delitto di sostituzione di persona nell’ipotesi di creazione di un falso profilo sul social al fine di apprendere informazioni riguardanti l’altro.
A prescindere dalla rilevanza penale delle condotte descritte, e della producibilità in giudizio delle informazioni apprese con tali modalità, lo scenario attuale consente di svolgere alcune considerazioni.
La prima è che i reati susseguenti alla fine del rapporto, purtroppo sempre esistiti, sono sempre più tecnologici, atteso che attraverso la rete è possibile colpire in modo profondo la vittima, così come raccogliere con facilità qualsiasi tipo di informazione.
La seconda è che la facilità con la quale si può aggredire e spiare l’altro nel web proietta sempre di più la crisi coniugale nella sfera penale, producendo più sconfitti che vincitori, ed a pagarne le conseguenze sono quasi sempre i figli.